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Papa Francesco non ha minimizzato l’aborto: cerchiamo di capire bene

Pope Francis general audience October 12, 2016.

© Antoine Mekary / ALETEIA

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 28/11/16

Il pontefice ha voluto "allargare" il concetto di Misericordia manifestato sul tema dell'aborto (con chiarezza) all'inizio dell'Anno santo

In questi giorni è diventato rovente il dibattito sulla Lettera apostolica “Misericordia et misera” di Papa Francesco. Il messaggio che una larga parte dei media ha fatto veicolare è che il pontefice ha ammorbidito le sue posizioni sull’aborto procurato. In realtà non è così.

Come scrive Avvenire (23 novembre), in sei punti, e in modo schematico, è possibile chiarire cosa accade in virtù della Lettera apostolica.

– LE PAROLE DEL PAPA

Prima di tutto bisogna leggere correttamente la Lettera apostolica. Al n.12, il papa afferma:

«Concedo d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto […] Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente».

«Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre».

– L’UCCISIONE DEL FETO IN GRAVIDANZA

Le parole di Bergoglio riprendono quanto premesso da Giovanni Paolo II nell’Evangelium vitae, quando definisce l’aborto volontario:

«L’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita… un’enorme minaccia contro la vita, non solo di singoli individui ma dell’intera civiltà».

– IL DIRITTO CANONICO

Sull’aborto il Codice di Diritto canonico (1398)recita: “Chi procura l’aborto incorre nella scomunica latae sententiae”.

Si tratta cioè di una pena estrema che scatta in modo automatico senza che ci sia la necessità di una sentenza specifica. La Chiesa ha sempre ammesso la possibilità del perdono a chi è sinceramente pentito. Ma era necessaria l’autorizzazione del vescovo (canone 969) o di un sacerdote da lui delegato.

Papa Francesco all’inizio dell’Anno giubilare aveva concesso a tutti i sacerdoti la possibilità di assolvere dal peccato di aborto. Con la lettera “Misericordia et misera” estende questa possibilità in modo permanente.

– IL MAGISTERO

Anche il Magistero si è espresso in maniera netta contro l’aborto. Che rimane gravemente contrario alla legge morale: “Non uccidere il bimbo con l’aborto, e non sopprimerlo dopo la nascita” (Didaché, 2, 2).

«Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l’altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo degno dell’uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l’aborto come pure l’infanticidio sono abominevoli delitti». (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 51).

– SCOMUNICA E PECCATO

Non c’è alcun rapporto tra la scomunica, che riguarda la vita spirituale della persona, e la gravità del peccato. L’aborto resta un peccato mortale come altri, ma il fatto che venga commesso dalla madre stessa contro un figlio innocente, ha indotto la Chiesa a porre l’aggravante della scomunica (che riguarda la persona e non il peccato).

Un richiamo quindi perché la donna, e coloro che con lei hanno concorso all’aborto (medici e familiari), decidano di avviarsi su un cammino di penitenza e di conversione.

– DOPO LA LETTERA APOSTOLICA

Sarà agevolato il cammino di conversione di quanti si sono macchiati di questa gravissima colpa. Il fatto che tutti i sacerdoti abbiano ora in modo permanente la possibilità di accogliere e di assolvere queste persone, favorirà anche una presa di coscienza più viva del problema e non potrà che indurre una preparazione e una formazione più accurata da parte dei confessori, come auspicato dal Papa stesso («perché a nessuno venga mai a mancare il segno sacramentale della riconciliazione attraverso il perdono della Chiesa»).

Ai sacerdoti, il papa ha chiesto esplicitamente di farsi «guida, sostegno e conforto nell’accompagnare i penitenti» in un cammino «di speciale riconciliazione».

Dal punto di vista del diritto canonico, con l’assoluzione, ha spiegato il responsabile dell’Anno santo della Misericordia, monsignor Rino Fisichella, «viene meno la scomunica laetae sententiae» (Vatican Insider, 20 novembre).

IL PARERE DELLA CANONISTA

La scomunica, non avendo il Papa specificato nulla a riguardo, rimane in vigore fino a decisione contraria. «La confusione – spiega Orietta Rachele Grazioli, canonista, docente di diritto della famiglia alla Lateranense – nasce dal fatto di confondere il piano del delitto da quello del peccato. Nel diritto canonico non tutti i peccati sono delitti, mentre è vero il contrario. Nel caso dell’aborto siamo in presenza di un delitto particolarmente efferato che, come ribadito dal Papa, è anche un peccato gravissimo, cioè l’omicidio di un innocente» (Avvenire, 23 novembre).

La scomunica latae sententiae, che cioè scatta in maniera automatica e che rappresenta la pena più grave prevista dalla legge della Chiesa, va a sanzionare proprio questa doppia valenza, cioè delitto grave più peccato altrettanto pesante.

IL PERDONO GIA’ ERA POSSIBILE

Ma, a rendere ancora più assurde tante valutazioni espresse in questi giorni sulla decisione del Papa, c’è anche il fatto che il Codice di diritto canonico già prevedeva la possibilità di cancellare la scomunica per i peccati più gravi – aborto compreso – anche da parte di un sacerdote ‘non autorizzato’. «Ma certo, si tratta del canone 1357 che – riprende la canonista – concede al confessore la possibilità di rimettere ‘in foro interno sacramentale’ la censura latae sententiae per il tempo necessario a che il Superiore competente provveda‘».

“RITORNO” AI SACRAMENTI

In altre parole, se una donna che ha abortito si rivolge al confessore e mostra di aver compreso la gravità di quanto commesso, manifestando sincero pentimento e fermo proposito di non cadere più nella stessa colpa, il sacerdote può cancellare la scomunica e permetterle di riaccostarsi ai sacramenti. «Una scelta che – riprende Grazioli – si spiega con il senso profondo delle norme previste dal Diritto canonico che è sempre la salvezza delle anime».

Alla luce della decisione del Papa, la facoltà concessa dal canone 1357 – almeno per quanto riguarda l’aborto – dovrà essere riaccordata con le nuove facoltà allargate a tutti i sacerdoti.

“NESSUNA BANALIZZAZIONE DELL’ABORTO”

Padre Antono Spadaro, direttore de LaCiviltà Cattolica, in un’intervista a Radio Vaticana (22 novembre), ha chiarito: «Non ha alcun senso affermare che questa scelta svilisca o banalizzi il peccato di aborto procurato. Il Papa, come ha detto più volte, lo considera un peccato molto grave, un omicidio. E su questo non c’e’ alcun dubbio, anzi il concetto viene ribadito».

“IL SIGNORE E’ VICINO AI PECCATORI”

Francesco, prosegue Spadaro, «ha solo voluto riaffermare, con questo gesto, che non c’è un ostacolo, non c’è una porta chiusa. Le porte che simbolicamente sono state chiuse alla fine dell’Anno Santo, in realtà rimangono aperte nelle loro sorgenti. Lo scopo è ribadire che la misericordia di Dio è a portata di mano. Ma non significa affermare che l’assoluzione è più facile – sottolinea il gesuita – servono il pentimento e la consapevolezza della gravità, ma allo stesso tempo il Papa vuole farci capire che il Signore è vicino ai peccatori. Non si ricorda dei nostri peccati, ma si ricorda di noi, dei suoi figli».

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