Una leggenda ambientata in Francia nel ‘600 racconta di un episodio avvenuto nel castello di TrinquelageUna leggenda ambientata la notte di Natale nella Francia del ‘600. Siamo nel castello di Trinquelage e i protagonisti sono il cappellano e il suo chierichetto, che stanno per officiare le tre sante messe della notte del 24 dicembre.
La leggenda è raccontata in “Giorni di Natale” (Lindau) e si intitola “Le tre messe basse di Natale” di Alphonsine Daudet.
IL MANTRA DI GARRIGOU
Il reverendo don Balaguère, già priore dei Barnabiti, all’epoca cappellano dei signori di Trinquelage, e il suo chierichetto Garrigou, sono pronti per celebrare la prima delle tre messe natalizie. Ma quella notte il diavolo si impossessa del chierichetto. Garrigou, infatti, ripeteva al cappellano le pietanze così gustose della cena che avrebbero consumato al termine delle tre messe in programma. Lo faceva in modo insistente, continuo, quasi ipnotico da turbare don Balaguere.
“FAREMO UN BUON CENONE DOPO LA MESSA”
Il castello costituiva la meta, con la sua massa enorme di torri e pinnacoli, con il campanile della cappella che svettava, di tantissime gente, che lo raggiungeva apposta per partecipare ai riti di Natale nella cappella. Per arrivare alla cappella bisognava attraversa la prima corte, dove intanto fervevano i preparativi per il banchetto a cui avrebbero preso parte il cappellano e il chierichetto. «Che buon cenone faremo dopo la messa!», ripeteva Garrigou sia a don Balaguere sia a tutte le persone che incontrava.
LA PRIMA MESSA
Comincia la prima messa. Il campanello di Garrigou, inizia a sortire il suo effetto: quel rabbioso campanellino che si agita ai piedi dell’altare con una precipitazione infernale e sembra dire in continuazione: «Sbrighiamoci, sbrighiamoci… Prima avremo finito, prima saremo a tavola».
Il fatto è che, ogni volta che squilla questo campanello del diavolo, il cappellano dimentica la messa e non pensa che al banchetto. Ha davanti agli occhi i cuochi in agitazione, i fornelli in cui arde un fuoco da fucina, il vapore che sale dalle pentole socchiuse e, in quel vapore, due magnifici tacchini, ripieni, dalla pelle ben tesa, variegati di tartufi.
LA TENTAZIONE DI BALAGUERE
La visione di queste meraviglie è così vivida che a don Balaguère sembra che tutti quei piatti mirabolanti siano serviti davanti a lui, sui ricami della tovaglia dell’altare, e, due o tre volte. Sbaglia anche a recitare alcuni passi della messa al solo pensiero! Tutto sommato la prima messa finisce bene, a parte i lievi sbagli.
«E una!» mormora il cappellano con un sospiro di sollievo; poi, senza perdere un minuto, fa segno al chierico, o a quello che lui crede sia il suo chierico, e…
“Dilin! Dilin! Dilin! Dilin!”. Comincia la seconda messa, e con questa seconda messa comincia anche il peccato di don Balaguère.
LA SECONDA E LA TERZA MESSA
«Svelto, svelto, sbrighiamoci» gli grida con la sua vocetta acuta il campanello di Garrigou; e questa volta lo sciagurato celebrante, completamente in preda al demone della golosità, si getta sul messale e divora le pagine con l’avidità del suo appetito sovreccitato.
Peggio ancora fa durante la terza messa! Balaguere è nel panico, pensa al cibo, e il campanellino lo stordisce ancora peggio. Salta stralci della liturgia, mangia le parole, è velocissimo nel leggere i versetti. Bisogna vedere la faccia stravolta di tutti i presenti! Costretti a seguire nella mimica del prete questa messa di cui non capiscono una parola.
IL SOLLIEVO DEI FEDELI
In fondo in fondo, però, a tutte quelle brave persone non spiace che la messa corra spedita, anche loro pensano al banchetto che li aspetta; e quando, con il viso raggiante, don Balaguère si volta verso i fedeli gridando con tutte le sue forze: ite missa est, un coro unanime gli risponde un deo gratias così gioioso, così trascinante, che si direbbe di essere già a tavola, al primo brindisi della cena.
LA MORTE DEL CAPPELLANO
Cinque minuti dopo, la folla dei signori sedeva nella grande sala e tra di loro c’era il cappellano. Il povero sant’uomo tanto bevve e mangiò che nella notte gli venne un colpo e morì senza neppure avere il tempo di pentirsi.
Poi, al mattino, arrivò in cielo ancora tutto scombussolato per i bagordi della notte, e vi lascio immaginare come fu accolto. «Via, non voglio vederti, cattivo cristiano!» gli disse il Sommo Giudice, signore di noi tutti. «La tua colpa è abbastanza grande da cancellare tutta una vita di virtù… Ah, tu mi hai rubato una messa di mezzanotte… Ebbene, in cambio me ne renderai trecento e non entrerai in paradiso fino a quando non avrai celebrato, nella tua cappella, queste trecento messe di natale alla presenza di tutti coloro che hanno peccato per colpa tua e insieme a te…».
QUEI RINTOCCHI NELLA NOTTE DI NATALE
Ecco la vera leggenda di don Balaguère, così come la raccontano nel paese delle olive. Oggi il castello di Trinquelage non esiste più, ma la cappella è ancora in piedi sulla cima del monte Ventoux in una macchia di lecci.
Nelle notti di Natale, si racconta in paese, ancora si sente scampanellare da quella cappella il richiamo all’adunata per le messe di Natale.
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