LA MISERICORDIA È UN ATTO, NON UN SENTIMENTO!
L’autore comincia affermando che la misericordia, come l’amore, non è un sentimento ma un atto.
«L’amore non è un mollusco! L’amore è forte, potente, incide. Se l’amore fosse un sentimento, non muoverebbe nulla, resteremmo tutti in una brodaglia di stati d’animo. Un amico vero ti vede come sei o cosa fai e resta estraneo? Non ti contesta se ti serve? Non si sporca le mani con te? Chi è un buon padre? Quello che concede tutto o quello che, senza esasperare, sa correggere i propri figli e portarli al loro vero bene? (…)La misericordia di Dio è la sua cura della nostra vita, perché la misericordia è la premura per qualcun altro, è la ricerca del bene di qualcun altro. (…) No, nessun dubbio: la misericordia è un atto, è un’opera, è una sapienza, una cura, una sana apprensione per l’altro che non molla fino a quando non ha aiutato l’altro verso il buon risultato. È saper accogliere, e quindi guardare, e gridare se ce n’è bisogno, saper dire di no oppure di sì, non dipende da ciò che “sente”, ma da quello che serve di più. Il centro della misericordia non è l’amante e i suoi sentimenti, ma l’amato e il suo vero bene. Se resta solo l’amante è narcisismo, è estetica».
Delle sette opere di misericordia spirituale di cui tratta don Fabio Rosini nel suo libro, ci concentreremo sulla prima: CONSIGLIARE I DUBBIOSI.
La parola dubbio, spiega l’autore, deriva da “due”, “dualità”, e attraverso il capitolo tre del libro della Genesi ci mostra come il dubbio venga dal demonio:
«Satana è il maestro di quest’ambiguità, incrina il senso del vero e del bello, mostrando il male dove non c’è. Satana non nega che Dio esista ma fa credere che in Dio sia presente il male. L’uomo perciò è costretto da questo ragionamento a determinare se stesso, la propria vita, partendo dalla coesistenza di tutte le ipotesi, anche le peggiori, ossia quella di un Dio fondamentalmente non certo, o non buono, o non presente o non partecipe».
Qual è il problema dei dubbiosi?
Ogni giorno la vita ci pone davanti delle scelte, prendere una strada rispetto ad un’altra implica conseguenze dove “talvolta, ci giochiamo tutto”. Le scelte che facciamo possono essere semplici e con pochi rischi, o enormi e complesse, in grado di compromettere molto della nostra vita. Restare fermi di fronte alle decisioni da prendere, immobilizza l’esistenza.
«Un dubbio, a sua volta, può “stroncare” una persona fino a ridurla in uno stato di inattività. Esistono persone, ed è un dato antropologico nuovo, che entrano in una fase d’indecisione attorno ai vent’anni e non ne escono per molto tempo. Essendo fallita la fase d’identificazione della propria direzione, si può arrivare ai quarant’anni senza aver fatto alcuna scelta definitiva. È un’area di parcheggio di cui molti non trovano l’uscita e le persone in questo stallo non riescono, per esempio, a sposarsi o ad identificarsi, ossia a prendere una via univoca. Spesso sono condizionati da una cultura circostante di fatto largamente ambigua».
IL BIVIO DEL DUBBIOSO: FRA IL BENE VERO E IL BENE FALSO
«(…)Se la scelta fosse fra il bene e il male, sarebbe facile e schematico, chi deve scegliere tra questi estremi sceglie di sicuro il bene, non è difficile. Ma non è mai così banale. La vera scelta, infatti, non è fra il bene e il male ma fra il bene vero e il bene falso. Tutte le opzioni, nelle scelte serie, hanno almeno una parvenza di bene ed è questo che rende arduo il campare. Il dubbioso, colui che deve decidere, si trova a un bivio e non riesce a farlo».
DUE STRATEGIE FALLIMENTARI PER AIUTARE UN DUBBIOSO
La primaè la tendenza razionalista, che si orienta a cercare una soluzione “oggettiva”, incasellando in schemi già noti la complessità delle persone e dei loro problemi.
«(…)tu mi poni un tuo problema e io cerco lo schema in cui metterti, appiccicandoti addosso altro, senza ascoltarti veramente. Sono i consigli “professionali”. Il dubbioso è messo, a martellate, dentro il novero delle cose che già sappiamo».
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