La descrizione della morte nel circo nella passione delle Sante Perpetua e Felicita
Perpetua e Felicita vennero martirizzate nel 203 a Cartagine e, precisamente, nell’anfiteatro cittadino, in una struttura cioè simile al Colosseo di Roma, sebbene più piccolo. Con loro vennero uccisi altri catecumeni: Revocato, Felice, Saturnino e Secondino. L’uccisione avvenne in base al primo editto di persecuzione dei cristiani del nord Africa emanate nel 202 durante il regno dell’imperatore Settimio Severo – Cartagine è l’odierna Tunisi.
La passio che racconta del martirio è ritenuta dagli studiosi immediatamente successiva agli eventi. Un tempo attribuita a Tertulliano è, invece, oggi attribuita ad un cristiano anonimo della comunità di Cartagine.
Il testo fornisce, fra l’altro, una descrizione dei giochi del circo. In essi moltissimi, come Perpetua, Felicita e gli altri martiri del 203, vennero esposti alle fiere e, ove queste non li avessero uccisi, su giudizio della folla giugulati. Ovviamente tale tipo di morte non era riservata solo ai cristiani, ma a persone di qualsiasi religione.
Il racconto della passione di Felicita e Perpetua mostra come gli anfiteatri per i giochi fossero i luoghi più orrendi costruiti dai romani, luoghi che non sono simbolo della grandezza della civiltà latina, bensì ne rappresentano il punto più basso. I romani dovrebbero vergognarsi del Colosseo, nel quale avvenivano ad ogni nuova edizione i giochi, eventi che non si deve esitare a definire demoniaci – il testo della passio cartaginese non manca di rilevarlo. Gli ultimi rimasugli degli antichi giochi gladiatori sopravvivono oggi nella “corrida” spagnola, ma con l ‘uomo in posizione decisamente privilegiata rispetto all’animale a differenza del passato.
La passio descrive i giochi fin dal momento dell’ingresso nell’arena di coloro che dovevano essere esposti alle fiere, poiché ogni anfiteatro per i giochi gladiatori aveva una porta di accesso dalla quale entravano sia i gladiatori che i condannati – nel caso del Colosseo tale accesso era sul lato del Ludus magnus, il lato opposto rispetto a quello più vicino oggi all’ingresso dei visitatori. Le bestie feroci, invece, erano fatte entrare sull’arena dai sotterranei, tramite elevatori costruiti in legno e corde.
Vibia Perpetua era una nobile e colta donna di Cartagine, da poco madre, mentre tutti gli altri, compresa Felicita che partorì in carcere, appartenevano alla sua servitù. Erano tutti catecumeni, ma vennero battezzati subito dopo il loro arresto, prima del martirio. Il testo lascia comprendere chiaramente che sarebbe bastata l’apostasia dalla fede per avere salva la vita. Ma Perpetua e gli altri si rifiutarono di abbandonare la fede e non vollero sacrificare alle divinità pagane.
Di seguito la parte del testo che descrive il martirio e, indirettamente, I giochi circensi (tratto dal volume Bastiaensen A.A.R.-Hilhorst A.-Kortekaas G.A.A.-Orbán A.P.-van Assendelft M.M. (a cura di), Atti e passioni dei martiri, Fondazione Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1987, pp. 135-147):
[…]
15, 1. Per quanto riguarda Felicita, le toccò questa grazia del Signore. 2. Già incinta al momento dell’arresto, era ormai all’ottavo mese. Approssimandosi il giorno dei giochi, era grandemente afflitta dal timore che la sua esecuzione venisse rinviata a causa del suo stato (non era consentito sottoporre ad esecuzione le donne incinte), per poi esser costretta a versare il suo sangue santo e innocente tra delinquenti comuni. 3. Gli altri, a loro volta, si rattristavano molto al pensiero di dover lasciare questa buona compagna a far da sola il viaggio, tanto atteso da tutti come meta comune. 4. Con un solo gemito e una sola voce levarono quindi una preghiera al Signore (era l’antivigilia dei giochi). 5. Appena terminata la preghiera, le vennero le doglie. Poiché il travaglio era molto doloroso (com’era naturale, trattandosi di un parto precoce), un carceriere le disse: «Se soffri tanto adesso, cosa farai quando ti daranno alle fiere? E pensare che sembravi disprezzarle, quando ti sei rifiutata di sacrificare!». 6. Lei rispose: «Adesso sono io che soffro quel che soffro; allora, sarà in me un altro che soffrirà al posto mio, poiché io subirò il martirio per lui». 7. E diede alla luce una bimba, che una consorella nella fede allevò come fosse sua figlia.
16, 1. Poiché lo Spirito Santo ha reso possibile, e quindi voluto, che venisse posta per iscritto anche la cronaca relativa ai fatti del circo, noi, seppure indegni di aggiungere alcunché alla descrizione di una gloria tanto grande, alleghiamo qui, ad esecuzione dell’ordine, o meglio delle volontà testamentarie, della santissima Perpetua, una testimonianza della sua forza e sublimità d’animo. 2. Il tribuno, prestando orecchio alle insinuazioni di gente superstiziosa e temendo che i prigionieri venissero fatti fuggire dal carcere con l’aiuto di formule e pratiche magiche, li rimproverava di continuo e li trattava assai male. Perpetua osò affrontarlo di persona: 3. «Ma come, impedisci a noi di prendere un pasto decente, a noi, condannati nobilissimi di Cesare, a noi, destinati a scendere nell’arena il giorno del suo compleanno? Non torna forse a tua maggior gloria se veniamo condotti al circo ben bene ingrassati?». 4. Il tribuno trasalì e arrossì, e ordinò di trattarli più umanamente, che venisse cioè consentito ai fratelli di lei e agli altri di avvicinarli e di pranzare con loro. A quest’epoca, il sottufficiale preposto al carcere era già stato convertito.
17, 1. Anche il giorno prima dei giochi, mentre consumavano l’ultima cena (quella che chiamano «libera»: ma per loro non era una cena libera, bensì un’agape), essi tutti, dando prova del medesimo coraggio mostrato da Perpetua, si rivolsero alla folla minacciando il giudizio di Dio, esaltando la gioia del loro martirio, deridendo la vana curiosità di quanti erano accorsi per vederli. Diceva Saturo: 2. «Non vi basta domani? Com’è possibile che guardiate tanto volentieri proprio coloro che disprezzate? Oggi amici, domani nemici! Ma osservate bene le nostre facce, affinché possiate riconoscerci, in quel giorno». 3. Così, non vi fu uno che non si allontanasse sconvolto, e molti si convertirono.
18, 1. Splendette, infine, il giorno della vittoria, e passarono dalla prigione nell’anfiteatro come se fosse in cielo, esultanti ma pieni di dignità, trepidanti forse, ma di gioia, non di paura. 2. Li seguiva Perpetua, con volto luminoso e incedere calmo, da vera sposa di Cristo, la prediletta di Dio, e aveva una forza tale nello sguardo che nessuno fu in grado di sostenerlo. 3. Anche Felicita gioiva di aver partorito senza danno e di poter combattere contro le fiere, passando da sangue a sangue, dalla levatrice al reziario, decisa a bagnarsi, dopo il parto, di un secondo battesimo. 4. Condotti alla porta, volevano costringerli a indossare, gli uomini l’abito di sacerdoti di Saturno, le donne quello di iniziate di Cerere, ma Perpetua, questa donna coraggiosa, vi s’oppose con forza incrollabile. 5. Disse infatti: «Siamo giunti al martirio spontaneamente, proprio perché la nostra libertà non venisse incatenata; abbiamo rinunciato alla nostra vita, proprio per non essere costretti a far cose simili: questo era il patto che avevamo concordato». 6. L’ingiustizia riconobbe ciò che era giusto: il tribuno consentì che venissero fatti entrare vestiti così com’erano. 7. Perpetua cantava vittoria: già calcava sotto il piede la testa dell’egiziano. Revocato, Saturnino e Saturo presero a minacciare la folla. 8. Poi, giunti che furono al cospetto di Ilariano, con gesti della mano e cenni del capo gli fecero capire: «Tu a noi, ma a te Dio». 9. Al che la folla, esasperata, chiese che venissero fustigati sfilando davanti a una schiera di gladiatori: ma quelli furono ben lieti di subire uno dei supplizi della passione del Signore.
19, 1. Ma colui che aveva detto: «Chiedete e vi sarà dato», poiché l’avevano chiesta, diede a ciascuno la morte che desiderava. 2. Quando il discorso era caduto sul genere di martirio che avrebbero desiderato, Saturnino aveva dichiarato che avrebbe voluto essere esposto non a una, ma a tutte le fiere, appunto perché la corona risultasse la più gloriosa possibile. 3. E infatti, proprio all’inizio dei giochi, prima lottò, assieme a Revocato, contro i leopardi, poi fu legato sul palco ed esposto agli assalti dell’orso. 4. Saturo invece non detestava nulla più dell’orso: sperava, piuttosto, di venire ucciso dal morso di un leopardo. 5. E infatti, esposto a un cinghiale, non fu lui a morire, bensì, qualche giorno dopo i giochi, il cacciatore che lo aveva legato al cinghiale, e proprio per le ferite infertegli dall’animale; Saturo, invece, venne solo trascinato in giro per l’arena. 6. Fu poi legato al palo del palco, esposto all’orso, ma l’orso si rifiutò di lasciare la gabbia. Così, per la seconda volta, Saturo ne uscì illeso.
20, 1. Per le giovani donne, invece, il Demonio aveva preparato una vacca ferocissima (che proprio per questo era stata scelta, contro il normale uso circense), certamente allo scopo di stabilire un’odiosa corrispondenza col loro sesso. 2. Esse dunque vennero fatte scendere nell’arena spogliate delle loro vesti e avvolte in reti. La folla rabbrividì vedendo che una era una fanciulla di eccezionale bellezza, e, l’altra, una donna che aveva appena partorito, col latte che ancora gocciava dalle mammelle. 3. Furono allora richiamate e vestite di una tunica senza cintura. La prima ad essere colpita fu Perpetua, che cadde sulla schiena. 4. Tiratasi a sedere, trovò la forza di aggiustarsi la tunica, strappata su un fianco, in modo da coprire l’anca e la coscia, dandosi maggior pena del pudore che del dolore. 5. Poi, chiesto un fermaglio, raccolse e fissò i capelli sciolti: non era decoroso che una martire patisse coi capelli sciolti: non doveva sembrare in lutto in un momento tanto glorioso. 6. Quindi si alzò e, vedendo che Felicita era stata gettata a terra, le si avvicinò, le tese una mano e la fece alzare. 7. Ambedue stettero a piè fermo. La durezza di cuore della folla fu vinta, e vennero richiamate alla Porta della Vita. 8. Là Perpetua, aiutata e come risvegliata dal sonno (così intenso era stato il suo rapimento nell’estasi e nello Spirito) da parte di un catecumeno di nome Rustico che le stava vicino, si guardò attorno e, tra lo stupore di tutti, disse: «Quand’è che verremo esposte alla vacca?». 9. Avendo appreso che era già accaduto, non vi credette se non dopo aver constatato i segni dello scontro sul corpo e sulla veste. 10. Fece quindi venire suo fratello (lui pure catecumeno) e gli disse: «State saldi nella fede e amatevi l’un l’altro; e non perdetevi d’animo a causa del nostro martirio».
21, 1. Saturo, che si trovava presso un’altra porta, esortava a sua volta la guardia, Pudente, dicendo: «Vedi bene: come avevo sperato e previsto, non una fiera mi ha ancora toccato. E affinché tu ora creda con tutto il tuo cuore, ecco, io ora entro nell’arena e vengo ucciso da un sol morso di leopardo». 2. E non appena fu esposto al leopardo (i giochi volgevano ormai al termine), perse tanto sangue al primo morso che, mentre lo trascinavano fuori, la folla gli gridò, a testimonianza del suo secondo battesimo: «Salvo e ben lavato! Salvo e ben lavato!». 3. E certamente poteva dirsi salvo uno che aveva fatto quel genere di bagno. 4. Disse allora a Pudente, la guardia: «Addio, ricordati di me, ricordati della fede: che queste cose non ti turbino, ma ti fortifichino». 5. E nello stesso tempo si fece dare un anello che portava al dito, lo intinse nella sua ferita e glielo restituì, in eredità, come pegno del suo amore e ricordo del suo martirio. 6. Quindi, ormai privo di conoscenza, fu trascinato con gli altri per essere giugulato, nel luogo a ciò preposto. 7. Ma siccome la folla chiedeva che venissero portati nell’arena, per poter aggiungere i propri occhi alla spada che penetrava nei loro corpi come complici dell’omicidio, si levarono spontaneamente e si portarono bene in vista dove li voleva la folla; non prima, però, di essersi scambiati il bacio di rito, così da affrontare il martirio con questo gesto di pace. 8. Gli altri ricevettero il ferro immobili e in silenzio, in special modo Saturo, che, salito sul patibolo prima di Perpetua, prima di Perpetua era spirato (anche in quella circostanza lui la precedeva). 9. Perpetua, invece, per provare almeno un po’ di dolore, quando la spada le arrivò all’osso lanciò un urlo e guidò lei stessa contro la propria gola l’incerta mano del gladiatore inesperto. 10. È da credere che una donna siffatta non avrebbe potuto essere uccisa se essa stessa non l’avesse voluto: tanto grande era il timore che incuteva allo spirito immondo. 11. O fortissimi e beatissimi martiri! O veramente chiamati ed eletti ad aver parte nella gloria del Signor nostro Gesù Cristo! Com’è giusto e necessario che chi onora, riconosce e adora il suo nome legga anche queste testimonianze, non inferiori alle antiche, ad edificazione della Chiesa: affinché anche i nuovi atti di virtù testimonino che un unico e sempre medesimo Spirito Santo è tutt’ora operante, e con esso l’onnipotente Dio Padre e il Figlio suo Gesù Cristo nostro Signore, al quale è splendore e immensa potestà nei secoli dei secoli. Amen.