Intervista con il sociologo Massimo Introvigne, autore di un poderoso volume dedicato alla storia degli adepti del diavoloS’intitola «Satanism: a social history» (Brill), ed è stato pubblicato in lingua inglese. È l’ultima fatica del professor Massimo Introvigne, sociologo e direttore del CESNUR, che analizza il fenomeno nelle sue varie manifestazioni lungo la storia. Il volume – che se si tolgono quelle con i titoli conta proprio il numero evocativo di 666 pagine – analizza le varie manifestazioni del satanismo, da quelle dei preti apostati alla corte di Luigi XIV fino ai temi rock della musica Black Metal. Lo abbiamo intervistato.
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«Anzitutto, devo ringraziare Eileen Barker, una delle maggiori sociologhe della religione viventi, per avere notato che le pagine sono 666 in una sua recensione. Né io né l’editore ce n’eravamo accorti e si tratta senz’altro di una coincidenza molto curiosa. È vero che i satanisti sono relativamente pochi, ma il satanismo suscita sempre fortissime emozioni. Vorrei partire da un episodio, che non cito nel libro perché è avvenuto dopo la sua consegna all’editore. Nel weekend precedente alle elezioni presidenziali americane i famosi hacker russi che hanno intercettato le mail del direttore della campagna elettorale di Hillary Clinton, John Podesta, hanno pubblicato alcuni messaggi che collegavano Podesta alle performance private, nel senso che bisogna essere invitati, dell’artista newyorchese Marina Abramović. Sono insieme eventi artistici e spirituali, dove l’artista espone un suo metodo di meditazione e guarigione che mette insieme New Age, spiritismo e culti afro-americani. In realtà il satanismo non c’entra ma la domenica prima del voto sono stati diffusi alle porte delle chiese americane centinaia di migliaia di volantini secondo cui la Clinton era legata a una “artista satanista”. Anche alcuni media di qualità hanno confuso il New Age della Abramović con il satanismo. Questo dimostra che basta parlare di satanismo per scatenare emozioni, paure, e creare anche la possibilità di manipolazioni politiche. In effetti il mio libro non parla solo del satanismo ma anche dell’anti-satanismo, cioè dei panici morali che vedono satanisti dappertutto e delle accuse di satanismo che negli ultimi secoli sono state rivolte a diversi gruppi: agli ebrei, ai massoni, ai mormoni, ma anche ai cattolici da parte di ambienti protestanti fondamentalisti. Per esempio negli anni 1970 uscirono negli Stati Uniti diversi libri che accusavano Paolo VI di essere un alto iniziato satanista. Analoghe accuse sono state rivolte a Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e oggi anche a Papa Francesco, con la differenza che nell’ultimo caso farneticazioni di protestanti fondamentalisti sono state riprese anche da ambienti cattolici ultra-tradizionalisti ostili al Pontefice regnante».
Ma, al di là delle farneticazioni, i satanisti esistono. Che cos’è il satanismo?
«Si possono dare diverse definizioni del satanismo. Le definizioni non sono mai semplicemente vere o false, sono strumenti per circoscrivere o studiare un fenomeno. La mia definizione di satanismo si riferisce alla venerazione del personaggio chiamato diavolo, Satana o Lucifero nella Bibbia – sia che lo si consideri una persona viva e reale, sia un simbolo o un archetipo – da parte di gruppi organizzati attraverso forme almeno embrionalmente rituali».
Che differenza c’è tra il satanismo vero e proprio, e quello «romantico» o «folklorico»?
«La categoria di “satanismo romantico” è stata elaborata da storici della letteratura e delle idee e si riferisce a scrittori o artisti che riabilitano la figura biblica del diavolo – spesso sostenendo che il suo scopo era ed è quello di rendere gli uomini (e le donne: esiste anche un satanismo romantico femminista) più liberi e razionali, liberandoli dalla sottomissione a Dio e dalle credenze irragionevoli della religione. Se questi scrittori o artisti si limitano a scrivere libri o dipingere quadri e non formano gruppi organizzati cadono fuori della mia definizione di satanismo. Dedico invece qualche cenno al satanismo folklorico, dove la venerazione del diavolo s’inserisce nel contesto del folklore di particolari gruppi, specie criminali. Ce ne sono esempi nel folklore dei trafficanti di droga latino-americani, che celebrano rituali chiedendo al diavolo di proteggere le loro imprese criminali, ma si è trovato qualcosa di simile già tra i banditi di strada svedesi del Seicento».
Può dare qualche numero sulla consistenza del fenomeno, nel mondo e in Italia?
«Tutto dipende da come si definisce il satanismo. Se parliamo di gruppi organizzati – voglio dire di gruppi che hanno sedi, siti Web, pubblicano riviste, e così via – i satanisti sono circa cinquemila nel mondo e poche centinaia in Italia. Ma a questi gruppi organizzati si affianca il satanismo cosiddetto “selvaggio” delle bande giovanili che praticano rituali fai da te in genere appresi su Internet: migliaia di giovani nel mondo – forse tra i cinquemila e i diecimila, ma le statistiche sono difficili – con una presenza che sembrerebbe più significativa che in altri Paesi in Italia. Si legge spesso anche di gruppi clandestini e segreti che commettono gravi crimini. Alcuni di questi gruppi esistono certamente, sono periodicamente scoperti dalle polizie di diversi Paesi e la loro pericolosità non va sottovalutata. Non ci sono tuttavia prove che gruppi di questo genere siano centinaia o migliaia, come gli anti-satanisti si ostinano a sostenere. Ne sono stati scoperti e identificati con certezza non più di una decina negli ultimi vent’anni nel mondo e non è verosimile che ne esistano più di qualche dozzina».
Nel libro lei distingue anche il satanismo «razionalista» da quello «occulto». Su quali basi e quali sono le differenze?
«Il satanismo razionalista, legato alla figura dell’americano Anton Szandor LaVey (1930-1997), venera Satana con rituali che sono sostanzialmente psicodrammi che mirano a liberare chi li pratica dalla religione e dal senso del peccato, i quali impedirebbero di godere appieno la vita e i piaceri che derivano dalla sessualità, dal denaro e dal potere. LaVey però considerava Satana un simbolo della liberazione dalle religioni e non pensava che esistesse veramente. La sua era una forma estrema di umanesimo ateo. Nel 1975 il luogotenente di LaVey, il colonnello dell’esercito americano Michael Aquino – personaggio interessante, tuttora vivente, con un passato di specialista della disinformazione (oggi si direbbe della creazione di “fake news”) per conto dell’esercito ai tempi della guerra del Vietnam – promosse uno scisma nella Chiesa di Satana che LaVey aveva fondato. Con Aquino si schierarono coloro che pensavano che Satana esistesse veramente e non fosse solo un simbolo. Questa distinzione fra un satanismo “razionalista” e uno “occultista” o “deista” rimane nel mondo satanista ancora oggi».
Chi ha, per così dire, «fondato» il satanismo moderno?
«Io distinguo il satanismo come fenomeno moderno – che implica un’organizzazione – dai riferimenti a Satana che si trovano nella magia o nella stregoneria medievali. In questo senso un proto-satanismo emerge alla corte del Re di Francia Luigi XIV con le prime “Messe nere” organizzate da cartomanti e sacerdoti apostati che invocano la protezione di Satana per clienti che cercano il successo in amore o negli affari. Il fine è utilitaristico, non religioso o anti-religioso, ma cominciamo a trovarci di fronte a un’organizzazione e a rituali. Di qui parte un filone che si sviluppa gradualmente nell’Ottocento ma assume i connotati di organizzazioni per così dire “religiose” solo nel Novecento, con la fondazione nel 1966 a San Francisco della Chiesa di Satana da parte di LaVey».
Nel libro è raccontata la vicenda di migliaia di suicidi dei cosiddetti «vecchi credenti» in Russia alla fine del Seicento. Che cosa accadde?
«Nel 1666, anno che contiene il famoso numero della Bestia 666 menzionato nell’Apocalisse, il Patriarca Nikon (1605-1681) promosse una riforma liturgica nella Chiesa Ortodossa Russa. Le riforme liturgiche generano sempre una reazione tradizionalista. La data, 1666, convinse questi tradizionalisti ostili alla riforma, i cosiddetti “vecchi credenti”, che il vero autore della nuova liturgia era il diavolo. Anche alcuni tradizionalisti cattolici estremi pensano la stessa cosa a proposito della riforma liturgica di Paolo VI, ma i “vecchi credenti” espressero la loro protesta più radicalmente, con suicidi collettivi in cui perirono almeno ventimila persone».
Chi era Stanisław Przybyszewski, considerato da molti come il «primo satanista»?
«Era un romanziere polacco (1868-1927), esponente del decadentismo, che pubblicò nel 1897 il romanzo “I figli di Satana” e il saggio “La sinagoga di Satana”. Scriveva prevalentemente in tedesco e faceva parte a Monaco del circolo che si trovava alla famosa taverna del Porcellino Nero con altri letterati e artisti del Nord Europa, tra cui il pittore norvegese Edvard Munch (1863-1944) e il drammaturgo svedese August Strindberg (1849-1912). Przybyszewski anticipa molte idee di LaVey. È convinto che Dio sia un tiranno che vuole mantenere gli uomini e le donne nell’ignoranza e nella paura mentre Satana insegna all’umanità la curiosità intellettuale, la creatività e la liberazione sessuale. Nel romanziere polacco c’è già una teoria di come potrebbe essere organizzato un movimento satanista moderno. Però di fatto Przybyszewski non ne organizzò mai uno, anche se alcuni suoi discepoli fecero dei tentativi, per cui lo si può considerare più un precursore che un fondatore».
Nel libro lei afferma che l’anti-satanismo ha una grande responsabilità nel ingigantire il satanismo. Perché?
«I satanisti esistono e talora commettono anche gravi crimini. L’anti-satanismo però distorce il fenomeno in due modi. In primo luogo esagera il dato statistico. I membri di gruppi satanisti organizzati non sono mai stati nella storia occidentale più di poche migliaia. L’anti-satanismo parla volentieri, senza potere fornire prove, di migliaia di gruppi e centinaia di migliaia di adepti. In secondo luogo, l’anti-satanismo attribuisce ai satanisti la capacità di controllare e orientare intere organizzazioni, scadendo in forme tipiche di complottismo. Una parte importante del mio libro è consacrata, come accennavo, a tesi, fantasie e mistificazioni secondo cui i satanisti controllerebbero segretamente l’ebraismo, la massoneria, la Chiesa Mormone e anche – secondo una letteratura protestante fondamentalista culturalmente marginale ma diffusa in migliaia di copie grazie in particolare a decenni di sforzi dell’autore californiano, recentemente scomparso, Jack Chick (1924-2016) – il Vaticano e la Chiesa Cattolica. Questi eccessi dell’anti-satanismo, non di rado grotteschi, finiscono per non fare prendere sul serio neppure le critiche motivate e reali al satanismo e quindi paradossalmente per favorire i satanisti».
Che cosa può dire rispetto ai casi di cronaca italiana degli scorsi anni, dai «bambini di Satana» all’omicidio di suor Maria Laura Mainetti?
«In Italia abbiamo avuto quattro episodi rilevanti molto diversi fra loro. Il primo riguarda i Bambini di Satana, fondati nel 1982 a Bologna da Marco Dimitri, che per qualche anno hanno avuto un relativo successo, radunando oltre cento adepti. Dimitri ha giocato molto con I talk show televisivi, rendendosi disponibile a recitare la parte del satanista tipico, assicurandosi una certa pubblicità. Ma quella pubblicità è stata un boomerang e Dimitri ha finito per essere arrestato nel 1996, accusato di gravi crimini che però non aveva commesso. Nel 2000 è stato condannato solo per evasione fiscale. Il secondo episodio riguarda suor Laura Mainetti (1939-2000), massacrata nel 2000 a Sondrio da tre ragazzine eccitate da storie di satanismo e dalla propaganda violentemente anticattolica che trovavano su Internet, anche se non erano in contatto con nessun gruppo satanico specifico. La suora è morta perdonando le sue assassine ed è in corso la sua causa di beatificazione. Del terzo episodio, tragico e sempre del 2000, sono stato personalmente testimone. Riguarda don Giorgio Govoni (1941-2000), un parroco della Bassa Modenese accusato da un’assistente sociale di violentare e perfino uccidere bambini nel corso di riti satanici. Rinviato a giudizio, dopo un’arringa particolarmente dura contro di lui del pubblico ministero morì di infarto. In appello e in Cassazione la tesi che avevo sostenuto come perito della difesa di don Giorgio, secondo cui l’assistente sociale in questione era stata semplicemente suggestionata dalla letteratura anti-satanista americana, fu pienamente accettata dai giudici. Oggi la diocesi di Modena ha dato il nome di don Govoni a una casa di ricovero per I poveri e ogni anno ne onora la memoria come vittima innocente di un tragico equivoco. Il quarto caso riguarda le Bestie di Satana, un gruppo di una decina di giovani della zona di Varese scoperti nel 2004 e condannati per tre omicidi, anche se potrebbero averne commessi di più. Si tratta di uno dei casi di gruppuscoli segreti dediti ad attività criminali che citavo, responsabili di qualche cosa che assomiglia effettivamente a sacrifici umani in nome di Satana. Casi reali, ma per fortuna molto rari».
Si è parlato molto di «rock satanico». Che cos’è? Lei che cosa ne pensa?
«L’espressione rock satanico è imprecisa. Ci sono stati musicisti rock che hanno parlato del diavolo con simpatia nelle loro canzoni, basta ricordare “Sympathy for the Devil” dei Rolling Stones. Tuttavia il genere musicale che c’entra effettivamente con il satanismo è l’Heavy Metal, che è distinto in tutta una serie di sottogeneri, alcuni dei quali rubricati come Extreme Metal. In non tutto l’Heavy Metal, e neppure in tutto l’Extreme Metal, è diffuso il satanismo. Alcuni gruppi del sottogenere Death Metal e un buon numero di gruppi di un altro sottogenere, il Black Metal, inneggiano al satanismo nelle loro canzoni. Per alcuni si tratta di un satanismo estetico o di espedienti commerciali per rendersi interessanti, ma altri hanno avuto veri contatti con il mondo satanista e hanno anche commesso crimini in nome di Satana. Alcuni musicisti del Black Metal scandinavo si erano specializzati nel bruciare chiese cristiane in legno e in Norvegia è andata in fumo così una parte importante del patrimonio delle chiese lignee medievali e dei primi secoli moderni. Ci sono stati anche omicidi e un paio di casi di suicidi rituali. Occorre però fare due precisazioni. Primo, secondo un’enciclopedia specializzata ci sono oggi nel mondo oltre venticinquemila gruppi musicali Black Metal. È un fenomeno ormai globalizzato, con gruppi in Giappone, in Nepal e perfino in Iraq e in Arabia Saudita – tra l’altro, in alcuni di questi Paesi il Black Metal è stato il veicolo per importare un satanismo del tutto estraneo alle tradizioni locali. Di questi venticinquemila gruppi solo una minoranza ha veri contatti con il satanismo, e certamente sarebbe caricaturale pensare che tutte le centinaia di migliaia di persone che vanno a concerti Black Metal siano sataniste. Secondo, il satanismo dei gruppi Black Metal più estremi non assomiglia ad altre forme di satanismo. In genere i satanisti venerano il diavolo perché lo considerano un personaggio positivo, un liberatore del genere umano dalla dittatura di un Dio severo e crudele. In un certo Black Metal invece non si venera Satana perché è buono ma perché è cattivo, inneggiando esplicitamente al male, alla violenza e alla distruzione. Il norvegese Varg Vikernes, uno dei grandi nomi del Black Metal – anche se oggi ha cambiato qualche idea dopo gli anni trascorsi in prigione per i roghi di chiese e un omicidio – scriveva all’epoca che le varie Chiese di Satana “non sono vere chiese di Satana perché venerano la vita e la felicità. Io invece adoro la morte, il male e tutte le cose oscure”».