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Quello che mi ha ricordato sulla Comunione un bambino che piangeva

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Jeffrey Bruno

Tod Worner - pubblicato il 31/10/16

Quei singhiozzi mi hanno lasciato senza parole

Questo weekend, durante la Messa, mi è successo qualcosa di sconvolgente, e non me lo sarei mai aspettato.

Permettetemi di spiegare.

Padre Michael Joncas, un sacerdote amato, compositore di tesori liturgici come Take and Eat e On Eagles’ Wings, era il celebrante mentre il nostro caro parroco era in pellegrinaggio in Spagna e Portogallo. C’è qualcosa di speciale in padre Joncas. Effonde calore. Si percepisce in lui una santità naturale priva di qualsiasi traccia di affettazione.

Mentre venivamo accolti calorosamente nei riti di introduzione della Messa e abbracciati dalla Liturgia della Parola, il suo tono baritonale ci ha accompagnati sempre più vicino al momento sacro, fonte e culmine della Messa e della vita cattolica. Ci stavamo avvicinando all’Eucaristia.

Ed è allora che è accaduto.

In una Messa di sabato con varie centinaia di persone non è mai raro sentire i “suoni della vita”. Un libro che cade. Il cigolio degli inginocchiatoi. Il rumore dei fogli. Qualche colpo di tosse. Il rumore dei bambini. Ma al di là della splendida musica di Mary, la nostra cantrice, e Richard, il nostro direttore della musica e della liturgia, questa Messa era decisamente tranquilla. Finché…

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Mentre il sacerdote sollevava l’ostia e diceva “Prese il pane, rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse: ‘Prendete e mangiatene tutti. Questo è il mio Corpo, offerto in sacrificio per voi’”, nel momento – nel momento preciso – della consacrazione dell’ostia, un bambino si è messo a piangere. E non era solo un pianto qualsiasi. Era debole, quasi un lamento.

Lo so. Il bambino avrà avuto fame, o le coliche, o sarà stato stanco, direte voi, giusto?

Ma ecco perché mi ha colpito.

In una celebrazione altrimenti insolitamente calma e solenne, quel piccolo pianto solitario di un bambino (di non più di sei mesi) al momento della Consacrazione mi ha portato a riconoscere quello che troppo spesso dimentico. Mi ha ricordato cosa stava avendo luogo, perché forse in quel lamento solitario c’era il più vero apprezzamento del corpo di Dio spezzato e offerto ai suoi figli amati. Forse solo nell’innocenza angelica di quel bambino potevamo trovare una reazione perfetta a una tragedia così devastante e a una grazia così schiacciante.

Questo è il mio Corpo, offerto in sacrificio per voi.

E la risposta più pura? Le lacrime più pure.

Ecco quello che mi ha detto un semplice pianto. Forse se la mia vita fosse meno distratta e ossessionata dalle cose poco importanti, forse se la mia anima fosse meno obnubilata dal peccato, forse se prendessi ogni giorno con decisione la via della Grazia con un Dio che sa le cose meglio di me, e forse se capissi davvero il peso enorme che ha sollevato dalle mie spalle e ha preso sulle Sue… beh, forse piangerei anch’io al momento della Consacrazione. Forse le lacrime non potrebbero fare a meno di sgorgare nell’istante del sacrificio, lo spezzare il Corpo più puro, l’effusione di Sangue innocente. Per me. E per te.

Sì. La penso così.

Cogliere pienamente quanto Dio ci ami e capire davvero il sacrificio divino per le nostre anime ribelli è schiacciante. Va al di là della comprensione umana. Ma forse giusto un accenno ad esso è sufficiente a farci piangere.

Davvero.

Ed è bastato il pianto di un bambino a ricordarmelo.

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Tod Wornerè marito, padre, convertito cattolico e praticante di Medicina interna. Ha un blog su A Catholic Thinker.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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