I consigli di monsignor Delpini per prepararsi con lo spirito giusto al sacramentoArrivare alla Confessione impreparati o con un atteggiamento sbagliato. Un errore da evitare.
Monsignor Mario Delpini, vescovo ausiliare di Milano e segretario della Conferenza episcopale lombarda, ha riassunto in dieci punti cosa non si deve fare, o meglio le regole da seguire per avere la certezza che la Confessione non serva niente. Il breve testo è stato pubblicato domenica 8 gennaio su Milano Sette, inserto domenicale di Avvenire.
Cosa rende la Confessione inutile.
Per essere sicuri che la confessione non serva a niente si devono applicare le seguenti regole (anche non tutte, ne bastano alcune):
1. Confessare i peccati degli altri invece che i propri (e confidare al confessore tutte le malefatte della nuora, dell’inquilino del piano di sopra e i difetti insopportabili del parroco, dopo aver accertato che il confessore non sia il parroco).
2. Esporre un elenco analitico e circostanziato dei propri peccati, con la preoccupazione di dire tutto e tirare un sospiro di sollievo quando l’elenco è finito: ci sono di quelli che salutano considerando tutto finito. L’assoluzione è ricevuta come una specie di saluto e di augurio.
3. Confessarsi per giustificarsi: in fondo non ho fatto niente di male. Il pentimento è un sentimento dimenticato.
4. Confessare tutto, eccetto i peccati più gravi («perché se no non mi assolve»).
5. Presentarsi al confessore con la dichiarazione: «Io non ho niente da confessare».
6. Confessarsi perché «me l’ha detto la mamma (o il papà o la moglie o la zia…)».
7. Parlare con il confessore per mezz’ora del più e del meno e concludere: «La ringrazio che mi ha ascoltato! Le auguro buona Pasqua, a Lei e alla Sua mamma».
8. Approfittare per confessarsi della presenza di un confessore («Non avevo neanche in mente di confessarmi, ma ho visto che era libero…»).
9. Confessarsi perché è giusto confessarsi ogni tanto.
10. Confessarsi per evitare che il confessore sia venuto per niente.