La salute della donna e il business dell’espianto di ovociti«Hazte donante de óvulos. Tu generosidad será compensada». Diventa donatrice di ovociti. La tua generosità sarà ricompensata. Con questo appello, dal 2012 a oggi hanno risposto 1300 donne spagnole, tra i 18 e i 30 anni: «Ho ricevuto un compenso economico di mille euro — spiega una studentessa di psicologia, 21 anni, in arrivo da Malaga al Corriere della Sera che ha pubblicato oggi una inchiesta su questo fenomeno —. Ma i soldi non sono stati una delle motivazioni. Il fatto è che una mia familiare stretta ha avuto problemi ad avere un bimbo…».
In avenida Severo Ochoa si trova Ovobank, la prima banca di ovociti in Europa, il principale punto di riferimento degli ospedali e delle cliniche italiane. Perché mai? Perché sebbene la Corte Costituzionale abbia fatto decadere ogni divieto sull’eterologa, in Italia non ci sono donatrici. Così non è in Spagna però.
La sua avanzata (e il suo business) nel nostro Paese sta crescendo a un ritmo sorprendente: sulla scrivania del proprietario di Ovobank, Enrique Criado Scholz, ci sono 20 contratti in attesa di firma che vanno ad aggiungersi ai 40 già attivi (tra cui il Careggi di Firenze e Pordenone). È un venerdì mattina di novembre e a Marbella è una giornata come qualsiasi altra: sui computer del Dipartimento internazionale compaiono una dopo l’altra richieste da Milano, Bologna, Padova e Roma. Nelle email in arrivo vengono specificate le caratteristiche delle donne che vogliono provare ad avere un bimbo con il seme del partner ma l’ovocita di una donatrice: età, gruppo sanguigno, altezza, tipo di pelle, colore dei capelli e degli occhi. «Riceviamo tra le 100 e le 150 richieste dall’Italia ogni mese — spiega Adelaida Gonzales Vazques —. Il nostro programma informatico seleziona automaticamente la donatrice più compatibile dal punto di vista immunologico e fisico». Così sui 600-700 ovuli prelevati e congelati mensilmente nei laboratori, oltre il 60% è diretto nel nostro Paese. Ci arrivano con un viaggio in auto di due giorni o un volo aereo. Ogni consegna, sei-sette ovociti per paziente, vale tremila euro. «Non è una vendita di materiale biologico (vietata per legge, ndr) — chiarisce Criado Scholz —. È un compenso per il processo di ricerca della donatrice, stimolazione, prelievo e vetrificazione degli ovociti».
Il prossimo carico contiene 180 ovuli per 30 pazienti italiane. Valore della spedizione? 90 mila euro. Ma qualcuno si ostina a non chiamarlo business. Ma questa fiera romantica dell’altruismo corrisponde davvero alla verità di questo traffico? Laddove questo fenomeno è ben più sviluppato, gli Stati Uniti, e dove il giro di denaro della fecondazione eterologa è ancora più fiorente ci sono realtà che cominciano ad emergere:
Le storie incredibili di tante donne che in America hanno venduto per soldi i loro ovuli alle società che praticano la fecondazione eterologa. La stimolazione ovarica necessaria per produrre grandi quantità di ovuli ha provocato loro tumori, emorragie, sofferenze enormi e in alcuni casi anche la morte. In anteprima, una sintesi sottotitolata di “Eggsploitation” (2011), documentario sulla pericolosità, nascosta dai medici, del giro di miliardi che ruota intorno alla donazione di ovuli
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