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L’arma segreta di Kierkegaard contro la paura

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Ryan McGuire - PD

Suor Theresa Aleteia Noble - pubblicato il 29/11/16

La paura fa parte della condizione umana. Ma la fede ne è l'antidoto

Durante lo scoppio della bolla immobiliare, quando gli Stati Uniti entrarono nella grave recessione che ben conosciamo, lavoravo a San Francisco per una startup di successo. Non so se quei giorni di paura siano impressi nella mente delle persone come lo è nella mia, ma il semplice fatto di lavorare in una grande città mi diede la sensazione che l’ansia scorresse lungo le “vene” della nazione intera.

Quando il crollo della borsa raggiunse livelli spaventosi, alcuni miei colleghi iniziarono a controllare in maniera ossessiva il proprio piano di pensionamento. Ogni giorno, mentre andavo a lavoro, osservavo uomini e donne camminare con fare più agitato del solito, con le teste chine, parlando al telefono a bassa voce. Tutti sembravano continuamente impauriti.

Sebbene fossi giovane e per nulla vicina alla pensione, assorbii la paura che era nell’aria. Un giorno stavo parlando al telefono nell’atrio fuori dal mio ufficio e chiesi a mia mamma, con tono semi-serio, se pensasse che la nostra famiglia sarebbe riuscita a vivere dei frutti della terra se qualcosa fosse andato terribilmente storto (lei disse che secondo lei ce l’avremmo potuta fare, unendo le nostre abilità… le famiglie numerose sono il top!).


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Certo, gli Stati Uniti sono il paese più ricco del mondo e – recessione o meno – siamo comunque privilegiati, in molti modi. Ma l’agitazione è agitazione. Nel mondo le persone possono essere spaventate per diversi motivi, ma tutti condividiamo l’esperienza universale della paura.

Nella celebre opera filosofica “Timore e tremore”, Søren Kierkegaard fa una distinzione tra ciò che vede come due “movimenti di fede”. Descrive il primo movimento verso la fede come un cavaliere che non può sposare la principessa che ama. Questo “cavaliere della rassegnazione” accetta il dolore di non essere con il suo amore, ma crede che nell’eternità tutto tornerà a lui.

Sebbene ammiri questo cavaliere, Kierkegaard ritiene che la vera fede assomigli a quella mostrata da Abramo nelle Scritture. Come il cavaliere della rassegnazione, Abramo è disposto a rinunciare a suo figlio Isacco perché è Dio a chiederglielo. Abramo sa che è impossibile fare ciò che Dio chiede senza perdere Isacco. Ma nonostante questa realtà, Abramo continua a credere che Dio gli restituirà Isacco. Questa “assurda convinzione” è ciò che Kierkegaard considera la vera fede. Chiama Abramo, nostro padre nella fede, un “cavaliere della fede”.

Ovviamente in questa grandiosa opera ci sono tante sottigliezze che non possono essere coperte in 1000 parole o giù di lì. Ma la notevole posizione di Kierkegaard sulla radicale e paradossale essenza delle fede rivela il potente antidoto alla paura che è proprio del cristianesimo.

Molto spesso la paura ha delle basi ragionevoli. Potremmo anche ingigantire i nostri timori, ma la nostra paura ha delle ragioni estremamente reali e razionali. E sì, proviamo continuamente paura. La paura fa parte della condizione umana. Non è un caso che nelle Scritture siano ripetuti, più e più volte, i comandi “non temere” e “non avere paura”.

C’è tanto di cui avere paura, in questo mondo.

Ma la fede è l’antidoto alla paura.

La fede non è irrazionale. La fede non guarda al mondo dicendo “Tutto andrà bene, non importa cosa accada”. No, la fede guarda al mondo e attua il “movimento della rassegnazione”, riconoscendo che a volte sembra impossibile che le cose possano andare per il verso giusto. Una persona di fede vede la logica, l’impossibilità, e accetta il dolore che ne consegue. Una persona di fede non è ingenua. Una persona di fede non vede il mondo attraverso degli occhiali rosa. Ma la persona di fede vede la realtà e l’accetta, sapendo che Dio è al controllo.


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Ma Kierkegaard fa giustamente notare che la fede non si ferma lì. La fede vede ciò che è possibile in questa vita, continuando a credere all’impossibile. Seguendo le orme del nostro padre nella fede, Abramo, la persona di fede crede che tutto andrà bene in questa vita, e non soltanto in quella che verrà. Una persona di fede che conosce un Dio potente e amorevole crede con tutto il suo cuore che il nostro Dio è un Dio dell’impossibile. Gesù stesso ci ha detto che “Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio” (Luca 18: 27). Ecco perché viviamo in un mondo diverso da quello di coloro che si affliggono perché “non hanno speranza” (1 Tessalonicesi 4:13).

Noi sappiamo che tutto è possibile con Dio.

Nella paura e nelle agitazioni, la fede crede nell’impossibile.

La fede crede nell’impossibile.

Perché noi conosciamo Dio.

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]

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