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Se vuoi cambiare, prova ad andare nel deserto, nel silenzio…

deserto

© Los viajes del Cangrejo / Flickr / CC

padre Carlos Padilla - pubblicato il 05/12/16

Il mio atteggiamento nei confronti di Dio è il timore o l'amore?

In questa seconda settimana di Avvento mi addentro nel deserto. Giovanni grida in mezzo al deserto: “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Questo tempo di Avvento mi porta nella solitudine del deserto. Nella freddezza e nel calore del deserto.

Leggevo giorni fa: “Chi va da solo nel deserto a volte fa molti giri prima di arrivare all’essenziale. Il deserto è un luogo di incontro con Dio e con se stessi”[1].

Voglio incontrare Dio nel deserto particolare in cui mi addentro. Voglio cercare il silenzio in queste settimane di preparazione. Voglio volgermi all’essenziale della mia vita, guardare il mio cuore, scoprire la presenza di Dio in me.

Voglio comprendere il Dio della mia storia. Comprendere tante cose che a volte non comprendo. Il perché di tante disgrazie. La ragione delle ingiustizie. Serve a qualcosa pregare un Dio onnipotente che alla fine fa quello che vuole senza che la mia preghiera influisca? Come toccare la misericordia di Dio nella mia vita, nel mio deserto, quando vivo disgrazie e soffro ferite?

In testa ho tutto chiaro. Conosco apparentemente questo Dio misericordioso. Ma poi il mio cuore non capisce. Si ribella contro Dio. Lo disconosce. Non tocca il suo mare di misericordia. Non sente il suo immenso abbraccio. Dove mi parla Dio con forza nel suo amore che si abbassa, che si fa bambino e viene da me? Voglio toccarlo.

Diceva padre Josef Kentenich: “Qual è la mia esperienza personale di Dio? Il mio atteggiamento fondamentale nei confronti di Dio è il timore o l’amore? Mi riferisco al timore o all’amore come nota dominante, nel nostro atteggiamento personale” [2].

Credo che ogni tempo di deserto sia una nuova opportunità che Dio mi dà per crescere in profondità, in intensità della vita, in amore. A volte è necessario uscire un po’ dal quotidiano. Questo è il deserto.

Devo uscire per vedere da una certa distanza il mio cammino. Per cercare nell’anima quelle nuove correnti che muovono il mio cuore e mi portano in alto, all’incontro con il mio prossimo. È un’altra opportunità per staccarmi da ciò che è attaccato alla mia anima e mi pesa. Mi lega e mi schiavizza.

Voglio crescere in profondità. Convertirmi davvero. Questo è il grido della mia anima in Avvento. Il grido di Giovanni al Giordano: “‘Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!’ (…) Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati”.

Le persone che arrivavano da Giovanni confessavano i propri peccati. Volevano cambiare vita. Come me tante volte. Portavano al Giordano la loro povertà e la loro debolezza. Il disincanto nei confronti della vita. Volevano cambiare ma non sapevano come farlo. Dubitavano del cambiamento.

Perché tante persone si avvicinavano a Giovanni? Perché parlava loro della verità della loro vita. Perché annunciava loro che Dio era vicino. Perché mostrava un cammino di pienezza. Perché parlava loro della conversione del cuore. E diceva che era possibile.

Mi piace Giovanni. L’uomo integro. L’uomo fedele che si dedica alla sua causa fino alla fine. Crede senza dubitare fin dal momento dell’abbraccio di sua madre a Maria. Lì è stato benedetto. E la sua missione è unita a Gesù fin da quando è nato. La sua umiltà lo rende grande.

Giovanni era un uomo tutto d’un pezzo, un uomo vero. La sua testimonianza non era a parole, ma con i fatti. Giovanni non era politicamente corretto. Era un uomo libero. Non aveva paura.

La sua forma di vita richiamava l’attenzione: “E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico”. Giovanni va al cuore delle cose. Con la sua povertà e la sua sobrietà.

Diceva alle persone che era possibile cambiare se lo volevano. Auspicava la conversione del cuore di chiunque gli si avvicinasse. Ricordava loro che era possibile ricominciare dopo aver toccato il fondo. Invitava la gente a prepararsi perché Dio era vicino ed era necessario spianare la terra del cuore per la sua venuta.

Giovanni era un uomo di Dio esigente. Viveva la sua vita con esigenza. Metteva in pratica quello che predicava. Nella sua vita c’era coerenza. Ed era anche un uomo buono.

Mi ricorda quello che diceva Charles de Foucauld: “Il mio apostolato dev’essere quello della bontà. Vedendomi si deve dire: visto che quest’uomo è così buono, la sua religione dev’essere buona, e se mi chiedono perché sono mite e buono devo dire: ‘Perché sono il servo di qualcuno che è più buono di me’. Voglio essere abbastanza buono da far dire: ‘Se il servo è così, come dev’essere il maestro?”.

Vedendo Giovanni è possibile immaginare come fosse Gesù. Giovanni era un uomo innamorato. Un uomo di Dio. Lo cercavano perché era autentico, perché era unito a Dio, perché apriva il loro cuore al cielo. Giovanni era buono. E allora come doveva essere colui al quale non era degno di sciogliere il laccio dei sandali?

Voglio che il mio cuore si riempia spezzando gli aspetti duri che non lo lasciano amare. Voglio cambiare. Voglio che Dio spezzi quello scheletro duro che non mi permette di progredire. Rinunciare ai miei schemi e mettermi in cammino all’incontro dell’altro.

Voglio crescere spezzando i miei limiti. Smettendo di ascoltare quelle voci che mi dicono che non posso farlo, che non ci riuscirò. Ascolto la voce di Giovanni nel mio cuore. So che il guscio in cui vivo mi va stretto. Voglio cambiare e non ci riesco.

A volte non ce la faccio perché il cambiamento mi richiede molta energia. Penso che a volte posso essere infantile nel mio modo di vivere la fede. Ho schemi imparati da piccolo e non li cambio. Ma non conosco Gesù per com’è davvero. Non l’ho toccato. Non mi ha toccato con la sua misericordia.

Vorrei che questo deserto dell’Avvento fosse un’opportunità per maturare, per compiere un percorso interiore.

Diceva padre Kentenich: “Il cambiamento completo e la conversione profonda nella nostra vita spirituale avvengono per opera dello Spirito Santo. Il giro di boa consiste nello spostare l’accento dalle pratiche ascetiche esteriori a un’intensificazione della vita di preghiera e sperare nella nostra santità come frutto dell’azione di Dio. Bisogna completare la virata dall’egocentrismo al teocentrismo”[3].

Non si tratta di abbandonare le cose che faccio, ma piuttosto di porre l’accento sul potere di Dio. Egli può farlo. Può cambiarmi. Può convertire il mio cuore che non vuole cambiare.

[1] Franz Jalics, Ejercicios de contemplación, 28
[2] J. Kentenich, Vivir con alegría
[3] J. Kentenich, Envía tu Espíritu

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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