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Come si manifesta il disturbo ossessivo compulsivo in ambito religioso?

peccato senso di colpa – sin guilt

Stefan Ivanovic / Shutterstock

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 09/01/17

Lo psichiatra Poli: la scrupolosità religiosa si manifesta con il timore ossessivo di commettere peccato

Il Disturbo Ossessivo Compulsivo (conosciuto con l’acronimo DOC) è caratterizzato da una generica tendenza al rimuginare e a voler controllare compulsivamente (cioè in maniera non del tutto volontaria) le azioni o i pensieri che ci riguardano (La Stampa, 24 novembre).

Esistono persone che soffrono di DOC che sentono l’impulso irresistibile di controllare e ricontrollare l’efficacia di un atto svolto («Chissà se ho chiuso a chiave la porta di casa?» seguito da un controllo magari ripetuto più di tre volte), così come individui che sentono di essere poco sicuri a riguardo di pensieri fatti (si sentono terribilmente combattuti prima di una scelta, e dopo averla fatta, il pensiero che quella scelta possa non essere quella giusta diventa disturbante e ossessionante. Oppure sono dubbiosi rispetto alle proprie percezioni, e non si sentono sicuri di ciò che hanno visto o sentito, fino a farne un’ossessione).

SCRUPOLOSITA’ RELIGIOSA

Come si manifesta il disturbo ossessivo compulsivo in ambito religioso, nelle pratiche di fede? Lo psichiatra Gianfranco Poli premette ad Aleteia: «In diversi casi, il “disturbo ossessivo compulsivo” , interessa diversi ambiti, tra cui quello religioso; giustamente asserisce il dottor Daniele Bruni in un suo esaustivo contributo , che l’espressione più ricorrente e comune, è soprattutto la “scrupolosità”, con sensi di colpa e paure legate alla sfera etica e religiosa».

PAURA IRRAGIONEVOLE DEL PECCATO

Secondo Poli, «la “scrupolosità”, il DSM (il manuale ufficiale di psichiatria ndr) la valuta come un disturbo che provoca un disagio significativo e una marcata compromissione nell’adattamento sociale nelle persone che ne sono affette. Si tratterebbe quindi di uno stato abituale della mente che, a causa di una costante paura irragionevole del peccato, porta la persona a giudicare certi pensieri o azioni come peccaminosi o sbagliati anche quando in realtà non lo sono».

IMPALCATURA RELIGIOSA

Non bisogna sottovalutare, prosegue lo psichiatra, che «la “scrupolosità religiosa” può esprimersi attraverso qualsiasi pensiero, immagine, sentimento, luogo, persona, ecc.; in alcuni casi è alla base dell’ossessione. Le persone che soffrono di questo disagio, cercano di costruirsi attorno un’impalcatura di elementi di “perfezione” legati alla religione, in particolare ad una forma di rigore morale ed etico».

RIGIDI DETTAMI

Ciò che è maggiormente distorto «è che confondono i principi cristiani contenuti nella Parola di Dio e nella tradizione ecclesiale, come rigidi dettami a cui attenersi senza nessuna libertà critica; per questi soggetti prevale l’eseguire i contenuti, senza entrare nel cuore della Divina Rivelazione, la quale è una strada comune che Dio nel Figlio vuole compiere con ogni creatura».

COME OTTENERE SOLLIEVO

Nel momento che non attuano ciò che per loro è determinante, «il senso di colpa – evidenzia Poli – è tale che insieme all’ansia diventa una continua minaccia e paura di incorrere nella punizione divina per aver violato anche solo uno solo dei “precetti religiosi”. In preda a tali emozioni il soggetto avverte il bisogno impellente di adottare tutte le azioni compulsive per ricavare una sensazione di sollievo».

ESEMPI DI PENSIERI OSSESSIVI

La “scrupolosità religiosa” può esprimersi, prosegue lo psichiatra, «attraverso qualsiasi pensiero, immagine, sentimento, luogo, persona, che fornisca uno spunto per scatenare l’ossessione; qualche esempio: pensieri ripetitivi circa la possibilità di aver commesso un peccato, preoccupazione esagerata di esser stato blasfemo; paura eccessiva di avere offeso Dio; attenzione eccessiva e ricerca di perfezione religiosa, morale, e/o etica; paura eccessiva di non riuscire a mostrare una corretta devozione a Dio; timori ripetuti di andare all’inferno o di essere condannati alla dannazione eterna; paura eccessiva di aver agito in contrasto con le proprie personali morale, valori, o etica».

PAURA DI DELUDERE DIO

L’individuo che vive questa “forma disturbata” di religiosità, rivela di avere un’insufficiente formazione cristiana. «In questi casi, la relazione con Dio è dominata dalla paura di deluderlo; più che un Padre e un Giudice severo, che controlla ogni movimento ed è pronto ad intervenire con punizioni e disgrazie. Si crea un rapporto che ha i caratteri della “dipendenza” e non della “figliolanza”».

“REGOLA DI VITA”

Normalmente la persona “scrupolosa” si crea una propria “regola di vita”, «una propria rilettura della Parola di Dio e della Chiesa – sottolinea Poli – basata sulle proprie esperienze, senza nessuna possibilità di uscita. E’ legata a tradizioni, riti ripetitivi, novene, preghiere ai diversi Santi; più con la preoccupazione del “dire formule” che del “vivere” il progetto di vita cristiana di queste donne e uomini che hanno invece vissuto una forte esperienza di comunione liberante e sanante».

In questi casi la “scrupolosità” «è una malattia fisica e morale, che altera la relazione filiale con il Padre, privilegiando l’eccessivo senso di colpa e di responsabilità, portando ad un comportamento “compulsivo” e al confessarsi più volte e con insistenza, con il timore di meritare una punizione perché non hanno tenuto fede a quel “particolare” impegno».

INSENSIBILI ALLE RASSICURAZIONI

La “ricerca compulsiva” della confessione religiosa è vista come «un meccanismo per risolvere i propri sentimenti di angoscia e ripristinare il proprio rapporto con la divinità, mettendo a dura prova l’infinita pazienza dei propri padri spirituali».

Tuttavia, la scrupolosità di questi pazienti «può lasciarli quasi completamente insensibili alle rassicurazioni dei propri confessori religiosi o spirituali, come nel caso dell’ipocondria dove anche le rassicurazioni dei servizi professionali medici possono fornire soltanto un sollievo temporaneo».

“RUMINAZIONE MORALE DOLOROSA”

Allo stesso modo, continua Poli, «i sentimenti soggettivi di colpa spesso guidano altri tipi di comportamento, come la “preghiera compulsiva”, la quale assomiglia più ad un particolare tentativo di impedire il verificarsi di una qualche catastrofe non meglio definita, che ad un autentico pentimento consapevole».

«Preoccupa la “ruminazione morale dolorosa” delle persone con il DOC, le quali arrivano a lunghi periodi di sofferenza, sia fisica che mentale; con un vero e proprio disagio».

LA CURA

Le persone affette da questi “disturbi” possono ricorrere alle cure dei terapeuti, «con l’obiettivo di aiutare il paziente a tornare a praticare la propria religione con serenità, piuttosto che per l’esclusiva paura di una ritorsione divina».

I pazienti con scrupolosità, conclude lo psichiatra, «hanno bisogno di comprendere chiaramente le differenze tra una “pratica religiosa normale” e una “patologica”, e deve essere chiarito con il paziente che l’unico scopo del trattamento è quello di ripristinare un sereno e normale rapporto con la propria religiosità».

IL MESSAGGIO DI AMORIS LAETITIA

Ha ragione Papa Francesco quando scrive: “Ampiezza mentale, per non rinchiudersi con ossessione su poche idee, e flessibilità per poter modificare o completare le proprie opinioni. È possibile che dal mio pensiero e dal pensiero dell’altro possa emergere una nuova sintesi che arricchisca entrambi. L’unità alla quale occorre aspirare non è uniformità, ma una “unità nella diversità” o una “diversità riconciliata” (Amoris Laetitia, n. 139).

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