I pensieri di un padre sull'ingresso della figlia in una clausura passionista
Se le figlie di altri uomini mi avessero parlato del loro interesse a entrare in convento o ad aderire alla vita claustrale non avrei avuto niente da ridire. Avrei rispettato totalmente la loro scelta e sarei stato davvero felice per loro. Sono certo che avrei pensato “Che vocazione nobile e splendida!”, o “Che vita significativa con un proposito santo!”
Quando ho sentito dell’interesse di mia figlia per la clausura, il mio primo pensiero è stato: “Mamma mia, spero che ti possa prendere una vacanza… quanto spesso potrai venire a trovarci?”
Non è triste che il mio primo pensiero non abbia riguardato la realizzazione vocazionale e il benessere spirituale di Nora? Il mio pensiero iniziale è stato che avrei potuto perdere la presenza di mia figlia in casa e la sua compagnia gentile e piacevole.
Ho pensato a questo perché non sapevo alcune cose sul chiostro. Avevo letto l’autobiografia di Santa Teresa, Storia di un’Anima, con la sua descrizione del suo ingresso in convento e del fatto di aver dovuto dire addio al padre addolorato e alla sorella Céline.
Non sono mai stato bravo con gli addii.
Ho osservato la fiducia spirituale e la serenità di Nora nella sua scelta vocazionale quando ha visitato per la prima volta le suore passioniste per una settimana “Vieni e vedi” di discernimento nel novembre-dicembre 2013, e poi nella sua “visita da aspirante” dal febbraio al maggio 2014. Temevo di dover dire addio alla mia unica figlia.
Mentre aspettavo e pregavo durante tutto quel tempo mi sono chiesto: “Dovrei farla restare?”, “Dovrei indurla a preoccuparsi del mio dolore e del mio dispiacere?” Ho ponderato l’egoismo di tutto questo e la manipolazione e l’uso sbagliato delle dinamiche di potere e controllo che avrebbe potuto rappresentare. Ho pensato a quanto mi sarei sentito in colpa se avessi visto mia figlia intrappolata dal mio egoismo…
Il pensiero mi ha fatto inorridire. Ho preso anch’io in considerazione la vita religiosa, e come mi sarei sentito se qualcuno mi avesse intrappolato a livello emotivo, evitando che compissi una scelta libera sulla mia vocazione e sul mio stile di vita? So che avrei potuto essere risentito con quella persona, e avrei provato dolore per non aver risposto alla chiamata del nostro amorevole Signore.
Ho guardato mia figlia: un’anima pura. Una giovane donna profondamente spirituale, che voleva discernere la chiamata di Dio per lei, liberamente. Desiderava conformarsi alla volontà di Dio per cui avevo pregato, come per tutti i miei figli… [perché] per essere autentici seguaci dobbiamo essere aperti a tutte le scelte, non solo per noi, ma anche per le persone che amiamo.
Quando Nora è tornata a casa dalla sua “visita da aspirante” di tre mesi nel Kentucky non è mai tornata pienamente. Il suo corpo era a casa, ma il suo spirito apparteneva a un chiostro in Kentucky. Ci amava allo stesso modo e si è “adattata” a stare a casa, ma dopo un giorno o due mi ha ricordato che quella non era più la sua vita. “Non ho più una vita qui”, mi ha detto. “Devo realizzare il progetto di Dio per me, e non è più qui”. Non lo ha detto in modo cattivo, era solo una constatazione dei fatti.
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Sono rimasto scioccato, ma dentro di me sapevo che le sue parole erano vere. Ho iniziato a prepararmi al distacco che sarebbe avvenuto alla fine di luglio, quando Nora avrebbe iniziato il suo postulantato di un anno.
Alla fine di quel periodo, se si fosse sentita ancora chiamata alla vita religiosa non sarebbe più tornata a Olean, New York.