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Brasile, il vescovo Verzeletti: senza Vangelo domina la violenza

Vatican Insider - pubblicato il 02/01/17

«Vieni, Signore, a salvarci». È il ritornello del salmo 145 che ritorna più volte nelle preghiere di monsignor Carlo Verzeletti, vescovo di Castanhal in Brasile, di fronte all’impressionante escalation di violenza che attraversa la sua Diocesi. Prima un’insegnante, catechista della parrocchia di Villa Nova, è stata violentata, ammazzata, tagliata a pezzi e bruciata da un collega. Poi due adolescenti di Bom Fim, sorpresi a rubare una moto, sono stati fermati da un gruppo di persone: uno è stato arso vivo, l’altro è stato ritrovato senza vita in un bosco. «Dov’è andata a finire – afferma Verzeletti – la misericordia predicata incessantemente durante questo Anno Santo? Perché fare giustizia con le proprie mani?». Anche per questo il Vescovo ha deciso di celebrare lì la messa della notte di Natale «per incontrare e ascoltare le famiglie ferite, consolarle e pregare con loro e per le vittime».  

Sempre in queste settimane, a Deolandia (città di Dio), è stata rinvenuta una fossa con i corpi tagliati a pezzi di una donna e di due bambini. «Non posso non pensare – continua – agli innocenti, ai bambini falciati dalle guerre, sepolti sotto le macerie delle case, delle scuole e degli ospedali bombardati, vittime del terrorismo, del narcotraffico, dalla fame, divorati dalle acque del mare mentre fuggono in cerca di pace. Fino a quando, Signore? Non capisco. Vieni, Signore, a salvarci». Sempre a Villa Nova un ragazzo, impegnato in parrocchia, mentre tentava di dividere due litiganti, ha avuto la peggio colpito da un proiettile. «Non solo in Siria si ammazza ogni giorno, ma anche da noi. Il 12 dicembre, nell’Istituto di Medicina Legale, c’erano tredici corpi di giovani morti violentemente».  

Difficile comprendere le cause. «Pensiamo che i colpevoli siano sempre gli altri. Cosa non ho fatto perché queste barbarie accadessero? Che vescovo, pastore, padre e fratello sono io? Noi sacerdoti abbiamo trascurato e abbandonato i fratelli e le sorelle che il Signore ci ha affidato, lasciandoli in balia dei loro istinti e delle loro passioni, senza offrire loro la Buona Notizia del Vangelo, il pane della misericordia, la nostra vicinanza e solidarietà?».  

Monsignor Verzeletti con umiltà riconosce gli errori della Chiesa. «Anche noi siamo un po’ colpevoli. La nostra assenza, o poca presenza, nelle comunità porta le sue conseguenze. Là dove non annunciamo e testimoniamo il Vangelo con la vita, là dove manca il Vangelo, la dignità dell’uomo è diminuita, calpestata, disprezzata. La vita sembra non avere nessun valore. Si ammazza per niente. Impera la legge del più forte. L’uomo diventa un lupo che sbrana senza pietà. L’assenza del vangelo causa violenza, divisione, ingiustizia, corruzione e morte. Senza Dio i rapporti con le persone vengono stravolti. Gli altri non sono riconosciuti e accolti come fratelli e figli di Dio».  

Il Vangelo quando è accolto ci aiuta a riconoscere la violenza che portiamo dentro di noi e ci guarisce con la misericordia di Dio. E questa è la lezione che arriva dal marito e dalla figlia della catechista uccisa: hanno scelto di non gridare vendetta, ma hanno mescolato in silenzio il pianto e la preghiera. Resta il problema di un tessuto familiare lacerato.  

«Genitori assenti, figli abbandonati a se stessi, non amati, soffocati con false premure o riempiti di tante cose futili. Illusi dalle droghe e dai soldi facili. Davanti a questo contesto di crisi spirituale, morale, sociale e economica siamo chiamati a rompere il cerchio della paura, del sospetto, dell’istinto violento e collettivo che porta a fare giustizia con le proprie mani». Come dice il Papa: «Dobbiamo percorrere il sentiero della non violenza in primo luogo all’interno della famiglia».  

Ecco perché la Diocesi ha scelto, per il 2017, di accompagnare «con maggior attenzione la famiglia e in particolare i genitori. Soprattutto quelli che passano maggiori difficoltà. Visitandoli nella loro casa, ascoltando, consolando, incoraggiando, condividendo con loro la nostra esperienza di fede».  

Senza trascurare l’aspetto sociale. «Con la Scuola delle Arti São Lucas, pensata e voluta per i ragazzi, adolescenti e giovani che vivono in situazioni di esclusione sociale, stiamo offrendo diversi corsi professionalizzanti con l’intento di aiutarli a scoprire, potenziare e sviluppare il proprio talento. E soprattutto vogliamo dare impulso alla loro autostima, al rispetto per se stessi e per gli altri, alla dimensione interiore luogo dell’incontro con Dio». 

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