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Hai un’amicizia platonica o aristotelica?

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Daniel R. Esparza - pubblicato il 17/11/16

Secondo Aristotele esistono tre tipi di amicizie. Quali sono le tue?

Se Platone è l’autore di una delle più famose lezioni sull’amore (basta leggere, tra i suoi dialoghi, il Fedro o il Banchetto), Aristotele è senza dubbio uno degli autori classici che meglio ha affrontato il tema della natura dell’amicizia. Nella sua Etica Nicomachea, forse la più conosciuta tra le sue opere sul tema, il filosofo sostiene che vi siano sostanzialmente tre “specie di qualità suscettibili d’amicizia”: l’utilità, il piacere e il bene. Ma questo non vuol dire che le amicizie derivanti da qualsiasi di queste tre ragioni siano necessariamente amicizie “reali”.

Affinché un’amicizia possa essere considerata autentica, secondo Aristotele, deve avere i seguenti attributi: “per essere amici, gli uomini devono (1) provare benevolenza gli uni per gli altri, cioè devono desiderare il bene reciproco, (2) essere consapevoli della benevolenza dell’altro, e (3) la causa della propria benevolenza deve essere una delle qualità suscettibili d’amicizia precedentemente menzionate”.


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Il desiderio di benevolenza deve essere cioè noto e reciproco: Aristotele afferma che un uomo non può essere amico di un oggetto inanimato, “giacché sarebbe certamente ridicolo volere il bene per il vino”, perché un oggetto non può fare lo stesso nei nostri confronti. Non sarebbe un’affezione reciproca.

Se ne deduce che se una persona desidera il bene dell’altro, ma questo desiderio non è contraccambiato, non possiamo dire che tra i due vi sia davvero un’amicizia.

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© Conrado

Ecco perché Aristotele definisce l’amicizia come “una benevolenza nota e reciproca tra le persone, a motivo di una delle qualità suscettibili: cioè l’utilità, il piacere o il bene”.

Nella prossima pagina analizzeremo in dettaglio i tre tipi di amicizia secondo Aristotele.

1.- Amicizia per l’utilità

Aristotele insegna che “quelli dunque che si amano reciprocamente a causa dell’utile non si amano per se stessi, bensì in quanto deriva loro reciprocamente un qualche bene”. Questo vuol dire che in un’amicizia basata sull’utilità “le persone amano i propri amici per il loro beneficio, e non per quello dell’altra persona”. Cioè si vuole bene all’amico non per ciò che egli è, bensì per i benefici immediati che ci può apportare. Questo non è necessariamente sbagliato, secondo Aristotele, ma il filosofo reputa che queste amicizie non siano permanenti, perché se il beneficio dell’utilità dovesse terminare, anche l’amicizia terminerebbe. È il classico caso, ad esempio, del rapporto tra soci in affari o tra compagni di classe.


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2.- Amicizia per il piacere

Aristotele nota che accade qualcosa di simile tra questo tipo di amicizia e quella precedente. L’amicizia fondata sul piacere è quella che intercorre tra persone che si amano non perché hanno a cuore il bene dell’amico, ma per il piacere che possono ricevere dall’altra persona. Come con quelle fondate sull’utilità, anche le amicizie basate sul piacere sono relativamente fragili, perché possono cambiare o finire tanto rapidamente quanto il piacere ricevuto.

Aristotele afferma che questo è il tipo di amicizia più comune in gioventù. “I giovani infatti”, dice il filosofo, “vivono sotto l’influsso della passione, e perseguono soprattutto ciò che è per loro un piacere immediato. Ma col procedere dell’età anche le cose che fanno piacere diventano diverse. È per questo che i giovani rapidamente diventano amici e rapidamente cessano di esserlo: infatti, l’amicizia muta insieme col mutare di ciò che fa piacere, e il mutamento di un tale tipo di piacere è rapido”. Generalmente, secondo Aristotele, un’amicizia basata sul piacere è quella tra amici che condividono gli stessi passatempi: i membri di una squadra sportiva o i componenti di un gruppo musicale, ad esempio.

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© Lionel Fernandez Roca-CC

3.- Amicizia per il bene

Aristotele scrive che “L’amicizia perfetta, invece, è l’amicizia degli uomini buoni e simili per virtù: costoro, infatti, vogliono il bene l’uno dell’altro, in modo simile, in quanto sono buoni, ed essi sono buoni per se stessi. Coloro che vogliono il bene degli amici per loro stessi sono i più grandi amici; infatti, provano questo sentimento per quello che gli amici sono per se stessi, e non accidentalmente”.

Il filosofo continua affermando che “una tale amicizia, naturalmente, è permanente, giacché congiunge in sé tutte le qualità che gli amici devono possedere”. Con questo, Aristotele intende dire che una persona che è buona è anche amabile, e la sua compagnia è piacevole e utile. Dunque l’amicizia per il bene contiene in se stessa gli stessi pregi delle altre due amicizie, ma “del massimo livello e della migliore qualità”. Ecco perché quest’amicizia è completa, superiore.

Tuttavia Aristotele è tristemente realista: “Ma è naturale che simili amicizie siano rare, giacché pochi sono gli uomini di tale natura. Inoltre, richiede tempo e consuetudine di vita comune. E coloro che si scambiano rapidamente l’un l’altro i segni dell’amicizia, vogliono, sì, essere amici, ma non lo sono, se non sono anche degni di essere amati e se non lo sanno: infatti, la volontà di amicizia sorge rapidamente, ma non l’amicizia”.


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[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

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