
Percorse i primi 20 chilometri della strada secondaria che attraversava la Valle del Paraíba in direzione di Aparecida in trance. Paulo era in sovrappeso. Se non fosse stato per la partita a calcio settimanale che giocava con gli amici (e organizzata da Wagner), sarebbe stato totalmente sedentario. Non era certo preparato fisicamente, né si poteva considerare un ciclista.
Già nella prima metà del viaggio cominciò a sentire una fitta alla schiena, e il sole di ottobre in quella regione del Brasile in cui verso mezzogiorno la temperatura raggiunge i 35 gradi gli sferzava il volto. Dovette fermarsi una prima volta. Accostò la bicicletta, si sedette sul marciapiedi e pianse con il viso nascosto tra le mani.
Fu in quel momento che comprese la situazione sorprendente in cui si trovava: non aveva fede, non pregava da molti anni e Dio era un argomento che non faceva più parte della sua vita. Ma allora perché era lì in mezzo al nulla con una bicicletta, poche monete in tasca e diretto al Santuario di Aparecida pregando incessantemente?
Da molto tempo era assolutamente solo, con il cuore vuoto. Aveva dimenticato Dio in qualche momento della sua infanzia, perché era l’infanzia che gli veniva in mente mentre piangeva per il fratello. Qualcosa gli si accendeva nel petto, toccandogli l’anima. L’unica cosa che poteva fare era andare avanti, e fu quello che fece.
Nella seconda metà del viaggio il corpo non gli obbediva più. I dolori avevano superato il punto che in qualsiasi altra situazione lo avrebbe fatto fermare. Ora Paulo pedalava mortificato dalla stanchezza fisica ed emotiva. Usciva da se stesso verso qualcosa di nuovo, diverso da qualsiasi ricerca di consolazione personale. Continuava a pregare. Non pregava più solo per il fratello in terapia intensiva. La sua preghiera si estendeva a tutti.
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