La Cassazione punisce duramente le molestie di un parroco per un massaggio ad un bambino In Italia, un prete pedofilo non ha diritto a nessuno sconto di pena anche se compie violenze, abusi, molestie sui minori al di fuori del sacerdozio.
La sentenza 1949/17 – depositata dalla terza sezione penale della Corte di Cassazione il 17 gennaio scorso – ha precisato che l’aggravante vale sia quando il sacerdote agisce nelle funzioni e servizi propri del suo ministero (ad esempio sta confessando un bambino), che quando la qualità sacerdotale ha facilitato il compimento del delitto.
ABUSI E VIOLAZIONE AGGRAVATI
Il prete che si rende colpevole di reati sessuali, risponde in maniera aggravata dall’abuso di poteri o dalla violazione dei reati inerenti la sua qualità di ministro del culto cattolico (www.farodiroma.it, 23 gennaio).
LA MOTIVAZIONE DEI GIUDICI
Per i giudici, infatti, non è possibile limitare il ministero sacerdotale alle sole funzioni che sono strettamente connesse con la realtà della parrocchia: esso, infatti, ricomprende anche e più in generale tutti i compiti che possono essere ricondotti al mandato evangelico e le attività svolte a servizio della comunità. Si pensi alle attività ricreative, a quelle di assistenza e di missione, a quelle di aiuto a fedeli e non (www.StudioCataldi.it, 17 gennaio).
Nel dettaglio, scrive il portale specializzato www.west-info.eu (22 gennaio), i Supremi Giudici, in linea con la contemporanea dottrina della Chiesa cattolica, hanno affermato un preciso principio di diritto:
“Nei reati sessuali, è configurabile l’aggravante dell’abuso dei poteri o della violazione dei doveri inerenti alla qualità di ministro di un culto, non solo quando il reato sia commesso nella sfera tipica e ristretta delle funzioni e dei servizi propri del ministero sacerdotale, ma anche quando la qualità sacerdotale abbia facilitato il reato stesso, essendo il ministero sacerdotale non limitato alle funzioni strettamente connesse alla realtà parrocchiale, ma comprensivo di tutti quei compiti riconducibili al mandato evangelico costitutivo dell’ordine sacerdotale”
LA SCUSA DEI MASSAGGI
La sentenza, nello specifico, riguarda gli abusi commessi da un sacerdote su un bambino/ragazzino che, con la scusa di fargli dei massaggi shiatsu, lo ha accarezzato nelle parti intime e poi ha compiuto una serie di atti sessuali con lui.
La pena per il sacerdote resta di quattro anni di reclusione così come ascritta negli altri gradi di giudizio.
“NESSUNA GIUSTIFICAZIONE”
Per don Fortunato Di Noto, il sacerdote fondatore e presidente dell’Associazione Meter Onlus: «La Cassazione ha fatto bene a chiarire questo concetto. Un prete è sempre prete e quando agisce contro un bambino o contro un ragazzino non ci sono giustificazioni legali in grado di alleggerire la pena che deve scontare. La violenza e le molestie – aggiunge ad Aleteia – sono un abominio e restano tali. Non c’è alcuna giustificazione».
Per il sacerdote siciliano: «Dovremmo anche riflettere seriamente sul fatto che abbiamo un segno in questa sentenza: dobbiamo essere, come Chiesa, ancora più capaci di proteggere e difendere i piccoli e deboli».
“ALTRO CHE DEBOLEZZA!”
Altro che, conclude il fondatore di Meter, «parlare di debolezza e utilizzarla per una quale motivazione dei propri atti. Ogni sacerdote coinvolto in questi scandali dovrebbe sapere che si creano ferite laceranti nelle vittime, che non finiscono nel dimenticatoio, ma generano traumi pesanti e di lunga durata!».