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“Ho imparato dagli ultimi”

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NOEL CELIS

Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 23/11/16

Un ritratto del cardinal Luis Tagle, un pastore col senso dell'umorismo e l'amore per i poveri

Il pontificato di Francesco ha riaperto le porte ad un linguaggio e ad una teologia che mette al centro della propria riflessione i poveri, gli emarginati, gli esclusi. Di questo movimento c’era traccia sin dal Concilio Vaticano II e naturalmente in tutta la storia della Chiesa con alcuni epigoni centrali come San Francesco d’Assisi, da cui il Pontefice, un gesuita, ha mutuato il nome. I nomi pontificali sono sempre un programma di governo. Da qui deriva una osservazione dello storico emiliano Alberto Melloni che vogliamo fare nostra:

“La scelta di vescovi capaci di esprimere la chiesa come “chiesa dei poveri” ha spiazzato anche osservatori distanti: dai quali è venuta l’espressione sui “preti di strada”. Dire che uno studioso provato come Corrado Lorefice a Palermo o che un uomo dell’esperienza internazionale di Matteo Zuppi a Bologna siano preti “di strada”, è paradossale. In questo tentativo di ridurre le scelte di Francesco ad un casting spicca la figura del cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, definito anche lui come un “prete di strada”, ignorandone il profilo e lo spessore” (Repubblica 10 novembre).

Oggi possiamo conoscere un po’ meglio questo sacerdote filippino, tra i più giovani protagonisti del dibattito teologico ma soprattutto un pastore che ha a cuore i poveri, grazie al libro-intervista Ho imparato dagli ultimi. La mia vita, le mie speranze curato da Lorenzo e Gerolamo Fazzini (Emi).

Nel racconto della sua vita Tagle non fa particolari rivelazioni: l’esempio di un prete santo, un seminario reso fervoroso da un vescovo audace, che lo fa rettore a 25 anni scommettendo su di lui e la sua voglia di “lavorare sodo”; la chiamata nella Commissione teologica internazionale presieduta dall’allora cardinale, Joseph Ratzinger.

Un volume curato e frutto di una decina e più di incontri e conversazioni e da una ampia revisione da parte dello stesso porporato che quindi rispecchia fedelmente la vita e le opere del del cardinale di Manila, Luis “Chito” Tagle

Nel libro edito da EMI, emerge una persona di grande spessore umano e dottrinario, teologo di grande fama, conosciuto e apprezzato nel mondo, con moltissimi incarichi al suo attivo, tra i più vicini a Papa Francesco, è il frutto di una famiglia che lo ha formato nella devozione popolare alla Vergine, alla preghiera semplice e continua, una religiosità popolare che lo rende oggi un pastore ben conosciuto dal suo gregge e capace di intessere insieme misericordia, profondità spirituale ed essere al contempo popolare. All’inizio voleva fare il medico ma il prete della sua parrocchia intuisce che il giovane ragazzino tutto preso dalla smania per diventare dottore non si è mai soffermato a capire se è quello che vuole davvero e così con un piccolo “inganno” gli fa fare l’esame da seminarista. Per il giovane Tagle è quasi un tradimento, si arrabbia, ma intanto il tarlo del dubbio lavora. Lo Spirito Santo assume tutte le forme necessarie, si sa…

Non ho dubbi perché la strana e complessa storia che mi ha portato a diventare sacerdote mi ha aiutato a capire la realta della vocazione: la mia vita non e mia proprietà! Sono qui, in questo stato di vita, non per mia scelta ma a causa e grazie alla mano di Dio. Non voglio mai dubitare di questo, nemmeno quando incontro qualche difficoltà”.

Diventa sacerdote, fine teologo ma soprattutto pastore e formatore, dirigendo giovanissimo il seminario locale. Ogni volta che dice “no sono troppo giovane” il Vescovo lo carica di nuove responsabilità per farlo crescere. Lui per primo.

non servono solo seminari, corsi di formazione o campi estivi per promuovere le vocazioni – tutte cose che aiutano, sia ben chiaro –, ma e necessario che i giovani vedano questo ideale incarnato e vissuto da preti molto umani e impegnati

Al centro della sua vita ci sono i poveri, i loro bisogni, le loro domande.

La grande lezione della mia vita pastorale e stata quella di andare ai poveri non portando le mie parole, ma avendo un cuore pronto ad ascoltare e imparare da loro. Prima di pronunciare qualsiasi parola, e importante capire le persone che si hanno davanti, capirle tramite un ascolto rispettoso che al contempo affermi la loro dignità”.

Vuole un rapporto familiare con i parrocchiani e con i seminaristi. Per loro è sempre lì, cucina per loro, anche da Vescovo si pulirà la stanzetta da solo, prende l’autobus e non cambia il suo stile informale:

“queste due parole mi sembrano fondamentali perché la formazione e un processo. Nel camminare con i giovani c’è bisogno di pazienza. L’educatore non deve essere un amministratore ma un compagno di strada. Io piangevo con loro e sorridevo con loro”.

Studia nelle Filippine ma si perfeziona in America, presso l’Università Cattolica degli Stati Uniti, impara ad apprezzare il senso di giustizia e di comunità che anima gli USA attraverso le persone che incontra e che lo aiutano ad integrarsi. Approfondisce con i suoi maestri il Vaticano II:

Il Vaticano II non deve essere solo studiato ma deve essere vissuto nei programmi pastorali, nelle strutture e nella comunità del seminario

Tornato nelle Filippine riprende il suo ruolo di formatore, di teologo di punta in Asia. Nel libro di Lorenzo e Gerolamo Fazzini c’è un aneddoto molto bello circa il suo rapporto con i precedenti pontefici:

Quando il prefetto Ratzinger mi presento a papa Wojtyła, gli disse che ero il più giovane membro della Commissione. E mi chiese quanti anni avessi. E io: «Quaranta». E lui: «Ma sembra che ne abbia venti!». Al momento della fotografia di tutti i membri, ancora Ratzinger mi chiama vicino per posare a fianco di Giovanni Paolo II. Mi richiede l’età e mi domanda, ironicamente: «Ma ha già fatto la prima comunione?». Anche negli ultimi anni, quando ci siamo incontrati, mi ha preso in giro con questa battuta… Infatti, all’ultima udienza dei cardinali con papa Benedetto XVI, che aveva già rinunciato al pontificato, un cardinale mi si e avvicinato e mi ha detto: «Cardinal Tagle, non pianga!». Allora ho pensato: «Ora faccio ridere Benedetto». Al momento dei saluti a tu per tu, dopo averlo ringraziato per il suo pontificato e avergli detto che la Chiesa filippina gli era molto grata, avvicinandomi all’orecchio gli ho sussurrato: «E comunque, Santità, ho fatto la prima comunione!». Lui si e messo a ridere. Quando poi i giornalisti mi hanno chiesto cosa avessi detto al papa per averlo fatto ridere cosi di gusto, ho risposto: «Segreto pontificio!»”.

Per Tagle il teologo deve avere tre punti saldi per essere bravo. Tre condizioni che – avvisa – non sono sempre presenti e che per alcuni colleghi non sono necessariamente i più importanti, ma è interessante conoscere questo aspetto del suo pensiero, perché illumina profondamente quali siano le molle dell’agire di questo sacerdote: fede in Dio vittorioso in Gesù Cristo, amore per i poveri, senso dell’umorismo. Un programma condivisibile…

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