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Repole: la Chiesa ascolti il Papa, denunci le idolatrie dannose

Vatican Insider - pubblicato il 18/01/17

L’Evangelii Gaudium in che modo è stata ripresa nel mondo ecclesiale, soprattutto italiano?

«Mi pare che sia un Documento davvero indicativo della Chiesa di Francesco, e non è un caso che abbia chiesto alla Chiesa italiana, nel corso del Convegno di Firenze, di assumere l’impegno di farlo diventare carne viva della comunità ecclesiale, in tutte le sue componenti e a tutti i livelli, a cominciare dalle comunità ecclesiali di base. Forse si sarebbe potuto o si potrebbe fare qualcosa di più nella recezione del Documento che naturalmente ci invita a ripensare la realtà della Chiesa soprattutto in un contesto, come quello di oggi, in cui la Chiesa è segnata, che lo vogliamo o meno, da un orizzonte di cristianità e da una percezione che in fondo si sia ancora normalmente cristiani, per passare a una più piena e matura consapevolezza che questo non è più così scontato. Per questo andrebbe ripensato il modo di essere dentro questo mondo e questa società e come strutturarsi come credenti in Cristo. La Chiesa in uscita e missionaria è stata spesso utilizzata come uno slogan, al contrario dovrebbe essere lo status costitutivo del cristiano. Bisogna dunque assumerla a tutto tondo, come fa papa Francesco, declinandola nella prassi ecclesiale con questo orizzonte e progetto».  

Il pontificato di Francesco, un suo bilancio prima del quarto anniversario?

«Una concezione diversa del papato stesso. Meno sacrale rispetto a ciò a cui siamo stati abituati da sempre. Ci troviamo di fronte a un magistero che si pone davanti ad alcuni aspetti. In fondo è un papato che sollecita il confronto tra le diverse posizioni alla ricerca di un’autentica fedeltà al Vangelo senza pre-comprensioni e preconcetti. In questo senso Francesco ha avviato un processo che per certi aspetti dovrebbe essere connaturale alla natura stessa della Chiesa dal Concilio Vaticano II, anche se non sempre in questi cinquant’anni è stato così. Nel suo pontificato la dimensione della misericordia, dell’amore e della speranza per tutti sono davvero il senso profondo della guida dello Spirito della Chiesa nella storia, la nostra storia. Un confronto a volte anche molto serrato ma che aiuterà la comunità cristiana a essere più autentica». 

Il rapporto Chiesa e mondo secondo Francesco, uno dei pochi leader non solo spirituali oggi: come lo descrive?

«Indubbiamente papa Francesco rappresenta un riferimento per la vita sociale a tanti livelli, forse perché non ci sono altri riferimenti ideali e politici in grado di provocare un’adesione e una accettazione di programmi e prospettive da parte delle persone e delle comunità. La crisi delle ideologie e delle narrazione storiche e l’accentuarsi di individualismo e nichilismo nel nostro mondo occidentale ha permesso che ci si ritrovi davanti a delle questioni grandiose e impellenti senza che vi siano risposte nè ideali nè di testimoni. Nello stesso tempo papa Francesco è il rappresentante di una Chiesa che dona speranza e luce. Parole e azioni concrete che richiamano al cuore dell’uomo il messaggio e la presenza di Cristo nella storia. Ci sono molti nella Chiesa e oltre di essa, che vogliono affrontare le sfide della storia e della modernità attraverso l’attualizzazione del Vangelo. Perché la Parola di Dio è vitale anche per le dinamiche e i rapporti sociali. Ma non bisogna farsi ingannare. Perché Francesco esisteva già prima: Jorge Mario Bergoglio è prete e poi vescovo in Argentina a Buenos Aires e nessuno, o pochi, ne parlavano. Ecco perchè il “caso” Francesco non esiste. Il suo è un programma magisteriale molto concreto. Per esempio un aspetto fondamentale è la grande enfasi con la quale il Papa riconosce le idolatrie del nostro tempo, soprattutto una certa idolatria economicista. In questo momento non troviamo molti altri personaggi che dimostrano questo coraggio. E credo che questa sua voce vada compresa nella sua consistenza teologica, l’altra faccia della medaglia che nella sua prima parte presenta la necessità di una Chiesa missionaria e in uscita. Proprio perché dobbiamo annunciare il Dio di Gesù Cristo, un Padre che si prende cura dei più poveri, degli sfruttati, di chi è rifugiato, chi travolto dalla guerra e dalla violenza, proprio per questo abbiamo il dovere di denunciare quelle idolatrie che provocano questi disastri: sociali, ambientali e strutturali». 

Lo studio teologico oggi e il papato di Bergoglio: qual è il legame?

«Una delle grandi sfide che dobbiamo raccogliere anche dalla Evangelii Gaudium è ripensare anche i grandi temi della Teologia in modo tale da far percepire che ci sia un Vangelo anche per l’uomo di oggi. In questo senso bisogna fare tesoro da tutta la grande tradizione cristiana e i movimenti e i carismi del passato -pensiamo al medioevo, tempo storico fondamentale per capire l’oggi – per ripresentare il Vangelo nella contemporaneità. E questa è una sfida formale alla Teologia. Un altro aspetto fondamentale è come presentare il valore salvifico di Gesù Cristo in un tempo così indifferente e auto sussistente. La parola salvezza, così fondamentale nel cristianesimo e anche nelle altre religioni, può rischiare di essere sopita, al punto da non essere più percepita come centrale. Sebbene esistenzialmente ci sia un grande bisogno di parole di salvezza. In questo senso dobbiamo accettare una sfida che è centrale nel mondo cristiano e nel confronto con le altre religione. In scenari multiculturali, multietnici e in grande trasformazione in cui ci troviamo a vivere». 

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