Chi non ama un buon saggio, onesto, personale, soprattutto uno che parla di terribili lotte e momenti di oscurità? Li amiamo, almeno finché hanno un finale felice. Ho sofferto questo, abbiamo sopportato quello, e ora siamo venuti fuori dal momento buio e siamo più felici, più saggi, più forti e più realizzati che mai. Non è niente di nuovo: nell’antica Grecia, il pubblico che andava a teatro era sempre avido di rappresentazioni che lo portavano a vivere con il protagonista dolori e calamità incredibili, solo per emergere poi con… qualcosa. Se non un lieto fine, almeno una lezione, o almeno giustizia. Vogliamo uscirne fuori esausti ma soddisfatti.
Quando sono iniziate le recensioni sul mio libro su come destreggiarsi nella realtà quotidiana della pianificazione familiare naturale, molti lettori sono rimasti entusiasti per la mia onestà, ma qualcuno no. Alcuni hanno pensato che fossi troppo schietta, perfino oscena, ma certe persone pensavano che tutta quell’onestà e quell’apertura non andassero abbastanza lontano, perché non rispondevano a tutte le loro domande. Non si diceva loro quello che volevano sentire davvero. Se dovevano essere trascinati in una storia sulle lotte, i dolori e le frustrazioni che possono accompagnare l’obbedienza all’insegnamento della Chiesa sulla sessualità umana, allora volevano sapere dove fosse il lieto fine per loro.
“Sembra che capisca il problema”, era la lamentela, “ma non offre soluzioni reali”.
E infatti non lo facevo. Parlavo di approcci, strategie e atteggiamenti che ci possono aiutare ad amare meglio il nostro coniuge e Dio, ma non “risolvevo” il problema della difficoltà della pianificazione familiare naturale, e non spiegavo come liberarsi dal dolore.
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