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Un film da non perdere sui francescani, speranza per il nostro mondo così ferito

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Matthew Becklo - pubblicato il 18/11/16
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Nel nuovo documentario Outcasts ho visto una rivoluzione – concreta ed esplosiva, in ogni senso del termine – fatta di tenerezza, per questo mondo immerso nel dolore

Dopo l’amarezza di un anno elettorale particolarmente strano, l’America ha fame di risposte. Le persone stanno seriamente provando a capire cosa sia successo negli ultimi mesi e perché, ma soprattutto quali conseguenze avrà per il futuro.

Ogni risposta però – che sia il collasso del neoliberalismo, un ritorno del bigottismo e del nativismo, oppure una reazione fomentata sui social media contro la classe dirigente – risulta essere incompleta. Tutte queste interpretazioni potrebbero fare luce su un aspetto della storia, ma nessuna di esse mostra l’intero quadro.

Tom Hoopes aveva raccontato una storia, il giorno prima delle elezioni. Ma, come ha spiegato Bernie Sanders a Colbert, la sua è una storia completamente ignorata dai media.

Eccola qui: l’afflizione è ovunque. “La violenza e il vetriolo” delle elezioni, ha scritto Hoopes, sono soltanto dei sintomi di quell’afflizione. Dovunque si ponga lo sguardo, superando qualsiasi confine, le persone stanno soffrendo. Soffrono da un punto di vista finanziario, sociale, fisico, mentale, emotivo e – soprattutto – spirituale. E come dice il proverbio, chi è ferito tende a ferire gli altri.

La speranza di Hoopes, che cita l’arcivescovo Samuel Aquila, è in un movimento diverso: “l’Opzione Francesco”, che porta “il perdono di Dio a coloro che si trovano ai margini spirituali e materiali della società, rafforzando inoltre la salute delle nostre comunità locali per mezzo del balsamo della misericordia di Dio”.

Proprio due giorni dopo le elezioni, ho intravisto ciò che potrebbe essere chiamata la “Ground Zero” dell’Opzione Francesco. E non parlo di un sermone pio. No, ho visto una rivoluzione – concreta ed esplosiva, in ogni senso del termine – fatta di tenerezza, per questo mondo immerso nel dolore.

L’atmosfera nel centro parrocchiale di Babylon (New York) era distesa, gioviale. Sembrava che le persone avessero tutto in mente fuorché la politica; erano venuti a vedere il nuovo documentario di un gruppo straordinario di film-makers (autori di Child 31 The Human Experience) per raccontare la storia di un gruppo straordinario di persone: Frati Francescani del Rinnovamento, un piccolo (ma molto attivoordine di frati del Bronx.

Dopo un epigrafe dal primo capitolo di Giovanni – “La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta” – il film apre mostrando dei frati che pregano intensamente in una cappella. Il silenzio è infranto dal suono, lontano ma forte, di alcune sirene, che danno il ‘la’ alla cupo sound grunge-gospel de “Revival” dei Soulsavers.

Le immagini dei frati tra le strade più degradate di New York sono intervallate da scene piene di dinamismo, confusione e disperazione di alcune delle più povere comunità al mondo. Non si tratta di posti che i frati si limitano a visitare: questi luoghi sono la loro casa. E sin dall’inizio Outcasts si rifiuta di nascondere dai nostri occhi ciò che accade in quelle strade.

La prima parte del film ci porta nel Bronx e ad Harlem, dove i frati danno cibo, riparo e consulenze a chi vive per strada e non ha dove andare. Due struggenti sub-plot raccontano la storia di un ragazzo che sta lentamente perdendo un fratello nato con l’AIDS e la storia di un bluesman che suona la chitarra agli angoli delle strade per raccogliere qualche spicciolo. Per entrambi, quei frati col cappuccio grigio sono delle rocce materiali e spirituali: offrono a loro il proprio tempo, danno la comunione, pregano con loro, donano loro cibo e un posto dove dormire. Danno speranza.

Cosa hanno trovato questi uomini in San Francesco e in quest’ordine, da spingerli a diventare frati? Per uno di loro è stata “la semplicità della loro testimonianza”. Né il messaggio di Francesco né l’ordine presentano alcuna confusione: la loro vita è condotta nella totale povertà, nel totale amore per Dio e per il Vangelo, nella totale convinzione che l’amore possa trasformare qualsiasi angolo del mondo, persino il più oscuro.


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Questa convinzione porta i frati in un luogo nei pressi di Moyross, in Irlanda, una comunità che uno degli abitanti del posto chiama “l’inferno”. E non vanno lì nonostante la povertà, la violenza, gli spari, le auto date alle fiamme o la droga: vanno lì – come dice un frate nascondendo a malapena un sorriso – a causa di tutto ciò. Gli abitanti pensano che si tratti di poliziotti in borghese… chi altri andrebbe a Moyross? Ma nel tempo i frati hanno conquistato il loro rispetto, perché portatori di cambiamento e di grazia.

È accaduto lo stesso a Comayagua, in Honduras, dove i frati sono entrati in una prigione conosciuta perché nel 2012 un incendio ha ucciso centinaia di detenuti. Lì – “armati” soltanto della pace di Dio – i frati pregano, predicano e fanno visita a persone che si sono macchiate dei crimini più violenti che la mente umana possa concepire.

Ma penso che la scena più potente del film sia quella di Bradford, in Inghilterra, dove il convento di San Pio offre cibo e prima assistenza alla gente del posto, prigioniera della tossicodipendenza o costretta a prostituirsi. La troupe segue in un covo di drogati una giovane donna, invecchiata da anni di tossicodipendenza.

Quando lei è sotto effetto, assistiamo a scene idilliache con una ragazzina che si sente amata, felice e spensierata… forse la ragazza che un tempo era questa donna, o la ragazza che sarebbe voluta diventare. In entrambi i casi, c’è una domanda che ci assilla: cosa sarebbe diventata questa persona se, invece di ricevere abusi e indifferenza, le avessero mostrato amore?

Dopo i titoli di coda uno dei frati – altri due stavano rispondendo a delle domande – si è alzato e ha definito questa scena “basilare per il film e per l’opera dell’ordine”. Questa immagine, ha spiegato, gli è rimasta impressa in mente, perché si rivolge direttamente alla misteriosa dignità di ogni vita afflitta.


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In questo esatto momento il mondo ha un disperato bisogno di ascoltare questo messaggio, per la cui diffusione la Grassroots Films e i frati dell’ordine stanno viaggiando in lungo e in largo negli Stati Uniti e in Europa.

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]