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Il miglior proposito per l’anno nuovo è quello di questo nonno

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Orfa Astorga - pubblicato il 28/12/16

Le persone si purificano da dentro...

A 35 anni la mia vita era un disastro. D’accordo, da un punto di vista economico e professionale stava andando bene, ma avevo dei vizi, ero infedele e molto orgoglioso, e il mio matrimonio stava andando in frantumi. Nonostante ciò, i rimasugli di bontà rimasti nel mio cuore facevano sì che la mia coscienza non mi desse pace, mi sentivo affondato nel fango, disgustato. Così tanto che non volevo partecipare alla grande festa di famiglia di fine anno. Ma ricevendo molte insistenze, l’ho fatto.

La grande riunione di tutti i miei fratelli e le loro famiglie era nella casa di mio padre, dove tra un brindisi e l’altro si ascoltavano i soliti propositi per il nuovo anno: dieta, esercizio fisico, risparmiare, un corso di lingua, un certo progetto… Quando è toccato a mio nonno, con un sorriso amichevole ci ha detto: “Ho un solo scopo: vivere, se Dio vuole, un altro anno, per amarlo di più e meglio”.

Nessuno dubitava delle sue parole. La verità è che in altre circostanze, ci aveva detto con calma che Dio l’avrebbe potuto prendere in qualsiasi momento.

Mio nonno, abbastanza anziano, era vedovo da molto tempo e avevamo percepito che con l’inevitabile declino della senilità a poco a poco il suo sguardo si stava affievolendo rispetto agli interessi della vita, mentre i tratti della sua personalità amabile e tranquilla si erano accentuati ulteriormente, perché aveva imparato a capire le persone, perdonare e dimenticare gli errori e i torti ricevuti.

Era un soldato della vecchia guardia ben lungi dal deporre le armi. Ciò è diventato ancora più chiaro durante la prima mattina del nuovo anno, quando ho accettato il suo invito a fare colazione da soli per poi fare la solita chiacchierata passeggiando nel piccolo giardino della sua casa al quale dedicava molta cura.

Conoscendolo, sapevo che l’invito non era stato casuale in quanto seguiva da vicino la vita di tutta la famiglia, così ho pensato di cogliere l’occasione per discutere con lui di tutto e sfogarmi senza giustificazioni; ero in attesa di un rimprovero o di una serie di benintenzionati dotti consigli, ma non è stato così.

Quello che ha fatto è stato aprire il suo cuore per dirmi cose che sinceramente ignoravo sul lato oscuro della sua esistenza. È stato un atto di grande umiltà perché sapeva che lo tenevo su un piedistallo.

Mi ha detto che alcune volte nella sua vita era passato per situazioni simili alle mie: si era comportato così male che aveva perso quasi tutto, compreso l’amore della nonna; che il pozzo al quale attingeva per dissetare la sua sete di libertà e di pace interiore lo aveva inondato di marciume.

Mi disse che questo pozzo era nel profondo del suo cuore.

Un giorno, in mezzo al rumore squallido dei mille demoni che lo perseguitavano, aveva sentito una voce che gli chiedeva di non perdere la speranza e di tornare per pulire il pozzo. In un primo momento fu stato terribile, perché più scavava più trovava foglie morte, pietre, fango e ancora fango con i peggiori rifiuti.

Quando era sul punto di rinunciare, ancora una volta aveva sentito il nitido sussurro della voce che lo incoraggiava a continuare.

Dopo tanto lavoro e sofferenza, il fondo del pozzo era diventato privo di impurità e improvvisamente era sgorgata di nuovo l’acqua cristallina che aveva sognato.

A questo punto, mio nonno è rimasto in silenzo.

Cominciavo a capire…

Mio nonno mi stava parlando del confronto doloroso che si può verificare in alcune persone quando scoprono, guardando dentro il proprio cuore, che il pozzo precedentemente tenuto pulito e puro e che calmava la sete, è invaso da cose vergognose, travolgenti e sporche.

Ma se lo si fa, superando la paura di confrontarsi con se stessi, si è in grado di ripulirlo, anche con le lacrime agli occhi, e se necessario con le proprie mani, senza lasciarsi abbattere dalla disgustosa sporcizia.

Se si persevera, allora verrà il tempo in cui ci si libererà da quelle ferite psichiche radicate che si trovano più in profondità, i peccati, i vizi e gli errori, per tornare a far zampillare di nuovo la fonte che deve cancellare tutto mitigando la sete, e che non è altro che la presenza di Dio nel cuore.

Mio nonno con voce profonda e chiara ha continuato a dire che le persone non vengono purificate dall’esterno, ma dall’interno, non tanto tramite lo sforzo morale che si applica, ma perché in questa forma si scopre quella presenza intima e divina che ci fa tornare dare tutto il cuore.

Mi ha detto che da allora ha imparato a vivere non attraverso ferite psichiche periferiche – le paure, l’amarezza, l’aggressività, la concupiscenza – ma dal profondo del suo cuore, dove si possono trovare sicurezza e fiducia nell’amore di Dio Padre.

Ha concluso dicendo, con la pace che si rifletteva sul suo volto, che si stava inesorabilmente avvicinando alla morte, che aveva accettato ed amato perché comprendeva di essere sulla soglia di una nuova vita, di un cambiamento di casa, del momento di lasciare il mondo e coloro che lo avevano accompagnato.

Mi ha detto che in questa fase solo Dio avrebbe potuto prenderlo per mano e che per questo motivo il proposito per l’anno nuovo era davvero quello di crescere nella speranza, chiedendo l’immeritata grazia della perseveranza finale.

Mio nonno, con speranza radicale, ha espresso il miglior proposito e mi ha aiutato a capire che il mio doveva essere quello di iniziare a scavare nel pozzo del mio cuore.


Testimonianza raccolta da Despacho pro familia

Di Orpah Astorga Lira, Master in matrimonio e della famiglia, Università di Navarra.

Scrivi a: consultorio@aleteia.org


[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

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