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Cosa ha insegnato alla mia famiglia I Dieci Comandamenti di Cecil B. DeMille

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Tod Worner - pubblicato il 21/11/16

La presentazione del regista mi ha colpito. Sono anni che vedo questo film in TV sotto Pasqua, ma nessun canale l'aveva mai mostrata

“Cosa guardiamo?”, ho chiesto.

Non c’è stato neanche un attimo di esitazione.

I Dieci Comandamenti! Guardiamo I Dieci Comandamenti?”, hanno detto tutte quasi all’unisono.

Era venerdì sera, e a casa mia, con mia moglie e le mie figlie di sette e nove anni, significa CINEFORUM. Il cineforum implica il fatto di rannicchiarsi su sedie enormi avvolti nelle coperte mangiando popcorn da grossi contenitori di cartone.

Frequentando una scuola cattolica, la mia figlia più grande aveva visto parti del film nelle lezioni di religione e ne era rimasta molto colpita. Il fedele e barbuto Mosè (Charlton Heston), il faraone dal cuore di pietra Ramesse (Yul Brynner) e la splendida ma ambigua Nefertari (Anne Baxter), insieme a un cast di migliaia di persone supportate da un roveto ardente, una montagna sfolgorante e un Mar Rosso che si divide nel mezzo rendono il film di tre ore e mezza diretto da Cecil B. DeMille un classico imbattibile. Per questo, quando l’ho proposto tra le opzioni per il cineforum la mia figlia maggiore ha lanciato un gridolino di gioia che ha presto trascinato la più piccola, e allora ormai era fatta.

E così venerdì scorso, con popcorn, copertine e tutti rannicchiati l’uno sull’altro su divani e poltrone, abbiamo iniziato a vedere il film. E sono rimasto senza parole per quello che ho visto.

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Anziché il grande titolo colorato e la musica che caratterizzavano l’inizio del film come ricordavo dalla mia infanzia, un uomo calvo e con gli occhiali ha aperto un sipario e si è avvicinato a un microfono. Gli unici suoni che si sentivano era l’audio rumoroso del 1956 e l’eco delle sue scarpe sul palcoscenico.

Signore e signori, giovani e anziani,

può sembrare inusuale parlarvi prima dell’inizio del film, ma ci troviamo di fronte a un soggetto insolito: la storia della nascita della salvezza. La storia di Mosè.

Come molti di voi sanno, la Sacra Bibbia omette circa trent’anni della vita di Mosè. Da quando aveva tre mesi e venne trovato tra i giunchi della palude da Bitia, la figlia del faraone, e venne adottato alla corte egiziana fino a quando seppe di essere ebreo e uccise un egiziano. Per riempire il vuoto rappresentato da quegli anni ci rifacciamo a storici come Filone e Giuseppe. Filone scrisse all’epoca in cui Gesù di Nazareth percorreva le strade di questo mondo, Giuseppe circa 50 anni dopo e assistette alla distruzione di Gerusalemme da parte dei romani. Questi storici avevano accesso a documenti da tempo distrutti o forse andati perduti come i Rotoli del Mar Morto.

L’argomento di questo film è se l’uomo debba essere guidato dalla legge di Dio o dai capricci di un dittatore come Ramesse. Gli uomini sono proprietà dello Stato o anime libere sotto Dio? Questa stessa battaglia si ripresenta nel mondo anche oggi.

La nostra intenzione non era creare una storia, ma essere degni della storia divinamente ispirata creata 3.000 anni fa – i cinque libri di Mosè.

La storia ci mette tre ore e trentanove minuti per dispiegarsi. Ci sarà un intervallo.

Grazie per la vostra attenzione.

Poi si è girato, ha riaperto il sipario ed è scomparso.

L’uomo che ci aveva parlato era il regista del film, Cecil B. DeMille.

Ho guardato le mie figlie, che masticavano di gusto il loro popcorn chiedendo quando sarebbe iniziato il film. Io, però, sono rimasto esterrefatto. Ho guardato I Dieci Comandamenti per moltissimi anni quando veniva trasmesso in televisione nel periodo pasquale, ma nessuna rete (per quanto possa ricordare) ha mai mostrato la presentazione di Cecil B. DeMille.

Immaginate di stare seduti in un cinema nel 1956 e di sentire il regista pluripremiato porvi in modo gentile ma esplicito una domanda fondamentale della nostra fede nel mondo moderno: siamo proprietà dello Stato o proprietà di Dio?

E ora immaginate la stessa esperienza nel 2016.

Non è probabile che si verifichi.

La cosa curiosa è che il momento attuale, in cui avremmo più bisogno che mai di porre questa domanda, è quello meno probabile in cui porla. Siamo troppo impegnati, troppo imbarazzati o semplicemente troppo egoisti. A chi apparteniamo davvero? A chi dobbiamo tutta la nostra devozione?

Mentre il film iniziava e il bambino fluttuava tra i giunchi della palude verso le braccia della principessa egiziana, ho guardato gli occhi spalancati delle mie figlie e le loro bocche all’opera con il popcorn e ho sorriso. Forse non comprendono la profondità della domanda del regista, ma comprendono l’ostinazione di Ramesse, il coraggio di Mosè e la fedeltà di Dio. Possono non considerare le basi filosofiche alla base di questa storia, ma capiscono che Dio è amore e che loro, come gli israeliti, sono incommensurabilmente speciali ai Suoi occhi. E per rispondere alla domanda del signor DeMille, apparteniamo pienamente e completamente a Lui.

Sì. Davvero.

È questo che chiamo un grande cineforum.

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Tod Worner è marito, padre, convertito al cattolicesimo e praticante di Medicina interna. Ha un blog su A Catholic Thinker.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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