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L’uomo che decideva rinunciando per amore

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 20/12/16

Il suo silenzio è stato il passo più grande che ha compiuto in vita sua

San Giuseppe è il protagonista della Quarta Domenica d’Avvento: “Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto”. È la sua notte oscura. In mezzo alla notte dubita e ha paura. Non comprende. Vuole confidare ma non ci riesce. Non c’è spiegazione per ciò che è accaduto. Maria rimane in silenzio. Giuseppe la guarda negli occhi.

Comprendo la sua lotta umana. Il suo cuore si spezza. Che notte oscura! Quando tutto ciò in cui credi smette di essere evidente e non c’è nulla che sia chiaro. Solo silenzio di fronte a molte domande.

È notte. Giuseppe è solo davanti al cielo. Cosa si può fare? Deve denunciarla. È la Legge. Ma Giuseppe è buono. Ama Maria con purezza. Non può presentarla davanti a tutti come una peccatrice. Vuole proteggere il suo nome, il suo onore. Gli costa accettare che qualcuno pensi male di lei. Che la guardi con sospetto.

Penso a questa decisione tanto difficile. Così inizia il Vangelo di oggi. Non con un angelo, ma con una decisione umana presa in solitudine, nella notte dell’anima.

Mi stupisce la sua virilità. La sua integrità. La sua onestà. La sua verità. Il suo amore profondo per Maria. Quanto era buono Giuseppe! La sua bontà, la sua autenticità mi commuovono. Sicuramente Dio si è commosso davanti a Giuseppe.

Penso a quella donna che volevano lapidare perché adultera che Gesù ha salvato. Cosa sarebbe stato di Maria se Giuseppe l’avesse accusata? Ma Giuseppe non vuole far del male a Maria. Non può più vivere con lei per sempre come sognava. Quel figlio non è suo. E deve rinunciare all’amore della sua vita. Ai suoi sogni. A stare con lei.

Dubita? Teme? Confida? Forse un po’ di tutto questo. Maria era incinta. Che può fare? Decide di compiere un salto nella notte della sua anima. Vorrei prendere così le mie decisioni. Pensando a ciò che è meglio per l’altro e non a ciò che è meglio per me. Rinunciando per amore dell’altro. Pensando al suo bene.

È stata questa la misura di Giuseppe. Ha voluto il meglio per Maria. Non ha voluto la sua condanna. Quel silenzio di Giuseppe è stato il passo più grande che ha compiuto nella vita. Lo ha fatto senza comprendere. Lo ha fatto con un profondo dolore nell’anima.

E Dio non lo ha abbandonato. Lo ha riscattato nella sua caduta. Quando aveva rinunciato a tutto, Dio gli ha parlato.

Dio è così anche nella mia vita. Non mi delude mai. Mi viene incontro. La mia audacia lo commuove. Il fatto che rischi senza sapere bene le cose. Lo commuove che lo faccia per amore, prendendo come misura delle mie decisioni l’amore.

A volte non decido, non mi muovo, perché non sento Dio che mi dice cosa devo fare. Quante volte lo faccio? Non ascolto Dio e resto in silenzio.

Giuseppe guarda il suo cuore, non sente Dio ma decide, rischia. Dona la sua vita intera, la sua storia, per amore di Maria. Dio è lì. Dentro di lui. Non ha bisogno di un angelo per decidere di non fare del male a Maria. Di non esporla alla folla, alla rabbia, alla condanna pubblica.

Che coscienza ben formata! Che uomo integro! Quanto è grande il suo amore! Non dubita. Non pensa a sé, al suo buon nome. È un uomo buono, nobile, fedele. Un uomo integro, tutto d’un pezzo.

Il silenzio di Giuseppe mi commuove. Non dice niente. Non mette in discussione Dio. Non si ribella contro una cosa così ingiusta e dura. Decide con onestà nel suo cuore e rinuncia per amore ai suoi progetti.

Mi colpisce il valore della rinuncia e del sacrificio. Tante volte mi costa comprendere la rinuncia nella mia vita. Imparare a rinunciare è così importante? Credo che la mia rinuncia riempia di stelle il cielo.

A volte valorizzo poco il sacrificio e mi adagio. Penso che dare o non dare, tenere per sé o donare sia uguale. E penso a me con egoismo. Voglio il meglio per me. Voglio essere felice io. E vivo lasciandomi sfuggire opportunità per amare dal profondo.

La rinuncia mi rende più bambino, perché mi fa confidare in Dio, e mi rende più uomo, perché lavora il mio cuore. La rinuncia fa sempre male. Fa male rinunciare ai propri schemi, al proprio progetto, alla propria idea. Fa male quella rinuncia non cercata, richiesta dalla vita, dalle circostanze.

A volte rinuncio come dono d’amore per Dio. Mi sforzo. Rinuncio al cibo, ai miei capricci, alle mie dipendenze. È vero che lo faccio con amore. È un’offerta molto onesta e sincera. La rinuncia mi rende più libero.

Diceva padre Josef Kentenich: “Se non impariamo a rinunciare, a volte per dovere – ma anche volontariamente –, a quelle cose che possiamo permetterci, il legame con il lavoro e le persone non diventerà qualcosa che eleva il nostro cuore”.

Spesso la rinuncia arriva da sé nella mia anima in mezzo al mio cammino. Appare senza che la debba cercare.

Una persona pregava: “Signore, ti offro la mia rinuncia. Provo tanta nostalgia!
Mi sento così fuori luogo… E anche così mi parli sempre, mi dai libertà e mi rallegro. E non mi importa di provare nostalgia, fa parte della mia vocazione e di quello che Tu vuoi da me. La nostalgia mi riporta sempre dentro, verso di te, verso il luogo del mio cuore in cui mi aspetti, mi chiami, mi abbracci. La nostalgia mi ricorda chi sono e per cosa mi hai fatto. E mi aiuta, in qualche modo, a vivere più ‘dentro’. È bello. È la nostalgia dell’autunno, dei colori delle montagne. Di quella luce tra le foglie che mi piace in modo particolare. Non so, forse perché cambiano le foglie. Diventano calde. Voglio essere così”.

Spesso la nostalgia fa parte del cammino, della rinuncia. La nostalgia del cielo, della pienezza. La nostalgia che mi porto dentro, dove si trova Dio. La nostalgia che sboccia da quella rinuncia che richiede fiducia in Dio e abbandono.

Quella rinuncia mi riempie il cuore di nostalgia. Mi fa guardare a Dio pieno di anelito. La mia anima ha nostalgia dell’infinito. Sogno sempre più di quello che ho, e so che la mia rinuncia mi rende più libero dagli attaccamenti, dai progetti propri, dai capricci.

Ciascuno sa qual è la rinuncia che gli costa di più. Quella rinuncia quotidiana, non programmata, non pianificata. Quella che fa parte del mio cammino e che non ho cercato.

So che ogni volta che rinuncio per amore di Dio, ogni volta che bacio la rinuncia della mia croce, della mia malattia, della mia solitudine, della mia assenza, l’asperità della mia povertà, della mia austerità imposta, delle mie paure nella vita, ogni volta che abbraccio quella rinuncia inevitabile e offro un “Sì” allegro e fiducioso, in quel momento, ne sono certo, il cielo si riempie di stelle. Si riempie di luce e la mia vita è più chiara. Non ne dubito.

Voglio guardare Dio senza gli attaccamenti dei miei affetti disordinati. Rinuncio al mio cammino quando dono la mia vita a Dio. E lo faccio sempre nuovamente recitando il Padre Nostro. Dichiarandomi cristiano. Decidendo di amare Colui che è morto sulla croce per me.

Rinuncio a decidere. Rinuncio a stare dove forse vorrei stare. Come Giuseppe quella notte ha rinunciato a un’altra vita accanto a Maria prima di sapere cosa Dio gli chiedeva davvero.

E allora, dopo la decisione di Giuseppe nella notte, è arrivata la voce di Dio al suo cuore: “Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: ‘Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati’”.

In sogno Dio gli mostra un altro cammino inaspettato. Qualcosa di totalmente nuovo, che non conosceva. Dio gli parla nel cuore e resta al suo fianco. Gli comunica una verità che solo Maria conosceva.

Già prima lui aveva agito correttamente e aveva deciso di fare ciò che era giusto. Ora quella decisione non ha senso. Prima di sapere la verità aveva proceduto per amore. Ora che sa tutta la verità agisce mosso da un amore molto profondo e vero.

Il sogno cambia tutto. Maria non è colpevole. Maria è innocente, è pura, è di Dio… L’angelo conferma nel suo cuore quello che lui già sapeva. Di questo sono certo. Giuseppe amava tanto Maria… Credeva tanto in Lei da non poter dubitare della sua verità.

Ma non comprendeva nulla. Per questo ora l’angelo porta luce alla sua anima e conferma il suo desiderio più profondo. Maria è di Dio, appartiene completamente a Dio.

Sicuramente Giuseppe non capisce del tutto. Non sa bene dove si trovi lui stesso.

Non comprende quello che sta accadendo. È una cosa troppo grande. Ma si fida e rischia. Non riesce a capire tutto, ma è in grado di prendere una decisione ancora più audace della prima. Decide di prendere Maria a casa sua. Pronuncia il suo “Sì”davanti a Dio e si mette in cammino.

Giuseppe è un uomo di silenzi. Un uomo che parla più con i fatti che con le parole. Il suo “Sì” sono gesti concreti: “Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa”.

Obbedisce all’istante senza dubitare della parola di Dio. Si fida fino all’estremo. È il Dio che si abbassa per camminare con me. È quel Dio con noi. Quel Dio che decide con me. Mi ascolta. Io lo ascolto. Questo è il cammino umano che penso valga la pena di compiere.

Dio è già qui, al mio fianco, nel mio cuore, nel mio cammino. L’angelo parla a Giuseppe da parte di Dio. Ora ha già il cuore aperto per ascoltarlo. La decisione che aveva preso gli ha aperto il cuore e gli orecchi. E Dio allora lo calma, come fa sempre. Gli dice di non temere.

Lo ha detto anche a Maria. È questo che Dio mi dice ogni volta che viene da me e mi vede turbato. Mi dice di non temere perché è con me. Non mi lascerà mai. Mi abbraccia.

È quello che fa con Giuseppe. Gli toglie le paure. Lo esorta ad accogliere Maria e a prendersi cura di lei. Da quel momento la proteggerà non solo con i suoi silenzi, ma con il suo camminare al suo fianco ogni giorno, prendendosi insieme cura di Gesù.

Dio dà a Giuseppe la missione di dare il nome a Gesù. Gli sta dicendo che sarà il suo padre umano. Che sarà molto importante nella vita di Gesù e di Maria. Che sarà il loro custode fedele fino alla fine. Un padre necessario. Sarà una cosa sola con Maria. Sarà padre di Gesù. Sposo della Vergine.

Giuseppe tace, guarda, aspetta, non parla. Non fa domande come Maria. Non pronuncia il suo “Sì” con voce udibile. Obbedisce e basta. È l’unica cosa che ci dice Matteo. Fa quello che gli hanno detto di fare.

Maria dice: “Si compia in me la tua parola”. Si faccia come Dio le ha detto. Ma Giuseppe agisce. Fa quello che gli è stato chiesto. Lo rende carne. In silenzio. Non ha bisogno di altro. Compie fino al giorno della sua morte la missione di accogliere, custodire e amare Maria e Gesù.

Quanto si è fidato Dio di Giuseppe, di un uomo piccolo e fragile! Quanto si è fidato Giuseppe di Dio, nella sua impotenza, nel suo amore!

Vorrei decidere sempre come ha fatto Giuseppe. Senza pensare a me. Guardando il mio cuore. Guardando quello che mi grida l’anima nonostante le cose sembrino diverse. Guardando sempre il bene di quelli che amo e non tanto il mio.

Come prendo le mie decisioni? Decido pregando, lasciando che esca tutto quello che è in me? Dio è sempre più generoso. Risponde sempre alle mie suppliche. Non mi lascia mai solo.

Ma è vero che a volte devo compiere passi nella notte come li ha compiuti Giuseppe. Dio gli ha parlato di qualcosa che non rientrava nei suoi schemi, nella sua logica. Gli ha aperto il cuore a un cammino nuovo. E Giuseppe ha creduto, come Maria. Come un bambino fiducioso.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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