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Le scienze esatte, la nuova religione

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Forum Libertas - pubblicato il 18/11/16

David Gelernter, genio dell'era digitale: “Corriamo il rischio di sacrificare l'umanesimo sull'altare della tecnologia”

“Il successo di quel tiranno crudele che è Donald Trump nella pre-campagna statunitense mostra che i cittadini cercano delle emozioni. Non votano un computer. Le emozioni non possono essere tenute al margine della vita della comunità, altrimenti populisti come Trump danno voce a quei sentimenti”.

Ad affermarlo di recente è stato David Gelernter, genio dell’era digitale e docente di Scienze Informatiche presso l’Università di Yale, anticipando quello che ormai è una realtà: l’inaspettato trionfo di Trump alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti.

Gelernter ha anche analizzato i progressi dei suoi colleghi nel campo della tecnologia e dell’intelligenza artificiale in relazione alla coscienza umana.

“Siamo arrivati a un punto in cui corriamo il rischio di sacrificare l’umanesimo sull’altare della tecnologia e della devozione per la scienza”, ha dichiarato domenica 6 novembre in un’intervista pubblicata sul Semanal Dominical de El Periódico de Cataluña.

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“Non si può uccidere Dio”

Come esperto nella materia, Gelernter ritiene che “negli ultimi 50 o 60 anni le scienze esatte siano diventate la nuova religione”, per cui “sono così convinte di se stesse che, come a suo tempo ha fatto la religione, emarginano i non credenti e tacciano chi dubita di eresia, imponendo il proprio dogma. È l’ultima ideologia”.

In un altro passo dell’intervista, il professore di Yale ha ricordato, ad esempio, che anche se Freud era ateo “era uno di quegli atei che non provano indifferenza nei confronti di Dio. Il sentimento più represso e nascosto nella vita pubblica del mondo occidentale è la fede in Dio. Ma non si può uccidere Dio”.

“Nel nostro mondo mentale, quella di Dio è una concezione ampiamente diffusa e allo stesso tempo repressa”, ha indicato.

“Quello che piacerebbe di più ai devoti della scienza sarebbe eliminare i devoti a Dio, come quello che piacerebbe di più all’aspetto razionale della mente sarebbe reprimere lo spettro emotivo”.

“La presenza di Dio nella mente non ha nulla a che vedere con l’esistenza o meno di Dio. Dio non è una cosa né una persona”.

Le profondità della coscienza umana

Nell’intervista Gelernter, che nel 1993 è rimasto ferito aprendo una delle lettere-bomba del cosiddetto “Unabomber”, lo squilibrato matematico che si dedicava a inviare pacchi esplosivi a vari scienziati, ha parlato anche della profondità della coscienza umana in relazione all’era digitale.

Come ha spiegato nel suo ultimo libro, The Tides of Mind (Le maree della mente), “l’informatica ci dà un potere incredibile, […] e gli appassionati di tecnologia […] pretendono di essere i padroni della mente”.

L’esperto, tuttavia, afferma anche che “i computer e l’intelligenza artificiale non potranno mai replicare le profondità della coscienza umana”.

“Il computer classico non raggiungerà mai una coscienza come quella umana, non sperimenterà emozioni, non sarà mai in condizioni di vivere il mondo o di immaginare qualcosa”, ha spiegato.

“Un computer potrà superare milioni di volte la capacità intellettuale umana, ma da un punto di vista filosofico continuerà ad essere uno zombie. Il computer non può generare soggettività, ovvero un mondo interiore, una vita spirituale propria, un passaggio mentale unico per il quale nessun altro possa transitare”.

Un robot “non ha coscienza, per fortuna. Nella macchina non c’è mente, non c’è presenza d’anima. Non c’è niente”.

“Crediamo che con l’intelligenza artificiale ci troviamo di fronte alla creazione di una mente soprannaturale, di esserci imbattuti nella pietra filosofale. In realtà, continuiamo a non capire cosa sia la coscienza”, ha dichiarato Gelernter.

“I sostenitori della supermente informatica si sono corrotti intellettualmente, non per denaro, ma per fantasia di potere”, anche se “il detto per cui il denaro è potere ha raggiunto una dimensione sinistra”.

“Se fosse per me”, ha concluso, “imporrei agli scienziati in erba un corso condensato di umanistica prima di permettere loro di aprire un libro di neurofisiologia o informatica”.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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