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“Perché lascio la musica cattolica”. Lettera aperta di un ex-artista hip hop cattolico

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Nico Santana - pubblicato il 29/11/16
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Non c’è molto spazio per l’hip hop nella Chiesa… ed ecco perché non è un problema

“La musica che scrivo ha radici nella stessa comunità (l’hip hop) che mi ha formato. Non a scapito della dottrina teologica e morale, né a scapito del Vangelo di Cristo, ma con gli stessi scopi ed obiettivi” – Nico Santana

Nico Santana, già ospitato più volte qui in Cecilia Music con il nome di Nick “Dy-Verse” Torres, ha recentemente rivelato una notizia bomba: la sua carriera musicale sta per cambiare direzione. E quella direzione lo condurrà fuori dalle mura della Chiesa Cattolica.

Questo giovane artista è cresciuto con l’hip hop e faceva beats ben prima di sedersi sulle panche di una chiesa. Quando si è convertito al cattolicesimo, per lui è stato naturale esprimere la sua nuova fede con la musica in cui è cresciuto.

Ma adesso non è sicuro che l’hip-hop cattolico sia il posto giusto per lui, o se esista affatto qualcosa come “l’hip hop cattolico”. Nico ha scritto a Cecilia, chiedendoci di pubblicare la sua lettera aperta in cui spiega il perché di questo cambio di direzione nella sua carriera musicale, condividendo inoltre alcuni pensieri sull’evangelizzazione e sul raggiungere gli emarginati:

Oserei dire che i cattolici americani medi – i “millenials” praticanti – non vogliono l’hip hop. Non hanno sperimentato la cultura in cui io sono cresciuto. Probabilmente – se sono radicati nella loro fede e conoscono i concetti teologici che abbiamo provato a diffondere nei nostri testi –  preferiscono ascoltare musica contemporanea d’adorazione, oppure gli inni tradizionali che la nostra profonda fede ha saputo preservare. Forse non disdegnano, una volta ogni tanto, un pezzo pop orecchiabile. Ma a meno che non abbiano vissuto immersi nella cultura hip hop, non riusciranno a comprendere i ritmi, le espressioni e i sentimenti della nostra musica.

Soltanto una nicchia molto ristretta è interessata al sotto-genere dell’hip hop cattolico (o cristiano). La stragrande maggioranza dei cattolici condivide la nostra passione per la fede, ma non la nostra passione per questo tipo di musica. Non devono necessariamente farlo, e noi non dovremmo forzare la cosa.

Oserei dire che l’ascoltatore medio di hip hop ha bisogno di Cristo. Ha bisogno di Cristo in un modo autentico ed intimo: ha bisogno di avere un incontro personale con Colui che è alla base della nostra esistenza e della nostra fede. Chi appartiene a questa categoria non è abituato al gergo ecclesiastico, non ha famigliarità con tutti gli ‘ismi’ del cattolicesimo. Forse non ha mai messo piede in una chiesa.

La sua comunità è nei locali, e la sua routine sacramentale è stata stravolta per far spazio agli effetti dell’intossicazione. Si tratta di persone genuine, piene di dolore e sofferenza. Persone che sono state messe ai margini della società, che hanno fatto degli errori o che forse vengono da famiglie devastate da quegli errori.

Potrebbero però non avere dimestichezza con le basi della nostra fede e della nostra scuola di pensiero teologico, a cui è invece abituato chi pratica la propria fede. Come ha scritto San Paolo, “Io, fratelli, sinora non ho potuto parlare a voi come a uomini spirituali, ma come ad esseri carnali, come a neonati in Cristo. Vi ho dato da bere latte, non un nutrimento solido, perché non ne eravate capaci. E neanche ora lo siete; perché siete ancora carnali: dal momento che c’è tra voi invidia e discordia, non siete forse carnali e non vi comportate in maniera tutta umana?

L’evangelizzazione è fatta di questo: amare Dio e amare il prossimo. La nostra conoscenza della fede e dei misteri di Dio devono aiutare la nostra opera di evangelizzazione, e mai ostacolarla. Inoltre nella nostra comunità di fede è spesso presente uno spirito di trionfalismo che schiaccia il nostro frutto. Non dobbiamo guardare gli altri come un re guarderebbe i suoi sudditi, ma come Cristo, l’Iddio fattosi uomo, guarda la Sua creazione; con occhi di amicizia e comprensione. Le sue parole non sono altisonanti, né sono una vetrina per la Sua infinita saggezza. Il suo comportamento non richiede un attestato che dimostri di essere un ebreo istruito o un rabbino. Lui è con e per il popolo; non è con i Farisei, bensì con i perduti, coloro dal cuore spezzato e gli oppressi.

Io, vaso imperfetto, cerco di vivere la missione di Cristo con le mie capacità e i miei doni. La musica che scrivo – che è la mia passione – vuole radicarsi nella stessa comunità che mi ha formato, nel bene o nel male. Vuole comunicare ed essere parte di questa comunità. Non a scapito della dottrina teologica e morale, né a scapito del Vangelo di Cristo, ma con gli stessi scopi ed obiettivi. Uno scopo mosso non da un piano nascosto di fare proseliti, bensì dal desiderio di mostrare solidarietà a chi soffre ed è emarginato. Possa Dio splendere in questo nostro sforzo; possa la nostra fedeltà a Lui darci il profondo desiderio di amare coloro attorno a noi, soprattutto coloro che Dio ci ha affidati.

– Nico Santana

In alto potete guardare il video “Daylight” di Nico Santana. Seguite questo artista su Facebook, e continuate a restare aggiornati sui vostri artisti cattolici preferiti seguendo Cecilia su Facebook.