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Quando la nonviolenza ha cambiato la storia

Vatican Insider - pubblicato il 01/01/17

La gente di Manila procede in massa, disarmata, verso i soldati con il fucile spianato. Prega, canta, sorride o volge gli occhi al cielo. Ed ecco l’inatteso: la guardia presidenziale si lascia sopraffare dall’ondata pacifica di giovani, donne e bambini innocenti che avrà il potere di liquidare un regime e riportare la democrazia nelle Filippine. Siamo nel 1986, in quella che passerà alla storia come la «rivoluzione nonviolenta» che mette fine alla feroce dittatura di Ferdinando Marcos. Le radici di tale azione, dove i deboli sconfiggono i potenti, sta in un lavorio di educazione collettiva e popolare sul tema della «nonviolenza evangelica», la cosiddetta «nonviolenza attiva». 

A promuovere i seminari di teoria e pressi della nonviolenza nelle periferie di Manila è una coppia di coniugi europei: Jean Goss (1912-1991), cattolico francese, e sua moglie, l’austriaca Hildegard Mayr (1930 – ). Due persone che hanno scoperto (Goss nell’esperienza dei campi di concentramento nazista) e approfondito nel Movimento internazionale per la riconciliazione (Mir) le dinamiche spirituali e relazionali della nonviolenza. E che, folgorati, ne hanno fatto la loro ragione di vita. 

Una dinamica, quella della nonviolenza, che torna oggi prepotentemente di attualità, grazie al messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale della pace che si celebra il 1° gennaio 2017, titolato «La nonviolenza: stile di una politica per la pace».  

Quella forza che già profeti come Gandhi e Martin Luher King avevano ampiamente predicato, assume nella riflessione di Goss e Mayr una connotazione nuova perchè i due hanno l’intuizione di innestarla sul Vangelo: diventa nonviolenza propriamente «evangelica» e viene declinata, nelle sue radici e implicazioni psicologiche, sociali e politiche, in seminari teorico-pratici in cui si può sperimentare cosa vuole dire promuovere una azione nonviolenta. 

Nella connotazione evangelica, essa prende le mosse dal considerare la sacralità di ogni vita, anche di quella del proprio nemico, e nel riconoscere in lui il germe divino. Anche l’aggressore – spiegano Goss e Mayr nei loro seminari – è un figlio di Dio, è una creatura fatta «a sua immagine», e ha una dignità inestimabile che va riconosciuta, anche a costo della propria vita. 

«I due pilastri della nonviolenza sono il perdono e l’amore per il nemico», dice Goss, parlando a quel nucleo di umanità presente in ogni uomo. «Bisogna credere che gli uomini hanno un cuore e una coscienza, anche i peggiori». Lì punta la nonviolenza «attaccando la coscienza, l’anima e il cuore, mai il corpo», aggiunge. 

Il nonviolento – spiega Goss, riferendosi spesso alla sua passata esperienza militare – non è altro che «un violento che ha scoperto l’amore di Dio e che vive il Vangelo sine glossa, mettendo in pratica il comandamento “amate i vostri nemici”» e dichiarandosi pronto a morire, pur di rispettare fino in fondo la vita del proprio nemico. 

E’ proprio quanto ribadisce il messaggio di Papa Francesco quando afferma che il passo evangelico dell’amore al nemico è «la magna charta della nonviolenza cristiana» e consiste «nel rispondere al male con il bene, spezzando in tal modo la catena dell’ingiustizia».  

Questo amore, spiegano Goss e Mayr, ha una forza soprannaturale, incomprensibile razionalmente: un forza che, in virtù della grazia di Dio, ha il potere di cambiare i cuori, di commuovere i violenti e di convertirli. Da qui l’aggettivo «attiva» che connota la nonviolenza evangelica, adeguato a spiegare che si tratta di una forza autenticamente trasformatrice, in quanto diretta espressione della stessa esperienza di Cristo.  

Chi sceglie questa strada, infatti, fa suo l’atteggiamento dell’Agnello immolato che non condanna ma ama e perdona i suoi persecutori. Che la sceglie assume quella debolezza che, come dice san Paolo, diventa forza perchè confida unicamente nella forza della grazia di Cristo. La nonviolenza, come la propone Jean Goss, si identifica così perfettamente con la stessa croce di Cristo. 

Come forza che viene dall’alto e non dall’uomo, la nonviolenza, spiegano Jean Goss e Hildegarde Mayr, ha potuto cambiare la storia umana. I due coniugi, maturata questa profonda convinzione spirituale, si sono dedicati anima e corpo, per tutta la vita, a promuovere laboratori esperienziali di «nonviolenza attiva», rivolti in primis a educatori, docenti, membri di organizzazioni della società civile. 

Questo approccio, se diffuso a livello capillare, può generare un cambiamento della realtà sociale e politica. Con questa consapevolezza i coniugi Goss-Mayr hanno girato il mondo insegnando la nonviolenza prima in Europa, in contesti conflittuali come Irlanda e nei Balcani, poi in Africa meridionale, Libano, America Latina, offrendo un contributo prezioso nei processi che hanno liberato, pacificamente da governi oppressivi la Polonia, le Filippine, le nazioni dell’Europa dell’Est (fino alla caduta del muro di Berlino), ma anche Centrafrica e Congo. 

Ispirando migliaia di battezzati a vivere il Vangelo in maniera profonda, Goss e Mayr li hanno aiutati a scoprire che il suo nucleo è essenzialmente nonviolento e che la pace è un aspetto costitutivo della fede cristiana. 

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