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L’obbedienza dell’attesa vale la pena

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Sebastian Duda/Shutterstock

Tom Zampino - pubblicato il 28/10/16

Accettando in buona fede gli insegnamenti della Chiesa, sono stato obbediente e mi sono astenuto dal fare la Comunione

Se mi fossi aspettato davvero qualcosa di drammatico – un’esplosione di adrenalina beatifica o qualche visione accecante di un nuovo ordine mondiale – sarei rimasto deluso.

Seriamente deluso.

44 anni dopo essere uscito da un confessionale vi sono tornato.

44 anni.

C’è molto di cui parlare, soprattutto senza trasformare la cosa in una maratona di terapia.

Un monsignore – gentile, compassionevole, comprensivo e paziente – ha capovolto la maledizione lanciata per 44 anni sulla mia vita spirituale dal primo quando ne avevo appena 14, quando sono stato condannato a un’eternità all’inferno per ragioni che ancora oggi sembrano assurde e irrazionali. Forse il primo era solo uno di quei sacerdoti “piccoli mostri” contro i quali papa Francesco ha messo in guardia qualche tempo fa.

Cosa mi ha riportato in questo luogo?

Sto per sposarmi.

Beh, in realtà sto per risposarmi.

Con la stessa donna con la quale sono sposato da 30 anni.

Ma permettetemi di fare un passo indietro.

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Quando sono tornato per la prima volta alla Chiesa tre anni fa – insieme a Francesco –, mi sono sentito come se fossi finalmente arrivato a casa. Sono stato accolto con calore, e ho imparato di nuovo rapidamente le parole, le risposte e le mozioni. E sì, ho ritrovato anche tutta l’irritante divisione. Ma è una famiglia. A volte disfunzionale, sicuramente, ma comunque una famiglia.

Nell’arco di qualche settimana, ho parlato a un sacerdote della zona di New York City ampiamente noto della confessione e della Comunione. Sono rimasto sia sorpreso che costernato scoprendo che dovevo prima affrontare la questione della mia cerimonia matrimoniale civile. Era ed è ancora un matrimonio valido, legale e riconosciuto, ovviamente, ma non è stato celebrato sotto gli auspici della Chiesa. E allora la prima cosa, mi è stato detto, era fare proprio questo.

Per motivi sia complicati che personali, tuttavia, non era una cosa che si potesse fare rapidamente.

E allora è iniziata l’attesa. Ed è continuata. Per tre anni interi.

E mentre aspettavo mi sono astenuto dal ricevere la Santa Comunione. Sono andato a Messa la maggior parte delle domeniche e spesso durante la settimana, ma – accettando in buona fede gli insegnamenti della Chiesa e confidando che fossero per il mio bene – sono stato obbediente e mi sono tenuto lontano dalla fila della Comunione.

A volte questo fatto mi ha rattristato (sì, ho letteralmente pianto), altre volte ero ansioso, ma sorprendentemente non mi sono mai sentito a disagio per il fatto di dover rimanere seduto o di dovermi inginocchiare mentre chiunque altro – e intendo chiunque altro – si alzava e si metteva in fila.

Ma poi ho iniziato a notare qualcosa.

Più rimanevo fedele all’obbedienza dell’attesa, più mi sentivo sicuro; mi sentivo protetto, e amato. La “Comunione spirituale” è diventata la mia pratica, immaginandomi al posto della prossima persona in fila. E sapevo che stavo diventando più forte, più disciplinato – che stavo lentamente diventando pronto.

E ora l’attesa è finita per via di un dono che mia moglie mi sta per fare – lo sta facendo a tutti e due – come regalo per il nostro 30° anniversario: un matrimonio in Chiesa. Che dono amorevole da parte sua! Che gesto splendido e magnifico!

E questo mi riporta alla mia recente confessione, al mio nuovo inizio e al monsignore che ha capovolto la maledizione, quello che ora celebrerà la cerimonia.

Il cerchio si è chiuso.

Tre anni fa ho semplicemente attraversato una porta aperta ed è iniziato un nuovo capitolo – riconosco che non è più facile di prima, e con tutta probabilità sarà anche più difficile.

Ma ora sono pronto.

Il periodo di attesa che mi è stato imposto, questa volta dedicato alla contemplazione e alla riflessione, mi ha insegnato una cosa fondamentale: disciplina, pazienza e – ho il coraggio di dirlo? – obbedienza arrivano con il cartellino del prezzo. Non sono gratuiti.

Ma il prezzo non è solo una cosa difficile da affrontare, e non è del tutto irragionevole.

E allora l’ho pagato con gioia. E lo pagherei di nuovo se fosse necessario. Il prezzo della disciplina si è già ripagato dieci volte, nella mia comprensione, nelle benedizioni che sto sperimentando e nel dono brillante della fede.

E a parte tutto, è infinitamente meno caro del prezzo pagato duemila anni fa.

______

Tom Zampino è un avvocato che pratica a New York City e vive a Long Island. Lui e sua moglie hanno due figlie. Il suo blog, “Grace Pending”, può essere trovato su The Catholic Conspiracy.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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