Bergoglio ha ricevuto in udienza i bambini e il personale sanitario dell’Ospedale Bambino Gesù di RomaLa Radio Vaticana riporta l’incontro:
Dà molta più gioia vivere “con il cuore aperto che con il cuore chiuso”. Davanti ai bambini e ai ragazzi che soffrono, ma che con forza e assieme gioia e dolcezza affrontano la loro esistenza e affidano al Pontefice le loro emozioni, Papa Francesco risponde con la sincerità che gli è propria. Valentina, un’infermiera, racconta di come chi lavori in ospedale abbia compiuto la scelta di stare lì: i piccoli pazienti e i loro genitori – spiega – non hanno invece la possibilità di scegliere. Francesco ammette che sui bambini che soffrono non ha una risposta:
“Nemmeno Gesù ha dato una risposta a parole. Di fronte ad alcuni casi, capitati allora, di innocenti che avevano sofferto in circostanze tragiche, Gesù non fece una predica, un discorso teorico. Si può certamente fare, ma Lui non lo ha fatto. Vivendo in mezzo a noi, non ci ha spiegato perché si soffre. Gesù, invece, ci ha mostrato la via per dare senso anche a questa esperienza umana: non ha spiegato perché si soffre, ma sopportando con amore la sofferenza ci ha mostrato per chi si offre. Non perché, ma per chi”.
Esorta quindi ad aprirsi al valore dei sogni, del dono, delle piccole cose, di un semplice grazie:
“Lo insegniamo ai bambini e poi non lo facciamo noi adulti. Ma dire grazie, semplicemente perché siamo davanti a una persona, è una medicina contro il raffreddarsi della speranza, che è una brutta malattia contagiosa. Dire grazie alimenta la speranza, quella speranza nella quale, come dice san Paolo, siamo stati salvati. La speranza è la ‘benzina’ della vita cristiana, che ci fa andare avanti ogni giorno”.
A prendere la parola è una paziente:
“Io sono Serena, ho 27 anni e la mia storia all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù inizia quando avevo 13 anni”…
È una storia di malattie, ricadute, complicazioni ma soprattutto di speranza quella di questa ragazza che oggi, nonostante le difficoltà, studia per diventare medico. E’ una esperienza “di vita”, la sua come quella degli altri, dice il Pontefice. Quindi esorta tutti a trovare la “bellezza delle piccole cose”:
“Può sembrare – sottolinea – una logica perdente, soprattutto oggi, con la mentalità dell’apparire che esige risultati immediati, successo, visibilità. Invece, pensate a Gesù: la maggior parte della sua vita su questa terra l’ha trascorsa nel nascondimento; è cresciuto nella sua famiglia senza fretta, ogni giorno imparando, lavorando e condividendo gioie e dolori dei suoi. Il Natale ci dice che Dio non si è fatto forte e potente, ma fragile e debole come un bambino”.