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Un po’ di vergogna fa bene all’anima

vergogna

Gabrielle Lutze | Stocksy United

Dena Dyer - pubblicato il 03/11/16

Provare vergogna e senso di colpa può aiutare a migliorarci e a perdonarci a vicenda

La prima volta che ricordo di aver provato un profondo senso di vergogna è stata quando avevo 10 anni. Dopo aver individuato il rospo più grande che avessi mai visto nel nostro ranch di famiglia nel Texas, ho deciso di sezionarlo.

La creatura respirava piano, gli occhi neri fissi sull’erba di fronte a lei. Nella mano destra tenevo una grande pietra, che alla fine ho sbattuto con forza sulla sua testa. Materia celebrale giallastra è schizzata via dalla testa di quella creatura. Dopo averla girata, le ho preso la pancia con una mano e l’ho tagliata con un coltello da cucina. Le viscere dell’animale odoravano di putrefazione.

Mi sono sentita improvvisamente depressa, e anche il mio stomaco non stava così bene. Era la prima volta che distruggevo di proposito un altro essere vivente, eccettuando insetti o ragni. È stata anche l’ultima.

La vergogna ci fa bene?

Quella che ho provato quel giorno era davvero vergogna? O era senso di colpa? Spesso i due sentimenti sono intrecciati: riguardano entrambi la riprovazione nei confronti di se stessi, e a volte i termini vengono usati come sinonimi. Ad ogni modo, credo che le emozioni che sperimentiamo che ci chiedono di guardarci dentro e di rivalutare le nostre azioni siano utili. Nel mio caso, i sentimenti che ho provato per la storia del rospo hanno evitato che prendessi decisioni simili in futuro.

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La vergogna, contrariamente a quanto credono alcuni autori e psicologi, ha un ruolo nella vita sana di un individuo o di un gruppo. Pensate, ad esempio, alla vergogna collettiva che sperimentiamo quando ricordiamo la complicità del nostro Paese nella schiavitù. Un atteggiamento del genere, quando scegliamo di pentirci e poi di allontanarci dalle nostre azioni negative passate, ci aiuta a compiere scelte morali in futuro.

All’inizio di quest’anno, in uno studio, gli antropologi che hanno svolto ricerche negli Stati Uniti, in India e in Israele hanno riferito che la vergogna sembra essersi sviluppata negli umani come modo per mantenere l’ordine sociale: “Visto che la vergogna (come il dolore) provoca sofferenza personale e a volte porta a comportamenti ostili, questa emozione è stata definita ‘maladattiva’ e ‘brutta’. Questa emozione brutta può essere l’espressione di un sistema elegantemente progettato per scoraggiare le scelte dannose e trarre il meglio da una situazione negativa”. E allora se la vergogna ha connotazioni negative, l’emozione può essere davvero uno strumento che usiamo per insegnarci ad essere migliori la prossima volta.

Daniel Sznycer, uno dei ricercatori, osserva che la vergogna – come il dolore – si è evoluta come difesa. “La funzione del dolore”, indica, “è quella di impedirci di danneggiare il nostro tessuto. La funzione della vergogna è impedirci di danneggiare i nostri rapporti sociali, o motivarci a restaurarli”.

Colpa, vergogna e grazia

La vergogna, allora, può essere positiva, finché non le permettiamo di prendere il sopravvento sulle nostre emozioni e sulle nostre azioni. Non dobbiamo accettare la bugia per cui noi – o altri – siamo non amabili, non perdonabili o irredimibili. Quando ci vergogniamo, non significa che diventiamo automaticamente una di queste cose.

L’autore ed esperto sulla vergogna dottor Brene Brown definisce la vergogna il “credere che siamo imperfetti e quindi immeritevoli di amore e di appartenenza – qualcosa che abbiamo sperimentato, fatto o fallito a fare ci rende indegni di collegamento. Non credo che la vergogna sia utile o produttiva. Penso che sia più la fonte di un comportamento distruttivo e dannoso che la soluzione o la cura. Penso che la paura della mancanza di connessione possa renderci pericolosi”.

Se concordo con Brown su molte cose, mi chiedo se il senso di colpa, il rammarico e la vergogna non siano solo aspetti diversi della coscienza dataci da Dio. Se è così, cosa succederebbe se dessimo loro il giusto posto nella nostra vita anziché cercare di sfuggirli? Non lasciarli sopraffarci, ma riconoscere perché stanno emergendo, e usarli per andare avanti con più amore e compassione nel nostro cuore.

Dopo tutto, un’entità o un individuo che abbia perso il senso della vergogna è pericoloso. In Filippesi 3, 19, Paolo parla di “molti” dicendo che “la perdizione però sarà la loro fine, perché essi, che hanno come dio il loro ventre, si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi”. Ricorda da vicino la nostra società, non è vero?

La bellezza della grazia è che non dobbiamo continuare a provare vergogna e permetterle di impedire la nostra crescita. Quando ci confessiamo, veniamo perdonati dei nostri peccati e possiamo vivere gioiosamente nella libertà.

E questo è qualcosa di cui gloriarsi.

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I lavori di Dena Dyersono apparsi su dozzine di pubblicazioni, tra cui Reader’s Digest, Woman’s World, Family Circle, Redbook e Today’s Christian Woman. È anche autrice o co-autrice di otto libri. Il suo lavoro più recente, scritto con l’uomo con cui è sposata da 21 anni, è il libro devozionale umoristico Love at First Fight: 52 Story-Based Meditations for Married Couples.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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