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La maledizione dell’Appennino

Vatican Insider - pubblicato il 19/01/17

Non può che essere il demonio: s’è stabilito qua ad agosto e non se n’è ancora andato. Scuote la terra da sotto, e la ricopre e la congela dall’alto.

«Un fenomeno sismico nuovo, mai visto», hanno detto gli scienziati dell’Istituto di geofisica. «Non si vedeva tanta neve da trent’anni», dicevano ieri i contadini coi tetti delle stalle crollate e le bestie all’addiaccio. Quale maledizione che non fosse demoniaca potrebbe tanto? Oltre quarantacinquemila scosse da quella del 24 agosto che ha cancellato Amatrice, almeno duecento soltanto ieri, quattro in tre ore sopra i cinque punti di magnitudo. E tre giorni di bufera, quaranta centimetri di neve in 24 ore ad Amatrice, ottanta a mille metri. «Sentiamo le scosse e siamo bloccati in casa come topi», dice il vicesindaco di Campotosto, Gaetana D’Alessio. Lì, come a Montereale, entrambi in provincia dell’Aquila, la neve ha bloccato gli usci. Per scappare, a Campotosto, a Montereale, a Laringo, a Poggio Cancelli, la gente ha scavato tunnel nella neve con le mani. A Capitignano gli sfollati hanno trascorso la notte in un pullman. A Pizzoli tutte le abitazioni sono state sgomberate, si è dormito nel palazzetto comunale. Si va con i mezzi militari per soccorrere gli invalidi e gli anziani. «La situazione è catastrofica», ha detto il governatore delle Marche, Luca Ceriscioli. A Orsogna (Chieti) seicento case sono senza elettricità, e dunque senza riscaldamento, compresa la casa di riposo «Del Sole», ed è ormai soltanto un nome. Le persone che vivono senza elettricità, o con elettricità che va e viene, sono trecentomila, sparse in paesi, frazioni, borghi del Lazio, dell’Umbria, dell’Abruzzo, delle Marche, collegati fra loro da strade impercorribili. «Non vi rendete conto di che cosa voglia dire combattere contro un metro di neve», dice Marco Rinaldi, sindaco di Ussita (Macerata). 

Sono sempre quelli i paesi che tornano nelle nostre disarmate cronache. Da centodieci giorni. Amatrice, Accumuli, Norcia, Tolentino, Ussita, Visso, Pieve Torina, anche L’Aquila che non ne viene fuori per davvero da quasi otto anni. Poche settimane fa avevamo visto i terremotati nel loro moduli abitativi, gelida e perfetta terminologia burocratica, spazzati dal vento con la temperatura sotto zero. Abbiamo visto l’accanimento della neve. E abbiamo pensato che sarebbero arrivate altre scosse a completare il tormento e le scosse sono arrivate. Quale razionalità sa incasellare questa storia? A Castiglione Messer Raimondo (Teramo) una mamma e il suo bimbo sono stati estratti dalle macerie in ipotermia. A Nommisci, una delle quarantanove frazioni di Amatrice, una donna incinta è stata liberata da casa e ricoverata in ambulanza sulla Salaria. Non ci sono morti, ma un’intera grande terra, densa di storia e di arte, che viene ammazzata giorno per giorno.  

Dalle montagne il terremoto tira giù slavine che isolano i paesi. Isolata Acquasanta (Ascoli) dove il sindaco chiede turbine, pale gommate, camion, ruspe. Nel Teramano isolate Civitella, Valle Castellana, Bisenzi. Isolati i frati di Norcia: «Ci vuole pazienza». Sotto una slavina c’è un disperso a Campotosto. Ad Amatrice ha finito di collassare il campanile della chiesa di Sant’Agostino, ma il sindaco, Sergio Pirozzi, dice che «nonostante le scosse l’emergenza è la neve». Non ci si arriva ad Amatrice, non si arriva da nessuna parte: le strade chiuse, i treni fermi. Colonne di auto ieri uscivano da Teramo dirette alla salvezza versa la costa adriatica. «Abbiamo ancora posti», ha detto il sindaco di San Benedetto del Tronto. Costa santa, costa benedetta, un soffio divino in un buio da Geenna. A Sant’Elpidio gli ospiti del Camping Holiday, bungalow fra giardini sul lungomare, sono usciti alle scosse e piangevano di esasperazione. I loro padri salgono alla montagna per accudire le bestie, ma ieri molti non ce l’hanno fatta. È terra di allevatori, questa. «Le mucche sono fuori, al gelo», dice un contadino di Pieve Torina (Macerata) a cui è crollata la stalla. «Non reggo, non ce la faccio. Sono bloccato in casa da due giorni. La strada è scomparsa sotto la neve», dice un allevatore di Accumoli che non riesce a raggiungere le sue bestie da 48 ore. «Da tre giorni la cisterna non passa a prendere il latte perché le strade sono bloccate. Ancora un giorno e dovrò buttare tutto», dice uno a Faizzone. «Ho trentacinque mucche, dovrei venderne venticinque. Ma chi me le compra?», dice un altro a Moletano.  

Soltanto un’oscura metafisica saprebbe tenere assieme ogni cosa, ogni disgrazia, ogni giorno che dà una pena nuova. Non si immagina quanti dettagli abbia il disastro. Il sindaco di Pescara ha lanciato un appello perché qualcuno adotti i cani del canile, almeno per il tempo del gelo: sono novanta e rischiano di morire assiderati. A Teramo oggi saranno liberati centoventi detenuti perché non si riesce a riscaldare il carcere. Stanno chiudendo le ultime fabbriche e le ultime aziende perché lesionate dalle scosse o perché gli operai non riescono ad andare al lavoro. A Montalto delle Marche due sorelle ottantenni sperano di essere raggiunte a casa per avere un po’ di pane: «Il forno del paese è chiuso». E poi arriverà il domani, un altro domani su questa terra che ha perduto madri e figli sotto le rovine, che ha perduto gli amici, la casa, la comunità, il lavoro, gli animali, i negozi, la luce, il riscaldamento, il pane, ed è piombato in un medioevo da alzare gli occhi al cielo per vedere in faccia la maledizione.  

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