Come capire il significato della vera mascolinità, e come accoglierla nella propria vita di uomodi Samuel Baker
In questo articolo propongo una breve analisi della questione – complessa e spesso sottovalutata – su cosa voglia dire “essere uomini”. È una riflessione aperta al dibattito, per cui ti chiedo di condividere le tue opinioni (e le tue esperienze) nei commenti in fondo. Siamo consapevoli delle nostre rispettive lotte – e della nostra eventuale difficoltà nel parlarne – e facciamo del nostro meglio per incoraggiarci a vicenda.
Paternità
Il percorso verso una virilità autentica – e il suo scopo supremo – è la paternità; la paternità forma l’uomo, e la virilità è necessaria per adempiere agli obblighi paterni. Tutti i ragazzi hanno un desiderio intrinseco di diventare uomini, e tutti i ragazzi sono intrinsecamente in grado di diventare padri. Lo spirito non può essere separato dal corpo, perché la persona è costituita da entrambi gli aspetti; allo stesso modo, il desiderio di virilità non dovrebbe essere separato dalla capacità di desiderare bambini.
Nel leggere queste parole potresti non sentirti ancora pronto alla paternità. Ma laici o religiosi, sposati o single, con o senza prole biologica, la vocazione suprema dell’uomo è riflettere il carattere generativo e generoso della paternità di Dio. È per questo che siamo stati creati come uomini. Se stai provando ad affermare la tua virilità, indirizza le tue energie per imparare cosa significhi essere un padre. E poi dà il meglio di te, in qualsiasi forma la tua vocazione ti chiami, mostrando impegno e dedizione incondizionati per i bambini che ti sono stati affidati.
Sorpreso? Ti aspettavi qualcosa di diverso? La virilità dovrebbe consistere nel fare cose virili o nel coltivare un aspetto virile? No, ascolta i padri spiegare come l’arrivo del loro primo figlio sia stato il punto in cui hanno realmente cominciato a crescere e a scoprire chi fossero destinati ad essere!
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aNel suo cortometraggio “Canvas of my Life”, Jason Momoa, che la maggior parte di noi conosce come Khal Drogo di Game of Thrones, ne parla in questi termini: “Fin da quando ero un ragazzino, ho sempre voluto essere padre… [ Ora] lo sono. Ho trovato il mio posto, la mia casa”. Gli attributi virili acquistano uno scopo tutto nuovo quando ci si prende cura di un figlio, e nel tempo vanno affinati e sviluppati per soddisfare le crescenti esigenze di una famiglia. Perché, in quanto padri, siamo chiamati a manifestare i più elevati standard di virtù. Virtù, una parola il cui significato antico include Vertu (eccellenza morale, forza e vigore) e virtutem (alto carattere, bontà, coraggio e valore), derivanti dalla parola latina vir, che significa ‘uomo‘. C’è molto da imparare dagli otto minuti e mezzo del video di Momoa!
Dobbiamo perdonare i fallimenti dei nostri padri
Innegabilmente, ci sono molti uomini che fuggono da questa opportunità di crescita, con effetti devastanti sulle loro famiglie e sulla società. E, in una certa misura, la maggior parte di noi non sperimenta mai completamente i migliori esempi di paternità. Tuttavia, per il nostro percorso verso la virilità è indispensabile fare pace con nostro padre. Il perdono deve essere al centro del nostro rapporto con i padri. Per il nostro bene e per il loro, dobbiamo riconoscere la loro fragilità e le circostanze che li hanno forgiati, tanto quanto noi riconosciamo i loro punti di forza.
Questo processo è ciò che gli psicoanalisti definiscono ‘compiangere il padre ideale e perdonare il padre reale’, lasciando andare sia la persona che volevamo fosse nostro padre, sia il nostro risentimento verso i suoi difetti. Così facendo ci liberiamo delle conseguenze emotive di una paternità mediocre – catene che ci tengono legati a una fanciullezza insicura, costantemente alla ricerca dell’affermazione paterna – per entrare nel regno della mascolinità matura. Scrive lo psicoanalista Stephen Shapiro: “Ci siamo resi conto che accettare la sofferenza che viene dalla fine dell’illusione di una perfetta attenzione [paterna] è ciò che permette ad un uomo di colmare, con la sua stessa presenza, il vuoto lasciato dal padre assente”.
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Quindi, come si fa a compiangere il padre ideale e perdonare quello reale?
Se il padre è ancora presente, insisti nel voler parlare con lui, costruite un rapporto insieme e prova a comprenderlo. Parlate soprattutto della sua esperienza di padre e di figlio, e del suo specifico percorso verso l’essere un uomo. Mio padre era figlio di un alcolista che lo lasciava per ore e ore fuori dal pub, seduto senza far niente, mentre lui stava dentro a bere. Era ancora un ragazzo quando suo padre morì, ma tuttora parla con affetto, anche se con rammarico, dei pochi momenti belli condivisi insieme. E anche questo fa parte del “patrimonio di virilità” che ho ereditato da mio padre; l’empatia che ho con mio padre a causa della sua esperienza, mi porta più vicino a lui. Mi aiuta a capire i suoi difetti e mi rende determinato a diventare un uomo migliore.
Chi onora il padre espia i peccati… Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera. (Siracide 3:3-5)
Se tuo padre non c’è più, il compito è più difficile, soprattutto se era assente per tutta la vita o se c’era poca pace tra di voi. Eppure puoi fare molto per conoscere la sua storia: parla con chi lo ha conosciuto; visita le proprietà in cui ha vissuto; fa una ricerca sul suo albero genealogico. Scopri cos’è che l’ha reso la persona che era. “Parla” con lui – nella tua mente – del vostro tempo insieme; scrivigli una lettera su ciò che ti manca adesso che non c’è più (e anche ciò che invece non ti manca), raccontagli di come la sua influenza abbia plasmato il tuo senso di mascolinità.
La narrazione della paternità umana risale all’inizio della creazione, tramandata di padre in figlio. Anche se non abbiamo direttamente degli esempi positivi di padri, possiamo lasciarci ispirare dalla virilità di innumerevoli generazioni di padri prima di noi. E dobbiamo anche fare la nostra parte per le generazioni a venire. Dobbiamo resistere, in quanto padri forti e virtuosi, in espiazione delle nostre inadeguatezze e di quelle dei nostri padri, per essere sicuri di non passarle ai nostri figli.
Fratellanza
Non dovremmo raggiungere la virilità in totale solitudine. Le società tradizionali l’hanno capito, e il passaggio alla virilità è stato strutturato intorno a riti di passaggio che allontanano i ragazzi dalle donne e li portano nell’assemblea intergenerazionale degli uomini adulti. È lì che sì impara a fare la propria parte nel mantenere la sicurezza, la coesione e la prosperità della comunità.
Ma l’individualista di oggi – nelle sue varie forme: l’eroe, il lupo solitario, il tiranno, il libertino – prospera nella misura in cui si distingue e si separa dai suoi simili, attraverso il potere e la propria abilità. Spesso finisce con il maturare la convinzione sbagliata che lo scopo principale della virilità sia semplicemente attrarre un partner sessuale prima che la “prenda” un altro uomo (da cui i riferimenti “impertinenti” alla sua virilità). Ma anche se non ci vediamo in uno di questi estremi, ci paragoniamo comunque ad ogni uomo che incontriamo, vedendolo come una minaccia per la nostra identità: le donne lo considerano più attraente? I suoi abiti sono più costosi? La sua auto o la sua casa è più grande? Ha un lavoro migliore? In queste situazioni tendiamo a rispondere aggressivamente (sfoggiando degli atteggiamenti da macho per sostenere il nostro ego) o a metterci sulla difensiva (strisciando via con la sensazione di aver perso la nostra virilità). Non vi è più alcuna fiducia nel profondo rapporto fraterno che unisce tutti gli uomini.
Da uomini cattolici, in particolare, siamo chiamati all’unità sotto la guida di Cristo e nella causa comune della fede. Dovremmo trattare ogni uomo che incontriamo come un fratello, come un uomo con la nostra stessa vocazione alla virilità autentica, e dietro il cui volto è presente il volto di Cristo. Pertanto, datti da fare per cercare fratelli nella fede, uomini con i quali puoi trovarti non solo per delle attività superficiali, ma per portare avanti conversazioni sincere, con i quali condividi la causa comune di una natura grandiosa e nobile.
Il ferro si aguzza con il ferro e l’uomo aguzza l’ingegno del suo compagno (Proverbi 27:17).
E, scrive l’autore e psicologo G. C. Dilsaver, “in una tale compagnia scoprirai esempi straordinari di uomini di virtù, e comprenderai la pressione positiva dell’avere amici cattolici”.
Autodisciplina
Storicamente, e in ogni parte del mondo, i tradizionali rituali di passaggio dalla fanciullezza all’età adulta consistono spesso in strazianti prove, dove i ragazzi devono dimostrare la propria disciplina e capacità di resistenza, prima di vedersi conferito il marchio della virilità. In effetti, il ragazzo dentro di loro è stato violentemente messo a morte, in modo che l’uomo potesse sorgere e farsi carico della responsabilità che ha nei confronti della comunità.
Nell’epoca che viviamo oggi, in cui non ci sono persone più grandi a strapparci di dosso il grembiulino, siamo obbligati a compiere quel gesto violento verso noi stessi attraverso degli atti di ferma auto-disciplina. In ogni atto di auto-disciplina, l’essere uomini ha la meglio sulla fanciullezza; gettiamo i nostri comportamenti puerili per far spazio ad una padronanza attiva della volontà. Questa capacità di agire dietro decisione personale (piuttosto che per consuetudine), di essere responsabili delle proprie scelte (piuttosto che lasciarsi influenzare dalla volontà degli altri) porta alla padronanza di tutte le altre facoltà – mentali, emotive e fisiche – dandoci la capacità di soddisfare ampiamente i nostri doveri paterni.
Citiamo nuovamente G. C. Dilsaver:
La capacità di rispondere alla chiamata del dovere, di fare ciò che si reputa giusto – nonostante ciò che si provava un tempo, anzi spesso in contraddizione ad esso – è un tratto richiesto a tutti gli uomini che ricoprono il ruolo [paterno]. È l’autodisciplina che consente ad un uomo di rispondere alla chiamata del dovere. L’autodisciplina comporta l’assoggettamento delle proprie inclinazioni, desideri e sentimenti alla propria volontà. Così, l’autodisciplina sviluppa una volontà che è padrona delle facoltà mentali, emotive e fisiche e allo stesso tempo schiava del proprio dovere, ideale e fede.
O, se preferite, San Paolo:
Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l’ho abbandonato. [1 Corinzi 13:11]
Dove non c’è autodisciplina, non stiamo soltanto facendo a meno di un ideale, ma sostanzialmente trasferiamo il controllo di noi stessi a qualcun altro o qualcos’altro. In tal modo smettiamo di essere uomini liberi, completi e autentici, ma diventiamo schiavi di ciò che ci controlla.
Lo vediamo soprattutto nell’ambito del desiderio fisico maschile, in come gli uomini rinunciano alla padronanza di sé in ambito sessuale cedendo al fascino accattivante del sesso opposto. Quante volte, uscendo la sera, abbiamo visto un uomo mollare ogni cosa – il programma per la serata, la destinazione prevista, gli obblighi verso i suoi amici – per inseguire lo sguardo suggestivo ma fugace di una donna? Al pensiero di portarla a letto potrebbe considerarsi l’essenza della virilità, ma in realtà ha ceduto la proprietà della sua stessa natura a qualcun altro. Si è asservito all’illusione che rimorchiare una donna sia sufficiente per fare di lui un uomo!
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Tale capitolazione è il segno di una persona intrappolata nella prigione della fanciullezza. Ma vale lo stesso anche quando abbandoniamo il nostro io intellettuale ad ore ed ore sui social media; il nostro io emozionale alle ansie lavorative o alla rabbia che nutriamo contro eventi che non possiamo controllare; i nostri corpi a divano e videogiochi; la potenza e la fertilità alla pornografia. Quindi, seguiamo il consiglio dell’esploratore e spadaccino britannico Sir Richard Francis Burton: “Conquista te stesso; finché non lo fai, sei soltanto uno schiavo!”
Tuttavia – come dimostra qualsiasi onorevole arte marziale o film di boxe – la diligenza, il duro lavoro, la persistenza e il dolore (nonché il supporto di un mentore saggio e di un team incoraggiante) portano sempre alla resurrezione, dopo l’inerzia e la disperazione. Quindi, su questa nota, lascia che ti presenti la disciplina del programma Exodus 90, se non la conoscevi già:
Exodus 90 si basa su un impegnativo periodo di 90 giorni di purificazione. Un “morire a se stessi”, con il sostegno di una comunità maschile, per ottenere una maggiore libertà interiore e, alla fine, un amore più puro e altruista.
Exodus 90 è per l’uomo che ha difficoltà a trovare Dio e desidera un’unione radicale con il suo Padre celeste. Exodus 90 non è un programma di penitenza e di auto-umiliazione, né è solo per gli uomini che lottano per la castità. Si tratta di un programma per gli uomini che cercano, insieme, di battersi per una libertà più completa. È questa la pietra angolare dell’esercizio spirituale, e molto sarà perduto se dovesse essere dimenticato.
Se vi sembra scoraggiante, scoprite ciò che padre Branson Hipp ha da dire sull’importanza di creare una regola di vita e prendete in considerazione di impegnarvi ad una vita di autodisciplina.
Una vita interiore autentica
Chi sei, quando sogni ad occhi aperti? Cosa fai, quando sei da solo? Pensi a una versione grandiosa di te, mentre le tue azioni restano mediocri? O la tua mente è semplicemente vuota, perché smarrita nel vuoto delle console, dei film in streaming e dello sport in TV?
Il tempo dedicato a se stessi è importante; ma i momenti di quiete sono lì per raccogliere le forze, valutare le nostre azioni e considerare i nostri prossimi passi, non per intorpidire cuore, mente e corpo. Sfrutta questi momenti per maturare e avvicinarti alla tua virilità:
- Esci e vivi il mondo naturale. Riposa la mente e plasma il tuo corpo nonostante le sue pulsioni; lascia che la quiete e la bellezza del tuo essere ti ispirano profonda riflessione.
- Prendi degli utensili e conosci te stesso con un passatempo manuale; mantieni occupate mani le mani, mentre con la mente contempli i compiti della tua vocazione paterna.
- Dedicati a letture che ti permettono di approfondire l’autentica mascolinità; bastano un paio di pagine al giorno, prendendo appunti su ciò che ti colpisce di più.
- Impegnati a scrivere un diario in cui pianificare, sviluppare e monitorare l’evoluzione del tuo io interiore. “Nel diario non mi limito ad esprimermi più apertamente di quanto possa fare a voce; creo me stessa”, afferma l’autrice Susan Sontag. Tenere un diario conduce al proprio senso di individualità.
- Soprattutto, trascorri del tempo davanti al Santissimo Sacramento, aprendo il cuore a Cristo Re, attingendo alla Sua forza e cercando la Sua guida.
Riempi tutti questi momenti con la preghiera, quella continua conversazione col tuo vero Padre, Creatore di ogni bene. Perché, dice Scott Hahn, “se non riempiamo la nostra mente con la preghiera, sarà riempita di ansie, preoccupazioni, tentazioni, risentimenti e ricordi indesiderati”.
Con il tempo, scoprirai la convergenza tra l’io interiore e quello esteriore. Ti sentirai meno attratto dalla superficiale e insoddisfacente tendenza al “machismo”. Avrai più controllo delle tue passioni, e sarai più equilibrato e in pace con te stesso.
Conosci te stesso
Un pensiero finale, da prendere o lasciare a proprio piacimento. Nel corso degli anni, ho trovato nel test di personalità Myers-Briggs (e altri simili) una piattaforma incredibile per capire il motivo per cui faccio ciò che faccio e mi sento come mi sento. Analizzare i risultati dei test è stato estremamente utile nell’identificare i miei punti forti e quelli deboli, e per meditare su come utilizzare al meglio i miei doni. Sono stati anche uno strumento prezioso per parlare con mia moglie, con i miei genitori e con i miei fratelli su come interagire in modo efficace con gli altri e su come sostenersi a vicenda. Nell’ambito del mio cammino verso un’autentica virilità, mi hanno aiutato a contemplare profondamente e a sviluppare la mia identità; in altre parole, sono una grande risorsa per i momenti di quiete e di riflessione di cui abbiamo parlato prima.
Alcune persone (comprensibilmente) mettono questi test allo stesso livello dei segni zodiacali e dei tarocchi, chiedendosi come si possa determinare la personalità di qualcuno partendo da alcune domande standard. Come si possono infatti classificare i miliardi di persone che ci sono sulla terra in soli sedici diversi tipi di personalità? A mio avviso, i tipi di personalità presentati offrono un semplice spunto a cui ricondurre le ben più numerose personalità esistenti, che sono tante quante le persone sulla terra. Mia madre, una delle mie sorelle e, curiosamente, mia moglie condividono tutte lo stesso tipo di personalità e molti dei relativi aspetti caratteriali. Eppure sono, ovviamente, individui diversi.
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Tutto quello che posso dire è che tutti quelli che conosco, e che hanno fatto questo test, sono rimasti sbalorditi da quanto si riconoscano nei risultati. Provalo anche tu, e fammi sapere cosa ne pensi.
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[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]