Una gravidanza ectopica quasi fatale ha avvicinato Eunice e JulianJulian e Eunice Tan, una coppia di Singapore sposata da 13 anni, hanno raccontato l’esperienza che li ha portati quasi alla morte e hanno riflettuto su come li abbia fatti apprezzare ancor di più l’esistenza l’uno dell’altra.
Eunice:
La nostra vita è stata messa sottosopra venerdì 13 maggio 2011.
La notte precedente avevo dormito a malapena per dei fortissimi dolori addominali, e pensavo di essermi presa una bella intossicazione alimentare. In seguito mi è stato detto che Julian e Joshua, il nostro primo figlio, mi hanno trovata sul pavimento tra il letto e il bagno.
I medici hanno scoperto che ero incinta e sospettavano una gravidanza ectopica, perché non sono riusciti a trovare niente nel mio grembo. Ho dovuto essere operata immediatamente perché avevo una forte emorragia interna.
Si è scoperto che soffrivo di un raro caso di gravidanza ectopica ovarica, in cui lo zigote era impiantato nel mio ovaio destro anziché nella tuba di Falloppio. Il chirurgo ci ha detto in seguito che è rimasto “scioccato vedendo l’ovaio destro schizzare sangue”.
Julian:
Sono rimasto scioccato perché Eunice perdeva conoscenza ogni volta che cercavo di sollevarla. Gli occhi le andavano all’indietro, aveva il viso bianco come un foglio e le labbra quasi nere.
All’ospedale il medico mi ha chiesto se ero pronto a non avere più figli. Per me tutto quello che contava era salvare la vita di Eunice.
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Durante l’intervento, ho pregato con fervore perché Gesù guidasse le mani dei chirurghi e salvasse Eunice.
Ho pensato anche al nostro matrimonio. Ero grato che avessimo partecipato a un Weekend di Incontro Matrimoniale. Dopo quel weekend avevamo trascorso del tempo di qualità insieme e comunicavamo in modo più profondo.
Sarei stato devastato se non si fosse ripresa proprio mentre stavamo riaccendendo la fiamma nel nostro rapporto. C’era stato detto che se fossimo arrivati un po’ più tardi in ospedale sarebbe sicuramente morta.
Eunice:
Quando mi sono svegliata dopo l’intervento di due ore è stato come se fossi risorta dai morti. Sapevo che mi veniva data una seconda opportunità.
L’anno precedente era stato duro per me e per Julian. Ci stavamo allontanando perché eravamo impegnati a costruire la nostra carriera e a prenderci cura dei nostri bambini, che all’epoca avevano 4 e 2 anni.
Dormivamo a malapena nello stesso letto e avevamo pochissimo tempo per noi.
L’esperienza di quasi morte è stata una chiamata a svegliarci, a cogliere l’attimo e a vivere i nostri voti matrimoniali con più convinzione.
Il nostro rapporto era sempre stato stabile, anche se piuttosto tiepido. Discutevamo poco, ma non condividevamo nemmeno i nostri pensieri e sentimenti più profondi.
Ho considerato quella “quasi morte” il modo di Dio per dirmi che dovevo cambiare o avrei rischiato di perdere tutte le persone che amavo.
Julian:
Dopo quello che è accaduto mi sono detto che dovevo curare Eunice più di quanto avessi mai fatto fino a quel momento. Attraverso quell’incidente ho sperimentato davvero l’amore di Dio. Ci ha sostenuto nei momenti più difficili e, cosa più importante, ha dato un nuovo impulso al nostro matrimonio.
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Abbiamo iniziato a condividere i nostri sentimenti in modo più aperto. Lo strumento del dialogo, che avevamo imparato all’Incontro Matrimoniale, è stato di grande aiuto.
In genere nascondevamo le cose sotto il tappeto ed evitavamo il confronto. Ora, invece, ci prendiamo del tempo per discutere delle cose senza essere interrotti. Di recente, ad esempio, siamo riusciti a risolvere alcuni disaccordi riguardo alla nostra famiglia estesa.
Ora troviamo del tempo l’uno per l’altra, ad esempio stabilendo degli appuntamenti serali. Siamo anche riusciti a fare un piccolo viaggio per il nostro decimo anniversario di matrimonio, nel novembre 2013. Ci siamo inoltre uniti al ministero dell’Incontro Matrimoniale per servire come coppia. Il nostro rapporto non è mai stato così forte.
Eunice:
La decisione di vivere in modo più appassionato e significativo ha aiutato in molti modi a migliorare il nostro matrimonio. Ho imparato a mettere Julian prima dei figli e a curare di più le mie interazioni con lui. Ad esempio, gli darò più spazio perché possa condividere ciò che pensa e prova senza interrompere. A volte quando piove vado a prenderlo a lavoro.
Anche quando abbiamo assunto maggiori responsabilità in campo professionale – Julian viaggia quasi ogni settimana mentre io lavoravo circa 16 ore al giorno – ci sentiamo realizzati e collegati l’uno all’altra. A volte conduciamo il nostro dialogo regolare attraverso l’e-mail e Skype.
Julian:
Anche se le possibilità di concepimento di Eunice erano ridotte dopo la rimozione di un ovaio, siamo stati benedetti con altri due splendidi maschietti.
Ora abbiamo una famiglia molto vivace, con Joshua, di 9 anni, Emily, 7, Gabriel, 4, e Dominic, che ne ha compiuto uno a dicembre.
È una sfida trovare del tempo per la coppia quando si ha una famiglia numerosa e una professione impegnativa. Spesso dopo una lunga giornata vorremmo solo andare a dormire, e a volte ricadiamo nelle vecchie abitudini e dimentichiamo di prendere la decisione di amare.
Fortunatamente, essere radicati nella comunità per l’Incontro Matrimoniale, composta da coppie che la pensano come noi, ci spinge sempre a pensare alle necessità reciproche.
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La strada da percorrere è lunga, ma sappiamo di avere al nostro fianco Dio e l’altro con cui camminare.
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Circa le gravidanze ectopiche:
Si dice spesso che l’aborto dev’essere legale per difendere la vita della madre in situazioni mediche gravi. Sono varie le condizioni cliniche che possono mettere a repentaglio la vita materna, ma bisognerebbe avere chiare alcune cose.
L’insegnamento morale cattolico tiene conto del principio del doppio effetto. In medicina accade spesso che un intervento provochi due effetti: uno può essere positivo, l’altro negativo. Gli interventi che possono avere un doppio effetto possono essere moralmente accettabili a certe condizioni.
Nel caso di una gravidanza ectopica, sono a rischio due vite, quella della madre e quella del bambino. I medici possono agire lecitamente per salvare la vita della madre rimuovendo il bambino, pur sapendo che questo provocherà la morte del piccolo.
Non è la stessa cosa dell’aborto, perché quest’ultimo, come definito da Giovanni Paolo II, è “l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita”.
Quando la morte di un bambino viene accettata come un effetto secondario previsto ma non voluto di un intervento medico necessario, non c’è “uccisione deliberata e intenzionale” di quel bambino.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]