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“Politiche sociali contro il terrorismo fondamentalista”

Pope Francis general audience October 12, 2016.

© Antoine Mekary / ALETEIA

Pope Francis leads his weekly general audience in St. Peter's Square in Vatican City, October 12, 2016. © Antoine Mekary / ALETEIA

Andrea Tornielli - Vatican Insider - pubblicato il 09/01/17

Il Papa parla al Corpo diplomatico e propone la via per ottenere pace e sicurezza.

La pace non è «semplice assenza di guerra» ed «esige l’impegno di quelle persone di buona volontà» che aspirano «a una giustizia sempre più perfetta». Per combattere il terrorismo fondamentalista bisogna «garantire nello spazio pubblico il diritto alla libertà religiosa» ed «evitare che si formino quelle condizioni che divengono terreno fertile per il dilagare dei fondamentalismi». Il cammino della pace e della sicurezza passa attraverso lo sviluppo e un’equa distribuzione delle risorse.

È ampio e articolato il tradizionale discorso che Papa Francesco rivolge al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede all’inizio dell’anno. Francesco ricorda come oggi, per troppi, la pace sia «ancora soltanto un lontano miraggio» dato che «milioni di persone vivono tuttora al centro di conflitti insensati» e anche «in luoghi un tempo considerati sicuri, si avverte un senso generale di paura».

Pace non è assenza di guerra

Per i cristiani, spiega Francesco, la pace è dono di Dio, «un bene positivo» e «non la semplice assenza della guerra». Non può dunque «ridursi unicamente a rendere stabile l’equilibrio delle forze avverse» ma «esige l’impegno» di chi aspira «a una giustizia sempre più perfetta». Il Papa afferma il suo «vivo convincimento che ogni espressione religiosa sia chiamata a promuovere la pace», pur ricordando come «non siano mancate violenze religiosamente motivate, a partire proprio dall’Europa, dove le storiche divisioni fra i cristiani sono durate troppo a lungo». Allo stesso tempo – spiega – non vanno dimenticate le opere di ispirazione religiosa che «concorrono, talvolta anche con il sacrificio dei martiri, all’edificazione del bene comune, attraverso l’educazione e l’assistenza, soprattutto nelle regioni più disagiate e nei teatri di conflitto». Opere che «contribuiscono alla pace» e testimoniano che si può «concretamente vivere e lavorare insieme, pur appartenendo a popoli, culture e tradizioni differenti».

I gesti vili del terrorismo

Bergoglio ricorda poi come «ancor oggi, l’esperienza religiosa», possa «talvolta essere usata a pretesto di chiusure, emarginazioni e violenze». È il terrorismo «di matrice fondamentalista, che ha mietuto anche lo scorso anno non poche vittime in tutto il mondo». Sono gesti vili – dice il Papa – che «usano i bambini per uccidere, come in Nigeria; prendono di mira chi prega, come nella cattedrale copta del Cairo, o semplicemente chi passeggia per le vie della città, come a Nizza e a Berlino». Una «follia omicida che abusa del nome di Dio per disseminare morte, nel tentativo di affermare una volontà di dominio e di potere». Francesco si appella «a tutte le autorità religiose perché siano unite nel ribadire con forza che non si può mai uccidere nel nome di Dio». Il terrorismo fondamentalista, aggiunge, «è frutto di una grave miseria spirituale, alla quale è sovente connessa anche una notevole povertà sociale». Esso potrà essere «pienamente sconfitto solo con il comune contributo dei leader religiosi e di quelli politici». Ai primi spetta il compito di «trasmettere quei valori religiosi che non ammettono contrapposizione fra il timore di Dio e l’amore per il prossimo». Mentre ai governanti spetta «garantire nello spazio pubblico il diritto alla libertà religiosa, riconoscendo il contributo positivo e costruttivo che essa esercita nell’edificazione della società civile», e la responsabilità «di evitare che si formino quelle condizioni che divengono terreno fertile per il dilagare dei fondamentalismi. Ciò richiede adeguate politiche sociali volte a combattere la povertà, che non possono prescindere da una sincera valorizzazione della famiglia, come luogo privilegiato della maturazione umana, e da cospicui investimenti in ambito educativo e culturale».

Rinunciare alla violenza

Il Papa si dice convinto che l’autorità politica non debba «limitarsi a garantire la sicurezza dei propri cittadini» ma sia chiamata anche «a farsi vero promotore e operatore di pace». La pace è una «virtù attiva, che richiede l’impegno e la collaborazione di ogni singola persona e dell’intero corpo sociale», non è mai «qualcosa di raggiunto una volta per tutte». Edificarla – insiste Francesco – richiede anzitutto di rinunciare alla violenza nel rivendicare i propri diritti». La «non violenza» è dunque «uno stile politico, basato sul primato del diritto e della dignità di ogni persona». Costruire la pace – continua il Papa – «esige anche che si eliminino le cause di discordia che fomentano le guerre , a cominciare dalle ingiustizie». Esiste infatti «un intimo legame fra giustizia e pace», ma come ha insegnato san Giovanni Paolo II, la giustizia umana va esercitata e completata con il perdono. Il Giubileo è stato un’occasione «per scoprire la grande e positiva incidenza della misericordia come valore sociale» .

Accogliere e integrare i migranti

«Occorre un impegno comune – dice il Papa – nei confronti di migranti, profughi e rifugiati, che consenta di dare loro un’accoglienza dignitosa». Questo implica la capacità di coniugare il diritto di ogni essere umano di immigrare e insieme di garantire «un’integrazione dei migranti nei tessuti sociali in cui si inseriscono, senza che questi sentano minacciata la propria sicurezza, la propria identità culturale e i propri equilibri politico-sociali. D’altra parte, gli stessi migranti non devono dimenticare che hanno il dovere di rispettare le leggi, la cultura e le tradizioni dei Paesi in cui sono accolti». Un «approccio prudente» da parte delle autorità pubbliche non comporta – spiega Francesco – «politiche di chiusura verso i migranti», anche se i governanti sono chiamati «a valutare con saggezza» fino a che punto il proprio Paese è in grado, «senza ledere il bene comune dei cittadini, di offrire una vita decorosa ai migranti, specialmente a coloro che hanno effettivo bisogno di protezione». Francesco spiega che non si può ridurre la crisi attuale a «un semplice conteggio numerico», perché i migranti «sono persone, con nomi, storie, famiglie e non potrà mai esserci vera pace finché esisterà anche un solo essere umano che viene violato nella propria identità personale e ridotto ad una mera cifra statistica o ad oggetto di interesse economico».

Non lasciar soli i Paesi che rispondono all’emergenza

Il problema migratorio «è una questione che non può lasciare alcuni Paesi indifferenti, mentre altri sostengono l’onere umanitario» di «un’emergenza che non sembra aver fine». Tutti – afferma il Pontefice – dovrebbero concorrere «al bene comune internazionale». Bergoglio ringrazia i «tanti Paesi» che accolgono con generosità, citando l’Italia, la Germania, la Grecia e la Svezia. E ricorda anche l’accoglienza offerta da Libano, Giordania, Turchia, «come pure l’impegno di diversi Paesi» in Africa e Asia. Ricorda quindi le «migliaia di migranti dell’America Centrale, che patiscono terribili ingiustizie e pericoli» e sono «vittime di estorsione e oggetto di quel deprecabile commercio – orribile forma di schiavitù moderna – che è la tratta delle persone».

La pace passa per lo sviluppo

Nemica della pace, afferma Francesco, è «una visione ridotta dell’uomo, che presta il fianco al diffondersi dell’iniquità, delle disuguaglianze sociali, della corruzione». «Il cammino della pace – aggiunge citando l’enciclica “Populorum Progressio” di cui ricorre il cinquantesimo – passa attraverso lo sviluppo»  che le autorità pubbliche hanno l’onere di incoraggiare e favorire, creando le condizioni per una più equa distribuzione delle risorse». Nel mondo «ci sono ancora troppe persone, specialmente bambini, che soffrono ancora per endemiche povertà e vivono in condizioni di insicurezza alimentare – anzi di fame –, mentre le risorse naturali sono fatte oggetto dell’avido sfruttamento di pochi ed enormi quantità di cibo vengono sprecate ogni giorno. Ritengo prioritaria la difesa dei bambini, la cui innocenza è spesso spezzata sotto il peso dello sfruttamento, del lavoro clandestino e schiavo, della prostituzione o degli abusi degli adulti, dei banditi e dei mercanti di morte».

Siria, Corea e la rincorsa agli armamenti

Francesco si appella alla comunità internazionale «perché si adoperi con solerzia per dare vita ad un negoziato serio» per far terminare il conflitto in Siria, che sta provocando «una vera e propria sciagura umanitaria». Ciascuna delle parti in causa «deve ritenere come prioritario il rispetto del diritto umanitario internazionale, garantendo la protezione dei civili e la necessaria assistenza umanitaria alla popolazione». Il Papa torna a chiedere di «debellare il deprecabile commercio delle armi e la continua rincorsa a produrre e diffondere armamenti sempre più sofisticati». «Notevole sconcerto- continua – destano gli esperimenti condotti nella penisola coreana, che destabilizzano l’intera regione e pongono inquietanti interrogativi all’intera comunità internazionale circa il rischio di una nuova corsa alle armi nucleari». Il Papa ricorda che «anche per quanto riguarda gli armamenti convenzionali, occorre rilevare che la facilità con cui non di rado si può accedere al mercato delle armi, anche di piccolo calibro», oltre ad aggravare i conflitti, «produce un diffuso e generale sentimento di insicurezza e di paura, tanto più pericoloso, quanto più si attraversano momenti di incertezza sociale e cambiamenti epocali».

L’ideologia che fomenta disprezzo e odio

Nemica della pace, dice Bergoglio, «è l’ideologia che fa leva sui disagi sociali per fomentare il disprezzo e l’odio e che vede l’altro come un nemico da annientare. Purtroppo nuove forme ideologiche si affacciano continuamente all’orizzonte dell’umanità. Mascherandosi come portatrici di bene per il popolo, lasciano invece dietro di sé povertà, divisioni, tensioni sociali, sofferenza e non di rado anche morte». Servono invece solidarietà, volontà di dialogo e «la collaborazione, che trova nella diplomazia uno strumento fondamentale». La Santa Sede si impegna con convinzione per «scongiurare i conflitti» e per «accompagnare processi di pace». Francesco cita gli esempi positivi di Cuba e Stati Uniti, e della Colombia. Chiede «gesti coraggiosi» per il Venezuela e per il Medio Oriente, «non solo per porre fine al conflitto siriano, ma anche per favorire società pienamente riconciliate in Iraq e in Yemen».

Israele e Palestina, pace e due Stati

La Santa Sede, afferma il Papa, «rinnova inoltre il suo pressante appello affinché riprenda il dialogo fra israeliani e palestinesi perché si giunga ad una soluzione stabile e duratura che garantisca la pacifica coesistenza di due Stati all’interno di confini internazionalmente riconosciuti. Nessun conflitto può diventare un’abitudine dalla quale sembra quasi che non ci si riesca a separare. Israeliani e palestinesi hanno bisogno di pace. Tutto il Medio Oriente ha urgente bisogno di pace!». Francesco auspica poi «la piena attuazione gli accordi volti a ristabilire la pace in Libia» e «ogni sforzo a livello locale e internazionale per ripristinare la convivenza civile in Sudan e in Sud Sudan, nella Repubblica Centroafricana», chiedendo anche alle autorità politiche in Congo di «favorire la riconciliazione e il dialogo fra tutte le componenti della società civile». E chiede che «non si manchi di assistere coloro che ne hanno grave e urgente necessità» in Myanmar.

L’idea di Europa e le spinte disgregatrici

Il dialogo, afferma Bergoglio, è l’unica via per garantire la sicurezza e lo sviluppo anche in Europa. Il Papa guarda con favore alle iniziative per la riunificazione di Cipro e auspica che «in Ucraina si prosegua con determinazione nella ricerca di soluzioni percorribili per la piena realizzazione degli impegni assunti dalle Parti e, soprattutto, si dia una pronta risposta alla situazione umanitaria». L’Europa, spiega Francesco, «sta attraversando un momento decisivo della sua storia, nel quale è chiamata a ritrovare la propria identità». Deve «riscoprire le proprie radici per poter plasmare il proprio futuro. Di fronte alle spinte disgregatrici, è quanto mai urgente aggiornare “l’idea di Europa” per dare alla luce un nuovo umanesimo basato sulla capacità di integrare, di dialogare e di generare , che hanno reso grande il Vecchio Continente». Il processo di unificazione europea «è stato e continua ad essere un’occasione unica di stabilità, di pace e di solidarietà tra i popoli»: la Santa Sede è preoccupata «per l’Europa e per il suo futuro». Infine, il Papa parla dell’importanza della cura del creato, cita l’accordo di Parigi sul clima e auspica una «sempre più vasta cooperazione» per fronteggiare i cambiamenti climatici. E ricorda le calamità naturali, come in terremoti in Ecuador, Italia e Indonesia, augurando che la solidarietà «che ha unito il caro popolo italiano continui ad animare l’intera nazione, soprattutto in questo tempo delicato della sua storia».

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