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Gli errori e le imperfezioni ti frustrano? Apriti alla flessibilità

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 31/10/16

Costa quando viene spezzata la nostra comodità

Credo che il cammino di Dio per me si vada dispiegando passo dopo passo. Accanto a me. Non credo alle cose rigide, alle impronte uniche. Non credo alle verità imposte per decreto. Alle idee inserite nella mia anima senza che io me ne renda conto. Non pretendo di imporre niente a nessuno. Nemmeno a me stesso.

A volte, è vero, mi sembra meglio il controllo della fiducia. La sicurezza piuttosto del rischio. Ma mi spaventa questa rigidità che pretendo di costruire con le mie mani. È come se mi piacesse troppo creare correnti d’opinione, influire con il mio pensiero.

E a volte cerco di esautorare chi la pensa in modo diverso, chi non comunica con il mio credo. Cerco senza volerlo un pensiero unico, il mio, quello che mi convince. Mi fisso sulla purezza dell’interpretazione corretta. Quella che dev’essere. Quello che tutti devono pensare per non vivere nell’errore.

Mi fa paura cadere in questa rigidità e temere la libertà che ho imparato al Santuario, dalle mani di Maria. Devo imparare ad accettare gli errori, a convivere con l’imperfezione, ad accompagnare i processi. Con pazienza, con rispetto. Quando non tutto riesce perfetto.

Mettere da parte la mia paura del fallimento, dell’oblio. Quella paura che ho quando mi inquieta eccessivamente il fatto che non tutti pensino ciò che è corretto.

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Mi fa paura che la mia fede, il mio modo di intendere la vita si possa liquefare. Mi fa paura perdere il fuoco dell’amore di Dio che muove i miei passi e alza la mia voce. Mi fa paura perdere la forza di quello Spirito che mi rende flessibile, di quel fuoco che mi brucia dentro e mi riempie di vita. Non voglio diventare rigido, né freddo.

Mi piacciono le parole di papa Francesco: “La rigidità non è un dono di Dio. La mitezza, sì; la bontà, sì; la benevolenza, sì; il perdono, sì. Ma la rigidità no! Dietro la rigidità c’è sempre qualcosa di nascosto, in tanti casi una doppia vita; ma c’è anche qualcosa di malattia. Quanto soffrono i rigidi: quando sono sinceri e si accorgono di questo, soffrono!”

Non voglio essere rigido nei miei pensieri, nel mio modo di vedere la vita. Non voglio essere rigido nel mio amore, nella mia donazione. Mi piace la flessibilità di chi ama con tutta l’anima, liberamente. Di chi non è schiavo di altri. Di chi non cerca sempre l’approvazione del mondo. Di chi non ha paura né degli uomini né del futuro.

So che quando divento rigido non tutto mi sembra giusto. Soprattutto quando qualcuno esprime un’opinione diversa dalla mia. Divento nervoso. Come se avessi paura di perdere io qualcosa. La mia sicurezza, il mio posto nel progetto del mondo.

Temo di pensarla in un altro modo. O che la verità in cui credo venga sminuita. O che la verità degli altri abbia più forza della mia.

So che Gesù è la mia verità. Questo è chiaro. Per Lui sono disposto a dare la mia vita. Me lo ripeto ogni mattina per non dimenticarlo. Perché so che dare la vita non dev’essere semplice. Non voglio pensare che compiendo certe cose, pensando in un determinato modo, tutto sia risolto. Non sono tranquillo.

La vita di Gesù mi sembra poco rigida. Forse troppo flessibile per la mia anima che tende alla comodità. Non aveva orari stabiliti, né vie definite. Non obbediva alla norma del ragionevole. Non tutto ciò che faceva veniva lodato da quanti lo seguivano.

Mi piacciono le persone flessibili, perché mi aiutano a superare la mia rigidità, le mie forme, i miei modi di fare le cose. Mi obbligano a spezzare i miei schemi. Mi tirano fuori dalla mia aridità e mi aprono orizzonti nuovi.

Ma mi costa che spezzino la mia comodità come fa Gesù. Mi piace avere tutta la mia vita da stabilire. Tutto davanti a me. Anche se mi restano meno anni. So che ora e sempre Dio mi modella. Addolcisce con il suo spirito la mia anima dura.

Per questo so che devo lasciarmi riempire dal suo Spirito. Per essere più mansueto, più buono, più umile, più misericordioso. Per avere più fuoco dentro l’anima. Mi sembra tanto difficile!

Voglio le cose in un certo modo e mi frustro quando non sono come le vorrei. Quando non tutti vedono le cose come me. Mi scontro di nuovo con la mia rigidità. Resto ancorato al mio schema meraviglioso, inventandomi un modo di intendere la vita. Incapace di vedere la bellezza di altre vie. Non mi lascio sorprendere.

Voglio avere io tutte le chiavi. Le risposte. Le forme corrette di inventare la vita.

Voglio capire che “nell’esercizio spirituale la flessibilità è essenziale quanto la disciplina” [1]. Sembra facile. Ma non mi lascio andare. Mi lego, divento rigido e giudico chi non la pensa come me. Chi non vive come me.

[1] Elizabeth Gilbert, Mangia, prega, ama

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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