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La toccante lettera di una ragazza alla nonna che disse ‘sì’ alla vita

ragazza scrive lettera

rawpixel / shutterstock

Emma Isabel Rodriguez Mejías - Il Blog di Emma y Didier - pubblicato il 28/10/16

"Si può sempre amare e abbracciare la vita, anche nelle situazioni più difficili".

Il blog che non sarebbe dovuto mai esistere, è questo il titolo di una lettera sincera e bellissima che Emma Isabel ha scritto a sua nonna. Quando l’ho letta non ho potuto non riflettere su quanto dobbiamo essere grati per la nostra vita.

Questo testo rivela l’incredibile meraviglia della nostra esistenza e il profondo desiderio dell’essere umano di vivere, amare ed essere felice. Speriamo  che vi piaccia e che lo condividiate!


«Su questo sito di solito scriviamo delle nostre esperienze nell’ambito del matrimonio, delle nostre lotte, delle domande che sorgono lungo il cammino vocazionale e sulle risposte che ci dà Dio. Ma questa volta desidero condividere con voi una parte della mia storia più personale, che pochi conoscono ma che sento il dovere e la responsabilità di rivelare.

Inizierò dicendo che questo blog non sarebbe vai dovuto esistere, e quindi neanche gli articoli che abbiamo pubblicato e che voi avete letto. Non sarebbe dovuta esistere nessuna riflessione qui ospitata.

Ma se voi potete leggere queste parole è grazie ad una eroica decisione che fu presa 50 anni fa.


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Era il 1961. Una ragazza aveva un ritardo del ciclo e per lei – che non era riuscita a terminare gli studi – questo fatto avrebbe avuto delle conseguenze più grandi di quelle che si aspettava. Avendo avuto una relazione, in pochi avrebbero creduto che il suo ex ragazzo l’avesse costretta a stare insieme. A volte pensiamo che gli abusi possano avvenire soltanto tra sconosciuti, ma purtroppo sono sempre di più i casi di donne e uomini che subiscono violenza in contesti in cui si pensa che debba prevalere l’amore.

Non aveva un titolo di studio, era senza denaro, senza alcun sostegno, sola… e con un bimbo in arrivo.

Ricordo che la prima volta che ho ascoltato la sua storia – era una sera, ero seduta e sorseggiavo un caffè – guardavo le sue mani reggere una penna. Sentivo l’impotenza e l’immenso desiderio di viaggiare nel passato, abbracciarla e dirle che sarebbe andato tutto bene. Ancora oggi non riesco a spiegarmi come poté superare tutto ciò che visse. Non mancarono coloro che le consigliarono di ‘tagliare la testa al toro’ e risolvere il problema abortendo. Ma – come disse anche a me quel giorno – la sua risposta a questa proposta fu sempre la stessa: “Non ne fui in grado, perché ogni vita è sacra”.

E quindi, senza poter usufruire della cura prenatale, senza alcun baby shower, senza nessun fotografo a ritrarre le sue fasi della gravidanza, senza culla né pannolini, senza nessuno che le reggesse la mano durante il parto, una sera del giugno 1962, nacque una bimba a cui mise nome Isabel (donna di Dio) e che, molti anni dopo, io chiamai mamma.


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Proprio questa settimana nel mio paese è stato scoperto una clinica che praticava aborti clandestini. Ne rimasi profondamente sconvolta, pensando a tutte le donne che – per una ragione o per un’altra – hanno deciso di uccidere il bimbo nel proprio grembo. Uno degli inni che in Costa Rica cantiamo ogni 15 settembre recita: “I figli del popolo alzano la terra al fulgido sole della libertà”. Fa male pensare che molti di questi figli non conosceranno mai la luce del sole.

nietaForse prendo questa causa troppo sul personale, ma non potrebbe essere altrimenti. Devo la mia esistenza a Dio e a una donna che non ha mai dimenticato che ogni vita è preziosa, meravigliosa, con un potenziale enorme. Una donna che, anche nel più buio degli scenari, ha deciso con coraggio di proteggere la luce dentro di lei.

Oggi mia nonna è una bella donna di 72 anni, con una testolina cotonata (così chiamiamo mio fratello ed io i suoi preziosi capelli bianchi). Colora libri di arte-terapia insieme a sua nipote, cucina le migliori empanadas di fagioli al mondo e gradualmente, insieme alla bimba che salvò un giorno, sta imparando le lettere dell’alfabeto. È immensamente amata. Lavorò duramente per andare avanti insieme a sua figlia; tempo dopo conobbe un uomo buono, i due si innamorarono e lui ricevette a braccia aperte la bimba dai capelli scuri che lei aveva cresciuta da sola per anni. Oggi ho l’onore di chiamare ‘nonno’ quest’uomo. E anche se non siamo uniti da alcun legame di sangue, c’è una tenerezza speciale che ci unisce sin dal primo giorno in cui mi ha accettata come sua nipote.


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A maggio i miei nonni hanno compiuto 47 anni di matrimonio, insieme hanno costruito una famiglia che ha accolto altri tre bambini. Uno di questi non è nato dal suo ventre, ma si resero conto da subito di averlo ‘partorito’ nel proprio cuore. Insieme hanno affrontato la disoccupazione, la povertà, la morte prematura di uno dei bambini. Hanno alzato e sventolato la bandiera del perdono, che ha raggiunto anche l’uomo che rifiutò quella gravidanza e quella figlia. Insieme videro la bambina crescere, diplomarsi, andare all’università, ottenere un lavoro, stare accanto al suo padre biologico prima di morire, formare una famiglia, dare alla luce la loro prima nipotina. Che in questo momento sta scrivendo queste parole.

Quando parliamo del tema dell’aborto ci dimentichiamo che non è in gioco soltanto una vita, ma generazioni intere, famiglie, e storie d’amore.

Se non fosse stato per la coraggiosa decisione di una ragazza di 17 anni, oggi voi non stareste leggendo tutto questo.

Condividiamo questo articolo nella speranza che ogni persona possa lottare e arrivare a vivere un’autentica storia d’amore, piena, profonda, che ognuno di voi sappia che vale sempre la pena di sperare. Ma sentiamo anche il sacro dovere di annunciare che ogni vita racchiude in sé il potere di cambiare il mondo, ed è degna di essere vissuta dal concepimento fino all’ultimo respiro.

Una volta Santa Teresa di Calcutta, premio Nobel per la Pace nel 1979, disse sull’aborto:

“Abortendo, la madre non ha imparato ad amare; ha tentato di risolvere i suoi problemi uccidendo suo figlio. E attraverso l’aborto si dice al padre che non deve assumersi la responsabilità del figlio che ha generato. Un padre così è in grado di mettere altre donne nella stessa situazione. In questo modo un aborto può portare ad altri aborti. Il paese che accetta l’aborto non sta insegnando ad amare, bensì ad applicare la violenza per raggiungere ciò che si vuole. Ecco perché il più grande distruttore della pace oggi è l’aborto”

Si può sempre amare e abbracciare la vita anche nelle situazioni più difficili. Difendere l’esistenza di quella creatura nel ventre materno è una trionfante affermazione d’amore.

E infine voglio ringraziare questa donna di 72 anni (sebbene non abbia terminato i suoi studi, sono certo che mia madre o mio fratello le leggeranno quest’articolo) e con essa tutte quelle donne che vanno controcorrente, che hanno dentro di sé un coraggio che nessun film d’azione o supereroe potrà mai eguagliare. Grazie nonna per essere stata ‘complice’ di Dio, per aver abbracciato la vita di mia madre e – senza rendertene conto – la vita mia, di mio fratello e quella di tutta la nostra famiglia. Non potrò mai ringraziarti abbastanza per il meraviglioso regalo di farmi vedere, ogni giorno, il fulgido sole della libertà.

Sarò sempre orgogliosa di chiamarmi come te e come mamma: Emma Isabel».

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QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

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