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Vorrei ascoltare Dio

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Lara Danielle CC

padre Carlos Padilla - pubblicato il 30/01/17

Dubito perché non so se è la mia volontà che mi porta a interpretare la sua voce

Spesso mi sono interrogato sul senso dell’apparente silenzio di Dio. Dio tace davanti alle mie suppliche, alle mie grida di richiesta di aiuto? A volte penso che Dio taccia quando non capisco cosa vuole da me.

Vorrei sentire sempre la sua voce e non ci riesco. Vorrei comprendere le sue vie, comprendere che è Lui che mi parla nel cuore. Può essere che a volte in quel momento taccia. Può essere semplicemente che io non sia capace di ascoltare la sua voce nell’anima, i suoi sussurri al cuore.

Diceva Madre Teresa: “Ascolta il silenzio, perché se il tuo cuore è pieno di altre cose non riuscirai a sentire la voce di Dio”.

Voglio rimanere in silenzio per ascoltare la sua voce, per comprendere i suoi silenzi. Vivo riversato sul mondo. Disperso. Verso l’esterno. Non navigo nelle acque profonde del mio cuore.


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Per poterlo fare devo imparare a tacere, a meditare, a contemplare. Non posso vivere sempre agitato e pieno di rumori che offuscano il mio sguardo. Quei rumori del mondo che atrofizzano il mio udito.

Voglio gridare con forza: “Apriti!” Grido così alle orecchie della mia anima. Come ha fatto Gesù con quel sordo curando la sua limitazione.

Non sono certo di capire sempre cosa mi chiede Dio. Dubito perché non so se è la mia volontà che mi porta a interpretare la sua voce o è davvero Lui che sussurra dentro di me. Interpreto la sua voce nella mia anima, la sua voce in quello che mi accade, la sua voce nella Sua fedeltà alla mia storia personale.

Lì, ai piedi della croce, in silenzio. Perché ho una certezza: Egli è sempre con me, anche se non sempre ascolto la sua voce.

Mi ha accompagnato fin dall’inizio. Nei momenti buoni e in quelli difficili. Nei dubbi. Nelle grandi battaglie. Nelle lotte perdute. Era lì. Parlando o tacendo.

A volte non lo so, ma so che non smetteva di abbaracciarmi. Diceva il Mahatma Gandhi: “Quando tutti ti abbandonano, Dio resta con te”. Questa certezza è stata un grande sostegno in tutta la mia vita, e mi ha fatto comprendere che i suoi silenzi fanno parte piuttosto della mia incapacità di capirlo.

Egli mi parla davvero con la sua presenza, ma a volte può essere che non mi basti sapere che è al mio fianco. Voglio sentire la sua voce come sento quella degli uomini. Sentire la sua voce che mi spiega il senso della mia vita. Che mi grida.

Forse è questo il silenzio che mi fa più male. Quando voglio che mi spieghi il motivo di tutto ciò che accade e non lo sento. Spesso è il silenzio di Dio quando non mi libera dalla mia sofferenza e non mi apre un orizzonte nuovo. Quando sembra impassibile davanti al mio dolore.

Nel film Silence un sacerdote missionario, commosso di fronte al dolore di tante persone in Giappone, si chiede: “Dio mio, resti ancora in silenzio? Vedi una vita così e continui a ostinarti nel tuo silenzio” [1].


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Allora non è una voce quella che aspetto. Una voce che mi indichi cosa devo fare. Pretendo qualcosa di più. Una voce che plachi il dolore. Un gesto liberatore di Dio. Un Dio che ponga fine al fardello che mi trascino ogni giorno e mi liberi finalmente dalla mia angoscia.

E allora il suo silenzio è assenza di azione. È come se Dio non fosse con me. Assente. Sorgono i dubbi. E può anche essere che davanti a tanto dolore sorga la disperazione: “Il peccato maggiore contro Dio era la disperazione, lo sapevo molto bene, ma non mi spiegavo perché Dio rimanesse in silenzio” [2].

Il silenzio di Dio in mezzo alle disgrazie, alle perdite, alle angosce, schiaccia. È come se mi lasciasse solo all’improvviso senza darmi altre spiegazioni.

È il silenzio del mare che rompe contro le onde. È il silenzio di una notte scura senza stelle. È un silenzio pieno di assenza.

Nei momenti di dolore, desidero quasi che scompaia in un attimo la causa delle mie sofferenze. Lo chiedo supplicando a Dio. E se non succede, voglio almeno capire il motivo, il senso di tanta miseria. Sapere come sono arrivato a quel punto.

Comprendere se davvero tanto dolore vale qualcosa in quel progetto di Dio che mi sfugge.

Spesso vorrei cambiare il mondo, evitare quelle disgrazie che lacerano l’anima di tanti uomini. Come si può consolare chi soffre senza consolazione?

Spesso comprendo la disperazione di fronte a tanto silenzio. Capisco che una persona si allontani da Dio non comprendendo i suoi silenzi. Anche se prima del dolore che soffre ora provava un amore profondo per Dio. Un amore vero come l’angoscia che soffre ora. Capisco il suo dolore e il suo turbamento. Mi metto nei suoi panni e non giudico, non condanno.

[1] Shusaku Endo, Jaime Fernández, José Fernández, Silencio (Narrativas Históricas)

[2] Shusaku Endo, Jaime Fernández, José Fernández, Silencio (Narrativas Históricas)

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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