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Dopo gli eventi delle ultime ore, il Medio Oriente potrebbe non essere più lo stesso

Conflicto Siria – it

© Javier Manzano / AFP

Combates en el barrio de Karmel al-Jabl, en Aleppo (Siria)

Valerio Evangelista - Aleteia - pubblicato il 07/12/16

Con la perdita di Aleppo, oggi si è consumata la più devastante sconfitta dei ribelli siriani. Il MENA (Middle East - North Africa) è in fiamme e le conseguenze riguarderanno tutti noi

In queste ore si stanno drammaticamente segnando le sorti del Medio Oriente e del Nord Africa, e con esse quelle del mondo intero.

Dopo mesi di assedio, le forze del regime di al-Asad conquistano la città di Aleppo, in quella che è considerata la più devastante sconfitta dei ribelli siriani; in Iraq prosegue l’avanzata delle forze governative per la ripresa di Mosul, la più importante città sotto il controllo del Daesh; la devastazione degli aerei sauditi in Yemen sembra non fare notizia, eppure la situazione umanitaria è più tragica che mai; in Libia la città di Sirte è stata definitivamente strappata al dominio jihadista.

Un breve schema per capire i principali avvenimenti di questi giorni in queste zone calde della Terra, apparentemente lontane da noi eppure così vicine. Eventi dalla portata potenzialmente globale.


ALEPPO, SIRIA

Nella giornata di oggi le forze ribelli ad Aleppo hanno abbandonato i distretti di Bab al-Hadid e Aqyul, restituendo la città vecchia alle forze governative. L’avanzata delle truppe di al-Asad – che hanno riconquistato circa l’85% dell’intera città – è stata resa possibile dai pesanti bombardamenti che gli aerei hanno effettuato sulle ultime zone della città orientale ancora sotto il controllo avversario.

Nel video qui sotto, di pochi giorni fa, al Jazeera mostra la vita degli aleppini che sono scappati dai quartieri sotto controllo ribelle per sfuggire ai famigerati barili bomba dell’aeronautica siriana e alla fame, presenza costante in ogni città sotto assedio. “Non saremmo voluti andare sotto una zona controllata dal regime”, dichiara Fatima, una delle migliaia di persone fuggite dai quartieri orientali nei giorni scorsi. “Ho paura per i miei figli”.

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Stando ai dati dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, nelle ultime operazioni militari ad Aleppo sono rimaste uccise 319 persone, e i razzi usati dai ribelli avrebbero fatto 69 vittime. Le milizie che si oppongono al regime di Bashar al-Asad avrebbero inoltre, come riferito dal ministero della Difesa russo, ucciso il consigliere militare russo in Siria, Ruslan Galitsky.

Mesi di assedio e di bombardamenti da parte delle forze governative (e dei loro alleati russi) hanno devastato i quartieri orientali di quella che un tempo era la città più popolosa della Siria, attaccando civili e impedendo il passaggio di aiuti umanitari. Sia le truppe regolari che le milizie ribelli hanno colpito deliberatamente degli ospedali.

Ad Amburgo si incontreranno tra poche ore il segretario di Stato Usa John Kerry e il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, a margine della riunione annuale dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Ocse), per discutere di un cessate il fuoco ad Aleppo. Ma questo incontro potrebbe essere sopravanzato dagli eventi sul terreno: la riconquista di Aleppo, che segna una delle più pesanti sconfitte delle milizie ribelli, potrebbe essere definitiva.

MOSUL, IRAQ

Nella giornata di ieri le truppe irachene hanno condotto diversi attacchi in un’offensiva per riprendere il controllo di Mosul, ultima grande roccaforte del Daesh in Iraq, per porre fine ad una battaglia che dura ormai da più di sette settimane.

Le forze governative, comandate dal generale Abdul Ameer Rasheed Yarallah, hanno condotto un’avanzata significativa, continuando a sottrarre terreno ai combattenti del sedicente Stato Islamico.

“I combattimenti sono molto accesi”, ha dichiarato un residente del quartiere Hay Falastin, “le forze irachene sono passate vicino al nostro distretto, senza però entrarvi”.

La nona divisone armata dell’esercito iracheno avrebbe riconquistato l’ospedale al Salam, a circa un chilometro e mezzo dal fiume Tigri, dopo oltre un mese di combattimenti ravvicinati col Daesh.

Qualche giorno fa l’esercito iracheno aveva dichiarato di aver preso nuovamente il controllo del quartiere Intisar, benché i residenti avessero affermato alla Reuters esattamente il contrario. “Daesh controlla ancora il quartiere, nelle ultime settimane le forze irachene non sono avanzate di un solo passo, in questi distretti. Siamo disperati”. Non è semplice comprendere esattamente la portata di questa operazione.

La battaglia di Mosul si sta rivelando una delle più dure; più di un milione di civili è intrappolato nella città, alla merce degli attacchi suicidi, dei colpi di mortaio e del fuoco dei cecchini. La maggior parte dei civili attualmente non dispone di acqua corrente.

Mosul è la più grande città sotto il controllo del Daesh; perdere questa battaglia significherebbe, per i terroristi, far tornare indietro il califfato di un paio di anni di battaglie.

YEMEN

Se dall’Iraq arrivano delle timide buone notizie sulle perdite delle forze terroriste, nello Yemen la situazione umanitaria è sempre più tragica. E il mondo sembra essere sempre più insensibile al grido di dolore del popolo yemenita, stritolato da guerra, carestia e malattie.

Attenzione: immagini molto forti

Sono circa tre i milioni di yemeniti che la guerra ha cacciato dalle proprie case. Un’esistenza ormai unicamente incentrata sulla quotidiana sfida di trovare cibo ed acqua.

Negli ultimi due anni questa guerra ha fatto innalzare i dati sulla malnutrizione infantile del 200%.
Circa il 50% delle strutture mediche non è più funzionante, soprattutto a causa dei bombardamenti della coalizione guidata dall’Arabia Saudita. In queste settimane si è registrata una nuova epidemia di colera, ormai difficilmente arginabile. Circa un milione e mezzo di bambini, secondo i dati delle Nazioni Unite, soffrono di forme di malnutrizione e 370mila sono in pericolo di vita.

La consegna di medicine ed altri beni umanitari è quasi impossibile, perché strade e ponti sono diventati anch’essi degli obiettivi militari.

La guerra in Siria e in Iraq sembrano mettere in ombra la crisi yemenita, in una sorta di assurda ‘competizione tra tragedie’ sui media mainstream internazionali. Una risposta – mediatica e umanitaria – ben al di sotto delle esigenze. Circa il 50% dei fondi promessi dai donatori internazionali è stato effettivamente consegnato.

“L’umanità ha lasciato il posto alla politica”, ha tuonato uno dei responsabili ONU nel paese, Jamie McGoldrick. “L’umanità non c’è più. Il mondo ha chiuso gli occhi a ciò che sta accadendo nello Yemen”.

Ad al Manjurah, circa 17mila civili vivono in rifugi fatti di paglia e fango. Mahdi Ali Abdullah è uno di loro, che vive lì insieme a sua moglie e ai loro nove bambini. “Siamo terrorizzati dai bombardamenti aerei. Ci muoviamo da luogo a luogo”, ha dichiarato alla Bbc.


SIRTE, LIBIA

Sostenute dai raid aerei degli Stati Uniti, le forze libiche hanno riconquistato Sirte, strappando agli jihadisti la loro roccaforte in Libia.

Dopo ore di scontri, i soldati hanno recuperato gli ultimi quartieri in mano dei miliziani, Ghiza Bahriya. In seguito, come dichiarato dal portavoce Reda Issa, le forze lealiste hanno preso “il controllo totale della città”. In seguito all’infuriare della battaglia, diversi militanti del Daesh si sono arresi alle forze libiche; altri ancora sono stati catturati mentre tentavano di fuggire a nuoto ed evitare le truppe che assediavano la città.

Sirte è stata l’ultimo bastione del dominio del Daesh in Libia. La battaglia per la sua liberazione è durata oltre sei mesi, in cui i terroristi hanno usato ogni metodo – dagli attacchi suicidi e le imboscate fino al posizionamento di trappole esplosive e l’uso dei cecchini – per prolungare il combattimento.

Nei pressi di Sirte sono attivi due ospedali da campo, per fornire cure ai soldati feriti prima di essere mandati all’ospedale di Misurata, lontano 250 km dalla città.

La situazione umanitaria è terribile. Come dichiarato dal dott. Walid al Hamroush, molti bambini sono stati estratti dalle macerie della case devastate dai combattimenti. “I bambini che cerchiamo di curare qui sono in condizioni molto serie”, ha detto Hamroush ad al Jazeera. Alcuni hanno ustioni gravi, che i medici degli ospedali da campo provano a curare con i pochi strumenti a loro disposizione. Molti bambini sono inoltre denutriti e disidratati.

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