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I razionalismi e schematismi che rendono la società “fasulla”

Vatican Insider - pubblicato il 15/02/17

“Perciò vi dico: tutto quanto pregando chiedete, credete che lo ricevete, e sarà a voi” (Mc 11, 24). Qualcuno potrebbe osservare che gli sembra invece di non essere stato ascoltato. Ma Gesù dicendo “e sarà a voi” forse lascia intendere anche che lui non ci mette in mano cose, che non possono così darci vita, ma appunto nel cuore doni come semi di grazia. Fuori dell’amore niente può dare veramente gioia, pace. Così in questo brano impariamo che lui ascolta le nostre preghiere e si mette subito all’opera per condurci verso il loro reale, non formale, profondo esaudimento. Quel passetto minimo di concreta apertura che vivo dopo quella tal preghiera è anche un seme del dono richiesto. 

Su questa scia osserviamo che forse la Madonna di Guadalupe, abbigliata secondo le usanze del luogo, meticcia, può risultare ella stessa un’immagine a suo modo eucaristica. Possiamo chiederci forse se per Gesù è importante il lasciare per esempio come materia della consacrazione il pane e il vino e cosa significa per lui fare la sempre più profonda, concreta, anche sotto certi aspetti specifica, comunione. Nell’eucaristia di certo abbiamo la caparra, il seme, di ogni bene in Cristo. Forse la Madonna di Guadalupe ci dice che è Cristo che fa, sa fare, la comunione e non viceversa. Comunione anche concreta, di popoli concreti. Forse anche manifestamente tenendo ampio conto dei più poveri, dei più deboli. 

Anche la piccolezza, così cara a Cristo, può venire talora trasmessa come un’opera da energumeni. “Bisogna abbandonarsi fino in fondo in Dio”. Invece quello è un frutto dell’opera di Dio. “Gli dissero allora: “Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?”. Gesù rispose: “Questa è l’opera di Dio (più e prima che dell’uomo, ndr): credere in colui che egli ha mandato” (Gv 6, 28-29). Gli apostoli ci appaiono con doni e magagne, come ogni persona. È Cristo che li chiama, li fa crescere. Loro cercano di accoglierlo. Il sentirci meritevoli per un nostro fare qui non sembra invece un ostacolo? Domando tra l’altro: come mai Gesù non moltiplica pane e vino o carne ma pane e pesci? Pure poi parla del mangiare la sua carne e del bere il suo sangue (cfr Gv 6). Oggi poi non celebriamo come fece Gesù nell’ultima cena. 

La società del vivere, del fare, schematico, per reazione diventa la società liquida, senza adeguata consistenza. La società dello schema rigido diviene la società dell’immagine fasulla. La Parola, l’eucaristia, sono il contrario dello schema. Il razionalismo progressista può forse somigliare per certi aspetti, e dunque senza immediati riferimenti al tradimento dell’apostolo, allo scandalo di Giuda per il preziossimo nardo con il quale Maria, la sorella di Marta e di Lazzaro, unse Gesù. Il razionalismo, di qualsiasi parte, in un modo o nell’altro schematizza, appiattisce, toglie la bellezza, il divino e l’umano, le sfumature… Marta ora serve con gioia, senza sentirsi umiliata, abbandonata, dalla sorella, che ora compie un gesto profondissimo, ancora più apparentemente inutile rispetto alla volta precedente (cfr Lc 10, 38-42). Semplicemente, hanno vocazioni diverse. Lazzaro è risorto dai morti e accomunato a Cristo nella minaccia estrema dei sacerdoti-capi (cfr Gv 12, 1-11). Chi è più importante dei tre? Non sono vite meravigliose, in più profonda comunione? Giuda invece coi suoi ragionamenti variamente ripiegati su di sé sembra perdersi tanto bene. 

Razionalismi, legalismi, significativamente sembrano talora in vario modo finire per convergere nel consumismo. Sembra che qualche donna possa avere un’idea forse vaga di quando diviene più difficile avere figli. Per cui può soffrire di scelte fatte o anche variamente subite che l’hanno condotta in un’età in cui si accorge con sorpresa di non riuscire a portare a termine la gravidanza. Pare che intorno ai 41 anni un certo numero di donne incontri difficoltà in tal senso. È così? È vero che talora vi è in ciò scarsa informazione? In questa eventualità, come mai?  

Altro punto forse controverso. Gli uomini possono tendere a ritenere che le donne vivano la sessualità in modo uguale e speculare al proprio. Ma pare che le donne possano vivere la sessualità in modo profondamente diverso sotto molti aspetti. Per esempio forse non poche donne, specie forse se hanno avuto figli, possono dopo una certa età in varia misura acquietarsi sul piano della sessualità. Certi mariti possono sentirsi non amati mentre molte donne continuano invece a volere bene profondamente al proprio coniuge. Solo sono cambiate. Certi preti possono forse forzare alcune donne sui doveri coniugali, poco anch’essi comprendendole. Se vi è qualcosa di non raramente reale in tal senso è allora anche vero che magari se ne parla talora poco? E in tal caso, come mai? Senza generalizzare, molte donne sembra si proiettino anche strutturalmente verso la famiglia, i figli. Possono apparire come un perno quasi naturale della società. 

Talora incontriamo spiritualità doloriste, secondo le quali più sei cristiano più Dio ti mette alla prova. Mentre Gesù stesso parla della gioia della sequela (cfr Mc 10, 28-31). Talora, forse più raramente, si possono incontrare anche spiritualità “gioiste”, che comprendono poco il dolore, l’oscurità, in un cristiano che sia profondamente in cammino. Allora è lui che deve essere manchevole in qualcosa. Gesù nei vangeli sperimenta angoscia, dolore, oscurità. Certo, nel profondo era in pace e nella luce ma certe semplificazioni possono rivelarsi ancora una volta, per esempio, razionalismi, schematismi. Gesù con le sue prove ha voluto anche liberarci dagli schemi, dalla società dell’immagine. È allora bello osservare che nei vangeli la prima e unica persona, mi pare, che sentiamo, in diretta vorrei dire, chiamare Gesù col suo nome è il buon ladrone (cfr Lc 23, 39-43). L’umanità autentica ha poco a vedere con tanti schematismi. 

Per questo le persone possono più facilmente trovare, sperimentare, un Dio e l’umano sempre nuovo nella vita, nella pastorale, concrete. Facilmente i primi profeti del nuovo venire di Cristo sono, in un modo o nell’altro, le persone nella vita concreta. In un’epoca di passaggio dai concetti astratti alla consapevolezza del cuore certe cose in particolare magari si possono scrivere per indurre a cercare riferimenti dal vivo. O anche, tra l’altro, perché comunque anche qualche studioso senta un linguaggio nuovo. Ma sempre vi è un rimando alla vita concreta. È Cristo, Dio e uomo, è la sua Parola, che si rivela sempre più in chi l’accoglie. Gesù costruisce dalla Galilea, con i discepoli, con la gente, per le vie e con i tempi misteriosi di Dio. E forse tanta semplicità, tanto nascondimento, fanno tanto bene in tanti modi. 

A proposito, ancora, di razionalismo, mi domando se per caso non si sia talora riflettuto così tanto nemmeno, per esempio, sulle apparizioni più conosciute e in vario modo in fondo riconosciute. Il razionalismo può faticare a cogliere il divino e l’umano… Il razionalismo può avere confuso in mille modi, talora, il discernere di qualche guida. Pensiamo a chi può aver ritenuto in fondo giusto che lo stato impartisse la sua educazione scolastica ai cittadini e che la Chiesa invece non si intromettesse in un campo non suo. Il punto però è che la democrazia la possono profondamente sviluppare proprio anche i cittadini, dal basso. Così sarebbe mi pare, ordinariamente, più giusto che ciascuno studente potesse venire formato a scuola, se lo desidera, alla luce della filosofia, della fede, in cui crede e, certo, in modo adeguato, pure nello scambio, anche vissuto, con gli studenti delle altre filosofie o religioni. Tale scambio si può convenire sia, ordinariamente, imprescindibile. Il problema scuola è vitale, drammatico. 

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