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Le Beatitudini: esercizio di contemplazione ed azione

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Flickr.com/ Creative Commons/ © jev55

Silvia Lucchetti - Aleteia - pubblicato il 03/11/16

Il gesuita Diego Fares accogliendo l’invito di Papa Francesco ci svela il senso profondo del “Discorso della montagna”

Il libro “Il programma della felicità. Ripensare le Beatitudini con Papa Francesco” del gesuita Diego Fares con suor Marta Irigoy (Àncora editrice) raccoglie l’invito che Papa Francesco fece ai giovani riuniti nella cattedrale di San Sebastián (Rio de Janeiro) il 25 luglio 2013 in occasione della XXVIII Giornata mondiale della Gioventù:

«(…)La fede in Gesù Cristo non è uno scherzo, è una cosa molto seria. E’ uno scandalo che Dio sia venuto a farsi uno di noi. E’ uno scandalo che sia morto su una croce. E’ uno scandalo: lo scandalo della Croce. La Croce continua a far scandalo. Ma è l’unico cammino sicuro: quello della Croce, quello di Gesù, quello dell’Incarnazione di Gesù. Per favore, non “frullate” la fede in Gesù Cristo. C’è il frullato di arancia, c’è il frullato di mela, c’è il frullato di banana, ma per favore non bevete “frullato” di fede. La fede è intera, non si frulla. E’ la fede in Gesù. E’ la fede nel Figlio di Dio fatto uomo, che mi ha amato ed è morto per me. Allora: fatevi sentire; abbiate cura degli estremi della popolazione, che sono gli anziani e i giovani; non lasciatevi escludere e che non si escludano gli anziani. Secondo: non “frullate” la fede in Gesù Cristo. Le Beatitudini. Che cosa dobbiamo fare, Padre? Guarda, leggi le Beatitudini che ti faranno bene. Se vuoi sapere che cosa devi fare concretamente leggi Matteo capitolo 25, che è il protocollo con il quale verremo giudicati. Con queste due cose avete il Piano d’azione: le Beatitudini e Matteo 25. Non avete bisogno di leggere altro. Ve lo chiedo con tutto il cuore(…)».

Il Papa invitò calorosamente i giovani a leggere le Beatitudini e il capitolo 25 del Vangelo di Matteo tanto che l’autore, prendendo sul serio la sua raccomandazione, ha raccolto in un libro alcune riflessioni per aiutare a comprendere lo spirito delle Beatitudini e il pensiero del pontefice.

Il testo è diviso in tre parti: la prima sezione, intitolata «Le beatitudini come ambiti d’incontro» e scritta insieme a suor Marta Irigoy della Congregazione delle Missionarie, comprende riflessioni e proposte di contemplazione per un incontro di preghiera secondo la spiritualità degli Esercizi di sant’Ignazio; la seconda «Le beatitudini di papa Francesco» è più specifica, mentre la terza risulta più contemplativa sul brano evangelico di Matteo 25.

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COME POSSIAMO ESSERE FELICI?

Il programma per la felicità, scrive l’autore, ce lo dona Gesù “perché Egli è La Beatitudine – la nostra vita, la nostra pace, la nostra speranza –“ , in Lui tutte le Beatitudini trovano compimento e pienezza. Perciò il vero beato è chi sceglie povertà e umiliazione al posto di ricchezza ed elogi per imitare Cristo. Lui, che con la sua venuta ci ha regalato ogni bene, ci offre “il programma della felicità cristiana”, un modo di vivere in spirito lieto ogni situazione.

QUALI SONO LE BEATITUDINI MAGGIORI?

«Le due beatitudini maggiori sono la povertà – col suo corteo di opere e gesti di «giustizia», «umiltà», «dolcezza e mitezza», «purezza», «misericordia» e «pace» –, e la persecuzione o «umiliazioni»: «ignominia e disprezzo», diceva Ignazio. Entrambe, povertà e umiliazioni, sono beatitudini nell’Amore di Gesù e soltanto per quell’amore, in quel nome benedetto».

Le Beatitudini sono ambiti di incontro risultato di decisioni libere: ci sono quelle in cui l’incontro avviene facilmente ed altre in cui l’incontro è frutto di dolore. Nelle prime, mitezza, mansuetudine, povertà spirituale, «stiamo cercandoci a vicenda, il Signore e noi, e c’incontriamo con gioia e armonia. La nostra povertà tende le mani alla sua grandezza. I nostri occhi agognano la sua luce. La sensibilità del nostro cuore trova pace nella sua amabilità e dolcezza». Nelle seconde «le nostre lacrime hanno bisogno di trovare conforto, ai nostri conflitti è necessario che il Signore venga a dare la sua pace, la persecuzione per la giustizia e per il suo nome richiedono che Egli venga in nostro aiuto. Il dolore e il conflitto, a volte, vengono dal fatto che ci siamo allontanati e ci siamo perduti, non andiamo all’appuntamento e il Signore deve uscire a cercarci».

CONTEMPLATIVI NELL’AZIONE E ATTIVI NELLA CONTEMPLAZIONE

L’autore presenta la struttura delle Beatitudini come l’esperienza drammatica che sant’Ignazio descrive negli Esercizi in cui si alternano consolazione e desolazione. Nelle Beatitudini “ci facciamo contemplativi
nell’azione e attivi nella contemplazione”:

«Perciò è possibile vivere le beatitudini come luogo d’incontro fra il cielo e la terra, fra la grazia e le situazioni umane, sia nella preghiera che nell’azione. In esse partecipiamo dei due movimenti del cuore del Signore: quello dell’attrazione a sé e quello dell’invio in missione verso tutti gli uomini; l’attrazione di tutti i desideri umani che il Signore compie per offrirli al Padre e il movimento di benedizione col quale il Signore diffonde la benedizione del Padre su tutti gli uomini».

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MARIA: BEATA IN SOMMO GRADO PERCHÉ HA CREDUTO E HA DATO FRUTTO

La Madonna riceve le beatitudini del Signore attraverso l’angelo: «benedetta tu fra le donne» e nel Magnificat esprime il suo essere e sentirsi beata «D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente» e riceve anche le beatitudini dell’umanità attraverso Elisabetta: «E beata tu che hai creduto nell’adempimento di ciò che il Signore ti ha detto».

«Le beatitudini sono incontro tra l’amore di Dio e l’amore per gli uomini. Perciò la Madonna è beata in sommo grado, perché è «il» luogo d’incontro tra Dio e gli uomini: in Lei s’incontrano la nostra natura umana e quella divina, il Verbo di Dio e la nostra carne. Per questo la esaltano sia Dio che il popolo fedele».

Maria è benedetta perché ha creduto, ha accolto la Parola e ha dato Frutto.

LA FEDE È DONO, MA LA NOSTRA RISPOSTA È ESSENZIALE

«La beatitudine di credere! La fede è dono, ma dono interattivo, seme che dipende dal terreno in cui cade, talento che viene negoziato di più o di meno, fiducia che viene aumentata con atti in cui ci si mette in gioco. La fede è dono, ma non come quello di una guarigione, per esempio, in cui fa tutto il Signore e la risposta del nostro corpo, che pure c’è, non è consapevole. Per la fede la risposta è essenziale. Perciò ci soffermiamo a contemplare gli atteggiamenti che Maria assume rispetto alla Parola che le viene proposta da ricevere e da mettere in pratica. Le parole preferite di Maria nei Vangeli girano intorno al «fare»: un fare che è ricevere – «avvenga per me secondo la tua parola», «Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente» – e praticare: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5)».

Il saggio, che rilegge in modo contemplativo le Beatitudini, è intriso di spiritualità ignaziana, arricchita dalle intuizioni e dall’insegnamento di un altro illustre gesuita e biblista: Carlo Maria Martini. In tutto il testo si respira il grande affetto filiale nei confronti di Papa Francesco, in particolare nelle pagine dedicate alle omelie del 2013 pronunciate nella cappella di Santa Marta da cui l’autore ricava “le nuove beatitudini” secondo Bergoglio che si concentra su coloro che dimostrano pazienza, su chi ha lo sguardo pulito, su chi rimane sveglio e vigila e su coloro che per andare incontro al prossimo escono da se stessi.

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