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Perché i cattolici recitano il Rosario?

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Karna Swanson - pubblicato il 26/10/16

Il Rosario è un'“arma spirituale”, e Maria è “vincitrice delle eresie”. Ecco perché

Per secoli, la Chiesa ha intensificato la recita del Rosario nei momenti di lotta. San Domenico lo considerava un’arma spirituale, e i papi hanno definito Maria “vincitrice delle eresie”, invocando il suo aiuto per combattere questioni che andavano dal catarismo al comunismo.

La devozione per il Rosario si è sviluppata lentamente nel corso di circa 500 anni.

Si tratta di una preghiera costituita dalla recita di Ave Maria, in gruppi di dieci, con ogni gruppo preceduto da un Padre Nostro e concluso da un Gloria. Durante il Rosario, si meditano i misteri della vita di Cristo e di Maria.

La tradizione popolare attribuisce l’origine del Rosario a San Domenico (1170-1221), ma le ricerche storiche mostrano che questa devozione si è sviluppata a poco a poco nel corso del tempo. Lo stesso San Giovanni Paolo II sembra affermarlo nella sua lettera Rosarium Virginis Mariae (2002), che inizia ricordando che il Rosario si è sviluppato “gradualmente nel secondo millennio al soffio dello Spirito di Dio”.

Anche se non si conosce esattamente la storia delle origini del Rosario, padre Etienne Richer spiega su Mariology che alla fine dell’XI secolo, ovvero quasi un secolo prima di San Domenico, “già si conosceva e si praticava una devozione mariana caratterizzata da numerose Ave Maria, con prostrazioni ritmiche in onore della Madonna, prima in commemorazione delle sue gioie e poi in ricordo delle sue sofferenze”. Il nome “Rosario” sorse associato a questa pratica.

Nella stessa epoca, fratelli e monaci cistercensi che non riuscivano a memorizzare i 150 salmi che il loro ordine recitava ogni settimana recitavano 150 Padre Nostro. I laici avrebbero poi copiato questa forma di pregare, ma sostituendo il Padre Nostro con l’Ave Maria. Il nome dato a questa devozione fu “Salterio di Maria”.

Verso il 1200 si dice che la Madonna apparve a San Domenico e gli disse: “Recita il mio salterio e insegnalo alla tua gente. Quella preghiera non fallirà mai”. San Domenico diffuse la devozione al Salterio di Maria, e come afferma padre Richter questa devozione venne “inserita in forma divina nella vocazione personale di San Domenico”.

Nei decenni successivi, il Rosario e il Salterio di Maria arrivarono a convergere e la devozione assunse la forma specifica resa popolare nei secoli successivi: le 150 Ave Maria, divise originariamente in tre insiemi di misteri (quelli gaudiosi, quelli dolorosi e quelli gloriosi), con ogni Rosario suddiviso in 5 decine di Ave Maria (con ogni decina che equivaleva alla contemplazione di un mistero della fede) e il Padre Nostro inserito tra le decine. Nel 2002 San Giovanni Paolo II ha aggiunto altri cinque misteri al Rosario, i cosiddetti “misteri luminosi”. Ha proposto tali misteri “per potenziare lo spessore cristologico del Rosario”, includendo “i misteri della vita pubblica di Cristo tra il Battesimo e la Passione”.

Il Rosario è l’arma spirituale della Chiesa che mette in fuga i demoni

Dal XII secolo, la Chiesa ha intensificato la recita del Rosario nei momenti di difficoltà e tribolazione. Nel 1569 San Pio V consacrò ufficialmente il Rosario, attribuendo alla sua recita la distruzione dell’eresia e la conversione di molti peccatori. Chiese anche ai fedeli di recitare il Rosario in quell’epoca “di tante eresie e atrocemente dilacerata e afflitta dalla guerra e dalla depravazione morale degli uomini” – una situazione non molto diversa da quella in cui viviamo…

Il prolifico papa Leone XIII (1878-1903), noto soprattutto per le sue encicliche sulle questioni sociali, principalmente la Rerum Novarum (1891), sulle condizioni del lavoro umano, ha scritto almeno 16 documenti sul Rosario, incluse 12 encicliche. Il “papa del Rosario” scrisse la sua prima enciclica su questa preghiera nel 1883, nel 25º anniversario delle apparizioni di Lourdes. Il pontefice ricordava il ruolo di San Domenico e come la recita del Rosario avesse aiutato a sconfiggere gli eretici albigesi nel sud della Francia nel XII e nel XIII secolo. San Domenico, diceva il papa, “prese a combattere intrepidamente per la Chiesa cattolica, confidando non nella forza né nelle armi, ma più di tutto in quella preghiera che egli per primo introdusse col nome del santo Rosario e che, o direttamente o per mezzo dei suoi discepoli, diffuse ovunque. Per ispirazione e per impulso divino, egli ben sapeva che con l’aiuto di questa preghiera, potente strumento di guerra, i fedeli avrebbero potuto vincere e sconfiggere i nemici, e costringerli a cessare la loro empia e stolta audacia”.

Il papa parlò anche dell’efficacia e del potere del Rosario nella storia della battaglia di Lepanto tra le forze cristiane e quelle musulmane, nel 1521. Le forze islamiche erano avanzate in direzione della Spagna, e quando erano sul punto di prevalere su quelle cristiane papa Pio V rivolse un appello ai fedeli perché recitassero il Rosario. I cristiani vinsero, e come omaggio per questa vittoria il papa dichiarò Maria “Signora della Vittoria”, stabilendo la sua festa il 7 ottobre, giorno del Santo Rosario.

Tornando alla necessità del Rosario nella sua epoca, il papa scriveva: “Il fatto più doloroso e più triste di tutti è che tante anime, redente dal sangue di Gesù Cristo, come afferrate dal turbine di questa età aberrante,vanno precipitando in un comportamento sempre peggiore, e piombano nell’eterna rovina. Il bisogno dunque del divino aiuto non è certamente minore oggi di quando il glorioso San Domenico introdusse la pratica del Rosario Mariano per guarire le piaghe della società”.

Pio XI (1922-1939) dedicò la sua ultima enciclica, Ingravescentibus malis, al Rosario. Era il 1937, lo stesso anno in cui scrisse la famosa Mit brennender Sorge, nella quale criticava i nazisti, e la Divini Redemptoris, in cui denunciava che il comunismo ateo voleva “capovolgere l’ordinamento sociale” e “scalzare gli stessi fondamenti della civiltà cristiana”.

Criticando lo spirito dell’epoca, il papa affermava che il Rosario è una preghiera che ha “il profumo della semplicità evangelica”, che richiede umiltà di spirito. “Una innumerevole moltitudine di uomini santi di ogni età, di ogni condizione, lo hanno sempre avuto carissimo, lo hanno recitato con grande devozione, e in ogni momento lo hanno usato come arma potentissima per fugare i demoni, per conservare integra la vita, per acquistare più facilmente la virtù; in una parola, per il conseguimento della vera pace agli uomini”, scriveva.

Nel 1951 Pio XII (1939-1958) scrisse la Ingruentium malorum sulla recita del Rosario: “Non esitiamo quindi ad affermare di nuovo pubblicamente che grande è la speranza da Noi riposta nel santo rosario, per risanare i mali che affliggono i nostri tempi. Non con la forza, non con le armi, non con la umana potenza, ma con l’aiuto divino ottenuto per mezzo di questa preghiera, forte come Davide con la sua fionda, la chiesa potrà affrontare impavida il nemico infernale”.

Per conoscere Gesù bisogna volgersi a Maria

Nel 1985 l’allora cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e futuro papa Benedetto XVI, ha ammesso nel libro-intervista Rapporto sulla fede con Vittorio Messori di pensare che la dichiarazione per cui Maria è la vincitrice di tutte le eresie fosse un po’ “esagerata”.

“Quando ero un giovane teologo, prima del Concilio, avevo qualche riserva su certe antiche formule, come ad esempio quella famosa ‘de Maria numquam satis‘, ‘su Maria non si dirà mai abbastanza’”, ha spiegato.

È opportuno osservare che Joseph Ratzinger è cresciuto in un ambiente molto mariano. Nel libro Mio fratello il papa, padre Georg Ratzinger, fratello maggiore di Joseph, commenta che i suoi nonni si sono sposati nel santuario di Nostra Signora di Absam e i suoi genitori si sono conosciuti attraverso un annuncio che il padre aveva inserito (due volte) sul giornale del santuario mariano di Altötting. I Ratzinger recitavano il Rosario insieme molto spesso, e nel mese di maggio partecipavano a numerose celebrazioni legate a Maria e al Rosario.

Nonostante la familiarità con Maria e la sincera devozione mariana, Joseph non sembrava convinto. Come ha spiegato nel libro-intervista, ha vissuto una piccola conversione. “Ora – in questo confuso periodo dove davvero ogni tipo di deviazione ereticale sembra premere alle porte della fede autentica – ora comprendo che non si trattava di esagerazioni di devoti ma di verità oggi più che mai valide”.

Bisogna tornare a Maria se vogliamo tornare alla verità su Gesù Cristo, alla verità sulla Chiesa e alla verità sull’uomo.

“La recita del Rosario ci consente di fissare il nostro sguardo e il nostro cuore in Gesù, come faceva sua Madre, modello insuperabile della contemplazione del Figlio”, ha detto Benedetto XVI nel 2010 nel santuario della Madonna di Fatima. “Nel meditare i misteri gaudiosi, luminosi, dolorosi e gloriosi mentre
recitiamo le Ave Maria, contempliamo l’intero mistero di Gesù, dall’Incarnazione fino alla croce e alla gloria della Resurrezione; contempliamo l’intima partecipazione di Maria a questo mistero e la nostra vita in Cristo oggi, che pure si presenta tessuta di momenti di gioia e di dolore, di ombre e di luce, di trepidazione e di speranza. La grazia invade il nostro cuore, suscitando il desiderio di un incisivo ed evangelico cambiamento di vita in modo da poter dire con San Paolo: ‘Per me il vivere è Cristo’ (Fil 1, 21), in una comunione di vita e destino con Cristo”.

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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