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Francesco: il cattolico non deve aver paura del mare aperto

Vatican Insider - pubblicato il 09/02/17

«Il cattolico non deve aver paura del mare aperto, non deve cercare il riparo di porti sicuri». Papa Francesco ha ricevuto i «lavoratori» della Civiltà Cattolica, quindicinale dei gesuiti fondato nel 1850 e giunto al numero 4mila, dicendo loro: «Voi siete nella barca di Pietro», una barca che «può essere sballottata dalle onde» e dove gli stessi marinai possono «remare in senso contrario», ma «non c’è da meravigliarsi» ed «è sempre accaduto».

Con l’occasione dell’anniversario la rivista, diretta da padre Antonio Spadaro, lancia mensili in quattro lingue – spagnolo, inglese, francese e coreano – che guardano all’America latina e all’Asia. «Fate conoscere qual è il significato della “civiltà” cattolica – ha sottolineato Francesco ricordando Matteo Ricci, missionario gesuita in Cina a cavallo tra 1500 e 1600 – ma pure fate conoscere ai cattolici che Dio è al lavoro anche fuori dai confini della Chiesa, in ogni vera “civiltà”, col soffio del suo Spirito». Nell’ultimo fascicolo, il colloquio avuto a novembre con i superiori religiosi dell’Usg, nel quale, tra l’altro, Francesco mette in guardia da quei nuovi istituti religiosi «restaurazionisti» che «attirano tante vocazioni», difendono «buoni costumi», «e poi scoppia lo scandalo del fondatore o della fondatrice».

Il numero 4mila di Civiltà Cattolica, che esce sabato, presenta una copertina rossa e l’autografo del primo Papa gesuita della storia, che augura alla «rivista unica nel suo genere per il servizio alla Sede Apostolica», affinché «possa continuare ad essere una rivista ponte, di frontiera e di discernimento». L’udienza è stata introdotta dal superiore dei gesuiti, padre Arturo Sosa, che ha sottolineato come in questo frangente «la cattolicità della Chiesa ha assunto una nuova profondità». 

Nel discorso che ha rivolto in mattinata ai gesuiti del quindicinale «e ai collaboratori laici», il Papa ha ripreso questi tre concetti-chiave, che aveva già evocato nella prima udienza alla Civiltà Cattolica tre anni fa. «Vi ritrovo tutti insieme volentieri – ha detto – in occasione della pubblicazione del fascicolo numero 4mila. È un traguardo davvero unico: la rivista ha compiuto un viaggio nel tempo di 167 anni e prosegue con coraggio la sua navigazione in mare aperto. Ecco: restate in mare aperto! Il cattolico non deve aver paura del mare aperto, non deve cercare il riparo di porti sicuri. Soprattutto voi, come gesuiti, evitate di aggrapparvi a certezze e sicurezze. Il Signore ci chiama a uscire in missione, ad andare al largo e non ad andare in pensione a custodire certezze. Andando al largo si incontrano tempeste e ci può essere vento contrario. E tuttavia il santo viaggio si fa sempre in compagnia di Gesù che dice ai suoi: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”. La vostra navigazione non è solitaria. I miei predecessori, dal beato Pio IX a Benedetto XVI, incontrandovi in udienza, hanno riconosciuto più volte come la vostra navigazione sia nella barca di Pietro. Questo vincolo al Pontefice è da sempre un tratto essenziale della vostra rivista. Voi siete nella barca di Pietro. Essa, a volte nella storia – oggi come ieri – può essere sballottata dalle onde e non c’è da meravigliarsi di questo. Ma anche gli stessi marinai chiamati a remare nella barca di Pietro possono remare in senso contrario. È sempre accaduto». 

Il Papa – che ha ricordato che gli antichi predecessori degli scrittori «amavano chiamarsi semplicemente “lavoratori”, non “intellettuali”, ma “lavoratori”, mi piace molto questa definizione che è umile, modesta e molto efficace» – ha indicato alla rivista tre «patroni» gesuiti (san Pietro Favre, Matteo Ricci e il pittore Andre del Pozzo) ai quali ha associato tre qualità che ha raccomandato di coltivare. «Inquietudine», innanzitutto: «La vostra rivista prenda consapevolezza delle ferite di questo mondo, e individui terapie». La «incompletezza», ossia «un pensiero incompleto, cioè aperto e non chiuso e rigido», capace di comprendere dove sta andando il mondo e «come si affrontano le crisi più complesse e urgenti, la geopolitica, le sfide dell’economia e la grave crisi umanitaria legata al dramma delle migrazioni, che è il vero nodo politico globale dei nostri giorni» (Matteo Ricci compose un «grande mappamondo cinese», ed «ecco – ha detto Francesco – con i vostri articoli anche voi siete chiamati a comporre un “mappamondo”: mostrate le scoperte recenti, date un nome ai luoghi, fate conoscere qual è il significato della “civiltà” cattolica, ma pure fate conoscere ai cattolici che Dio è al lavoro anche fuori dai confini della Chiesa, in ogni vera “civiltà”, col soffio del suo Spirito»). Infine, la «immaginazione», poiché «il pensiero della Chiesa deve recuperare genialità e capire sempre meglio come l’uomo si comprende oggi per sviluppare e approfondire il proprio insegnamento» con «discernimento». 

Il Papa ha confermato la «missione specifica» della rivista spiegando che «è quella di essere una rivista cattolica. Ma essere rivista cattolica non significa semplicemente che difende le idee cattoliche, come se il cattolicesimo fosse una filosofia. Come scrisse il vostro fondatore, padre Carlo Maria Curci, La Civiltà Cattolica non deve “apparire come cosa da sagrestia”. Una rivista è davvero «cattolica» solo se possiede lo sguardo di Cristo sul mondo, e se lo trasmette e lo testimonia». 

Il fascicolo 4mila pubblica il lungo colloquio che il Papa ha avuto lo scorso 25 novembre con 140 Superiori Generali di Ordini e Congregazioni religiose maschili (Usg), riuniti alla fine della loro 88a Assemblea Generale, intitolato «Il Vangelo va preso senza calmanti», e mai pubblicato dalla sala stampa. Un botta-e-risposta che ha toccato i temi più disparati (dalla riforma vaticana al Sinodo sui giovani, dagli abusi sessuali sui minori agli scandali economici che scuotono la Chiesa, dalla «vera» Madonna, che non è «capo di un ufficio postale che ogni giorno manda una lettera diversa»). Tra i temi affrontati, di fronte al calo di vocazioni, la «preoccupazione» del Papa per quelle realtà ecclesiali «restaurazioniste», che «sembrano dare sicurezza e invece danno solo rigidità», attira «tante vocazioni», oppure «vogliono tornare all’ascesi, fanno penitenze, sembrano soldati pronti a tutto per la difesa della fede e di buoni costumi… e poi scoppia lo scandalo del fondatore o della fondatrice…». 

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