In gioventù indichiamo una riga del Catechismo e tutto è “sistemato”, con l’età diciamo: “Beh, sì e no…”Pensavo, e probabilmente anche voi, che con l’avanzare dell’età insieme ai dolori arrivasse qualche progresso nelle cose più importanti. Ti può far male il ginocchio per ragioni misteriose e puoi sentire il peso di tutti i tuoi errori e di tutto ciò che non hai fatto, ma trovi la preghiera più semplice e provi istintivamente maggiore simpatia nei confronti delle persone che in genere non ti piacevano. Si acuisce la tua intuizione sulla gente, sulla vita, su te stesso.
È vero, dice il papa emerito nel suo ultimo libro, Ultime conversazioni di Benedetto XVI. Quando si invecchia si diventa più esperti. Abbiamo imparato a fare quello che dobbiamo fare, e lo facciamo meglio di quando eravamo giovani. Ciò che si guadagna con l’età bilancia le perdite.
Non più semplice, ma più complicato
Ma non finisce qui. C’è un altro movimento nell’altra direzione. Benedetto cita il grande teologo cattolico Romano Guardini, che affermò che nella vecchiaia le cose non diventano più semplici, ma più complicate. Al riguardo, Benedetto osserva che si sente in modo più profondo la difficoltà delle grandi domande della vita.
Quali domande intende? Di due tipi: le grandi domande, come perché Dio permette tanto male, e quelle più “piccole”, le domande pratiche relative alla vita in un mondo turbolento, del tipo “Come posso aiutarlo?” e “Perché non migliora?”
Questa è la parte più difficile. Per me significa che si crede in ciò in cui si credeva da giovani, ma ci si sente meno a proprio agio perché si conosce di più il mondo. Ci si ritrova a dire “Sì e no”, quando da giovani si sarebbe indicata una riga del Catechismo pensando di aver sistemato facilmente la questione. Per dirla in altri termini, si diventa più misericordiosi quando prima si era più moralisti. Ci si rivede nei personaggi negativi delle parabole di Gesù.
O almeno questa è la mia esperienza. E si sente anche più profondamente il dolore del mondo. “Complica la narrazione”, come direbbe un accademico. Le parole che prima sembravano sistemare la questione non confortano più.
Non rivendicherò alcun grande progresso nella carità, ma ora vedo meglio quanto dolore ci sia nel mondo. Vedo più chiaramente quante persone hanno subito ferite profonde che aiutano a spiegare perché continuano a fare cose che non dovrebbero fare. Il mio bisogno di misericordia da parte di altre persone così come da parte di Dio mi è diventata molto più chiaro, insieme alla consapevolezza del fatto che non è chiaro come dovrebbe essere. So meglio perché Gesù ha detto “Non giudicate”.
In altre parole, sentendo più profondamente la difficoltà delle domande della vita non si è più così insopportabilmente compiaciuti e sicuri come si era – o almeno come ero io – da giovani. Si ha un po’ di saggezza, quando prima si aveva solo un po’ di conoscenza, che non si è applicata bene.
Un altro aspetto dell’approccio di Guardini
Non è una gran cosa, potreste pensare. Non solo ti farà male il ginocchio, ma sentirai anche più profondamente il dolore del mondo, e avrai un senso più acuto dei tuoi fallimenti e dei tuoi peccati, delle cose fatte male e di quelle che a torto non hai fatto. Ma Benedetto dice qualcosa che capovolge tutta la questione. C’è un altro aspetto dell’approccio di Guardini per cui la vita invecchiando diventa più complicata e non si semplifica.
Possiamo sentire in modo più profondo la difficoltà delle domande della vita, dice, “ma poi si scopre anche la grandezza delle parole di Gesù Cristo”. Gesù è “sempre grande e pieno di mistero. Le profondità della Parola non sono mai scandagliate pienamente”.
Benedetto offre degli esempi tratti dalla sua vita, sostenendo che ora trova molte affermazioni evangeliche più esigenti nella loro grandezza e gravità di quanto facesse prima. Alcune parole d’ira, di rifiuto, di minaccia di giudizio diventano sicuramente “più misteriose”, e stupiscono più di prima. Anche nella vecchiaia, aggiunge, la verità viene a noi come qualcosa di “completamente nuovo”.
In altre parole, la vita diventa più complicata perché vediamo più chiaramente, ma vediamo anche in modo più approfondito il Vangelo, il che semplifica l’esistenza. Penso che la realtà della misericordia sia una delle cose di questo tipo. Riusciamo a conoscere meglio nostro Signore e in modi a noi preclusi quando eravamo giovani. Sospetto che questo valga per i santi, ma è sicuramente vero per noi che santi non siamo.
“È un dono”, dice. Come, aggiungerei, lo è Benedetto.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]