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Così la Chiesa accompagna chi prova attrazione per lo stesso sesso

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© WOJTEK RADWANSKI / AFP

A poster, part of a social campaign for tolerance of homosexual minority in Catholic church in Poland, is seen on the street of Warsaw on September 28, 2016. / AFP PHOTO / WOJTEK RADWANSKI

Marinella Bandini - Aleteia - pubblicato il 09/11/16

Da Courage un progetto di vita basato su preghiera, castità, amicizia e servizio

Nonostante che negli ultimi anni non si faccia che parlare di omosessualità, la conoscenza di questo tema è ancora molto approssimativa e piena di stereotipi. A fare un po’ di chiarezza è un libro di padre John F. Harvey – sì, proprio un sacerdote di quella Chiesa giudicata retrograda e oscurantista sulla morale sessuale. Per oltre 50 anni questo prete americano si è preso cura di persone che volevano vivere la fede cattolica senza che la loro attrazione sessuale fosse un ostacolo. Con pazienza e vicinanza, padre Harvey ha trovato insieme a loro una strada, sempre alla luce della dottrina cattolica. Dal 1980 è stato il primo direttore dell’Apostolato Courage, associazione fondata dal cardinale Terence J. Cooke nel 1980 a New York, per la cura pastorale delle persone omosessuali, oggi presente in tante diocesi in tutto il mondo. Il libro “Attrazione per lo stesso sesso. Accompagnare la persona”, pubblicato da Edizioni Studio Domenicano, raccoglie alcune riflessioni di padre Harvey, ma anche indicazioni pastorali precise.

Così scrive nella prefazione l’arcivescovo di Bologna, monsignor Matteo Zuppi: “La Chiesa non alza muri, non crea categorie di persone in funzione dell’orientamento sessuale, perché, prima di avere un’attrazione sessuale particolare, sono persone. (…) In questa linea la chiamata alla santità è per tutti (…)”. L’accento sulla persona anziché sulla tendenza omosessuale è la vera chiave di volta per capire i termini della questione. Per questo, fin dall’inizio, padre Harvey corregge anche la terminologia: meglio parlare di persone con attrazione verso persone dello stesso sesso (A.S.S.), evitando la parola “omosessuali” con cui “rischiamo, almeno implicitamente, di considerare l’omosessualità come la caratteristica essenziale della persona” mentre “una persona, in fondo, è più che un insieme di inclinazioni sessuali e i ragionamenti sull’attrazione verso persone dello stesso sesso si fanno più confusi se pensiamo agli ‘omosessuali’ come a una categoria a parte di esseri umani”.

Harvey ammette che “in genere, le persone ‘eterosessuali’ non comprendono quelle che provano un’A.S.S. persistente” e di aver lui stesso impiegato “anni per capire la natura di questa condizione”. Ma affronta con chiarezza alcuni punti caldi. Dice, per esempio, che per gli adolescenti non si può parlare di omosessualità (che è una condizione adulta) e bisogna essere molto cauti nel liquidare un atteggiamento ambiguo tipico dell’età come tendenza omosessuale. La stessa attrazione per persone dello stesso sesso ha sfumature diverse in ogni persona. Essa poi, è una tendenza e non un peccato, ma questo non giustifica moralmente gli atti omosessuali (che la Chiesa condanna). Si parla della diffidenza della società verso le persone con A.S.S, ma anche del paradosso delle associazioni “gay”: “Da un lato, si richiede con insistenza che le persone con tendenze omosessuali siano ben integrate nella società; dall’altro, i club ‘gay’ si sviluppano come rifugio dalla società ‘eterosessuale’, impedendo l’integrazione”.

A padre Harvey non interessa fare un trattato dottrinale (alcuni aspetti sono comunque trattati nel secondo capitolo, mentre i testi integrali del magistero sono riportati in appendice), offre invece diversi spunti pastorali. Non si parla di “cura” in termini medici, anche se si fa riferimento ad adeguate terapie psicologiche di supporto alla persona, da affiancare all’accompagnamento spirituale. Tra l’altro, gli studi scientifici non offrono alcuna certezza che una “terapia riparativa” possa portare a una modifica dell’inclinazione. Si parla del grande dolore – fino alla disperazione – che molte persone con questa tendenza manifestano, fino all’odio di sé. Per questo è utile che ci siano programmi pastorali specifici: è il caso di Courage, che propone un progetto di vita molto essenziale basato su preghiera, castità, buone amicizie, servizio agli altri, sempre con la guida di un direttore spirituale, il cui compito è “dimostrare che è possibile vivere una vita casta e felice senza isolarsi dalla società”.

Alcuni paragrafi illustrano il valore della castità e dell’amicizia: “Nel linguaggio corrente, la castità ha una connotazione negativa (…). La vera castità, invece, consiste nel modo corretto di esprimere l’affettività (…)”. Ci sono “forme di amicizia solide, sane, caste e decisamente auspicabili. Amicizie di questo tipo rappresentano la forma di sostegno migliore” per le persone con A.S.S. in quanto “trasmettono affetto e un senso di autostima”. Inoltre le persone vanno introdotte nella comunità cristiana più ampia che “la sostenga” e possano capire che sono “parte integrante della Chiesa”. Per i genitori e familiari delle persone con A.S.S. è sorta l’associazione EnCourage, che li aiuta a comprendere meglio e a mantenere con loro un rapporto sano con il familiare. Ci sono poi situazioni ancora più specifiche: il libro raccoglie alcuni consigli di padre Harvey per chi scopre tendenze omosessuali mentre è fidanzato o sposato o sente la vocazione alla vita religiosa e sacerdotale. Infine un paragrafo in cui si ribadisce la contrarietà della Chiesa ai “presunti ‘diritti gay’”.

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