Andare dietro a Gesù, toccava gli aspetti più intimi delle persone chiamate, dando nuovo orientamento a tutta la loro vita relazionale; esse sperimentavano una nuova appartenenza alla grande famiglia di Gesù, che si era riunita a causa della buona notizia. Quindi la domanda su come si conciliasse matrimonio e sequela è centrata. Per avvicinarsi alla questione si può partire da un’affermazione molto interessante di Paolo. Mettendo la sua vita apostolica a confronto con quella di altri apostoli dice: «Non abbiamo il diritto di portare con noi una sposa credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?» (1Cor 9,5). La domanda è retorica e si riferisce al fatto che Paolo ha rinunciato a questo diritto come a quello di essere mantenuto dai destinatari del suo annuncio. Con questa domanda di Paolo, veniamo a conoscenza del fatto che gli altri apostoli e il gruppo nazaretano, giudeo-cristiano, cosiddetto dei «fratelli del Signore», non solo erano sposati, ma portavano le loro consorti in missione, a differenza di Paolo e Barnaba. I Vangeli danno qualche altro indizio importante sui rapporti degli apostoli con le loro famiglie.
Sono riferimenti che a volte paiono andare uno nel senso contrario dell’altro, dicendoci chiaramente che vivere le relazioni familiari dentro la sequela portava talvolta al conflitto, altre volte a maggior unione; insomma, l’argomento mostra la sua complessità. Vi sono dunque due linee da seguire. Da una parte quanto ha affermato Paolo può corrispondere alla consuetudine giudaica di far dipendere la famiglia dalle decisioni del padre- marito, per cui le donne avrebbero dovuto seguire i propri mariti ovunque. All’inizio ciò fu sicuramente semplice: fino a quando il ministero di Gesù si svolse in Galilea, egli insieme ai suoi discepoli era sicuramente ospitato nelle case dei discepoli, come ci ricorda proprio l’episodio della suocera di Pietro, che si mise a servirli. Quindi si può supporre che gli apostoli rimasero legati alle loro famiglie. La «casa» di Pietro, che gli scavi archeologici di Cafarnao hanno riportato alla luce, è memoria di questa di questa assiduità di rapporti tra Gesù, i dodici e le loro rispettive famiglie. Quando Gesù si sposta in Giudea allora questa frequentazione fu certamente impossibile.
Luca però ci ricorda che anche in Giudea ci furono alcune donne che servivano Gesù e gli apostoli «dai loro beni» (Lc 8,1-3). In questo seguito femminile è probabile fossero presenti anche alcune mogli degli apostoli, che aiutavano Gesù e gli apostoli, custodendoli nelle loro necessità. Accanto a questa linea nel vangelo ve n’è un’altra che, secondo gli studiosi, potrebbe scaturire proprio dalle prime difficoltà della sequela del Signore, sempre più esigente e radicale. Espressione di questo passaggio è la frase di Pietro, riportata da Luca: «Noi abbiamo lasciato tutte le nostre cose e ti abbiamo seguito. Gesù rispose: In verità vi dico, non c’è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà» (18,28-30). Quest’affermazione di Gesù fa pensare ad un certo distacco dalla famiglia, ma certamente non si accenna a nessun tipo di divorzio tra gli apostoli e le proprie consorti, forse si tratta di lunghi periodi di assenza dalle loro case.
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