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Suor Bottani: “Nel mondo mai tanti schiavi come oggi”

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Vatican Insider - pubblicato il 03/02/17
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«La schiavitù è stata abolita due secoli fa, ma di fatto non abbiamo mai avuto tanti schiavi come oggi, e non sono mai costati così poco; la vita umana vale di meno». Con queste parole suor Gabriella Bottani ha descritto, in sintesi, il fenomeno ’tratta’ a livello mondiale nel corso del seminario «Sono bambini non schiavi!», tenutosi alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. La giornata di studio rientrava in un percorso di avvicinamento – ricco di iniziative – alla Giornata mondiale di preghiera contro la tratta istituita da Papa Francesco, che si terrà il prossimo 8 febbraio.  

Suor Gabriella è la coordinatrice della rete anti-tratta ’Talitha Kum’ promossa dalle congregazioni religiose femminili in tutto il mondo. Lavori pesanti come quelli nelle miniere o nei cantieri, il cyber sex (lo sfruttamento sessuale), la pesca nei Paesi più poveri, sono fra le attività in cui vengono utilizzati i minori, bambini anche molto piccoli; «genitori che non hanno nulla – ha spiegato suor Bottani – sono spesso tentati di vendere i propri figli». 

L’attività delle rete delle religiose ha suscitato un po’ alla volta, anche nella Chiesa, un’attenzione nuova rispetto al problema, gli episcopati prima più indifferenti o freddi ora stanno cominciando a muoversi, a partire proprio dall’Africa. «Diciamo – spiega la coordinatrice di Talitha Kum – che siamo in una fase di maggior consapevolezza e maggior impegno. Per esempio in Sud Africa, sia i vescovi che i religiosi, hanno programmi specifici e un ufficio che lavora contro la tratta. Su un piano più generale c’è stato un impegno crescente grazie al lavoro integrato condotto dai dicasteri vaticani, da Caritas internationalis e Talitha Kum per cercare di sensibilizzare le chiese. Quest’anno la Giornata mondiale di preghiera, che per noi è uno spazio di sensibilizzazione, sta diventando ancora più importante, quindi c’è sempre di più anche una disponibilità da parte dei vescovi. Lo scorso settembre si è svolto un convegno in Nigeria in cui tutte le conferenze dei vescovi sono state chiamate a partecipare, quindi siamo in un processo di maggior coinvolgimento». 

Anche il Vaticano si muove nella stessa direzione, come ci ha spiegato il cardinale Peter Turkson, prefetto del neonato dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, che ha preso parte all’incontro. «È un problema che abbiamo sempre seguito – ha detto – ma ora abbiamo dedicato un ufficio del dicastero in modo specifico al tema della tratta. Oltre a questo, però, credo che la cosa più importante sia vedere come si stanno impegnando i vescovi locali. Ci sono tre tappe che bisogna tenere presenti: l’uscita delle persone oggetto della tratta dal loro Paese, il viaggio che fanno e l’arrivo; e in tutti e tre questi momenti la Chiesa può essere presente per aiutare bambini». «In primo luogo – ha affermato ancora Turkson – cercando di fermare il traffico, non facendoli partire dal loro Paese; la prima cosa da fare in tal senso, è quella di aiutare i genitori ad avere un lavoro per evitare che si liberino del carico dei figli, il problema dunque è legato alla povertà». «Noi – ha aggiunto -dobbiamo cambiare il paradigma dello sviluppo, dobbiamo costruirne uno nuovo per poter affrontare questi problemi». 

«So che in Nigeria, in Guinea, e in Ghana – ha proseguito poi il porporato ghanese – gli episcopati sono impegnati nel contrasto alla tratta, e lo fanno in alcuni casi in collegamento con la polizia, perché il lavoro delle forze dell’ordine è molto importante. I vescovi possono fare alcune cose, ma c’è un limite a ciò che si può fare con la parola, a volte è necessario che scendano in campo le forze dell’ordine. Questo è un discorso che vale anche nei Paesi d’arrivo, abbiamo già avuto degli incontri con la polizia di Londra e i vescovi, perché è necessario con le forze dell’ordine». 

Un nodo, quest’ultimo, affrontato pure dalle religiose: «In diversi Paesi africani – ha osservato in proposito suor Gabriella Bottani – le nostre reti di Talitha Kum già collaborano con le forze dell’ordine e le istituzioni, questo avviene in Nigeria, in Burkina Faso; si stanno poi creando degli spazi in Mozambico per lavorare sulla tratta, che in questo caso riguarda i bambini albini utilizzati per il traffico d’organi. Le religiose impegnate in questo settore hanno iniziato anche un’attività per formare i quadri della polizia. In Sud Africa o in Zambia, questa collaborazione esiste; certo, quello che abbiamo in forma embrionale dobbiamo ora farlo crescere e promuoverlo su una scala più ampia». 

Naturalmente l’attenzione rivolta al problema tratta, della schiavitù, da Papa Francesco che ne ha parlato spesso pubblicamente e in vari documenti, ha aiutato il lavoro delle religiose. «L’impegno di Papa Francesco è un appello costante – secondo suor Bottani – affinché tutti i vescovi si muovano; inoltre c’è un crescente lavoro dei religiosi africani che vogliono impegnarsi in Africa e per l’Africa, per una reale trasformazione, e iniziare un cammino sia di riflessione ma anche di contrasto soprattutto preventivo». Sul piano pratico, operativo, del resto ci sono delle priorità: «È necessario prendersi cura delle realtà profondamente ferite, perché la tratta che noi conosciamo in Europa è solo una piccola parte del fenomeno, la maggioranza è interna alla stessa Africa». «Quindi – chiarisce ancora la religiosa – bisogna capire come offrire dei percorsi di reinserimento e sviluppo per queste persone».  

Sotto questo profilo educazione e sopravvivenza economica sono due facce della stessa medaglia. «E poi c’è la trasformazione della mentalità. Bisogna agire a medio e lungo termine per incidere davvero, perché se una persona continua a pensare, per esempio, che l’unica possibilità di vita esiste fuori dal proprio Paese e all’interno non ce n’è alcuna, non agirà mai per trasformare la realtà nella quale vive». 

C’è però anche un problema legato alla domanda dei Paesi ricchi, per esempio nell’ambito dello sfruttamento sessuale. «La domanda nei Paesi ricchi – ci dice suor Bottani – è un problema serissimo. I progetti educativi non servono solo a prevenire ma anche porre la questione dell’educazione alla sessualità». «In un recente incontro, in relazione all’area compresa fra Marocco e Spagna, è stato osservato come sempre di più i clienti siano degli adolescenti. Dobbiamo allora metterci veramente a educare non solo in relazione a chi è ’trafficato’, ma anche a chi promuove la domanda. Tutto questo fa parte anche di una crisi delle relazioni, il nostro mondo individualizzato ci ha portato a rompere queste relazioni, ma noi abbiamo bisogno di relazioni e di affetti». Il potere, il denaro, sono diventati gli strumenti indispensabili anche nelle relazioni umane, «perché alla fine io compro la relazione attraverso una transazione che faccio come cliente andando da una ragazza o da una bambina. Per cui io compro e non mi impegno, e poi torno a casa. Quindi bisogna vedere come possiamo aiutarci a ricostruire delle relazioni che ci promettano di crescere nelle bellezza che l’altro o l’altra può essere nella mia vita». 

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