Così il pontefice durante la sua catechesi del mercoledìE’ mancanza di memoria storica pensare che le migrazioni siano solo dei nostri anni: esse appartengono alla storia dell’umanità. E’ il Papa stesso a sottolineare l’attualità del fenomeno: complici la crisi economica, i cambiamenti climatici e i conflitti armati. Una catechesi che parte dalle parole di Gesù: “ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito”. La Bibbia stessa ci offre molti esempi: da Abramo allo stesso popolo di Israele che lascia l’Egitto fino alla Santa Famiglia che fugge da Erode:
“La storia dell’umanità è storia di migrazioni: ad ogni latitudine, non c’è popolo che non abbia conosciuto il fenomeno migratorio”.
La risposta è la solidarietà. La chiusura favorisce traffici criminali
Nel corso dei secoli ci sono state espressioni di solidarietà anche se “non sono mancate tensioni sociali”. E oggi la crisi economica favorisce l’emergere di “atteggiamenti di chiusura”, ma l’unica risposta vera è la solidarietà:
“In alcune parti del mondo sorgono muri e barriere. Sembra a volte che l’opera silenziosa di molti uomini e donne che, in diversi modi, si prodigano per aiutare e assistere i profughi e i migranti sia oscurata dal rumore di altri che danno voce a un istintivo egoismo. Ma la chiusura non è una soluzione, anzi, finisce per favorire i traffici criminali. L’unica via di soluzione è quella della solidarietà”.
I Papa chiede a tutti i cristiani di accogliere
“L’impegno dei cristiani in questo campo è urgente oggi come in passato”, sottolinea Francesco. Un esempio è stata la figura di Santa Francesca Cabrini che dedicò la sua vita ai migranti negli Stati Uniti, a cavallo fra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. E il Papa chiede dunque a tutti i cristiani di accogliere chi fugge da condizioni di vita disumane come guerre, fame e violenza: “diocesi, parrocchie, istituti di vita consacrata, associazioni e movimenti, come i singoli cristiani, tutti siamo chiamati ad accogliere”, afferma.
Il rifugiato scalzo che cambia il cuore del tassista
Quindi, come spesso fa, il Papa entra nella concretezza. Racconta la storia di un migrante incontrato per strada da una signora. Era senza scarpe e voleva arrivare alla Porta Santa, a San Pietro. Hanno preso il taxi insieme:
“Quest’uomo raccontò la sua storia di dolore, di guerra, di fame e perché era fuggito dalla sua patria per migrare qui. Quando sono arrivati, la signora apre la borsa per pagare il tassista e il tassista, l’uomo, l’autista che all’inizio non voleva che questo migrante salisse perché puzzava, ha detto alla signora: ‘No, signora, sono io che devo pagare lei perché lei mi ha fatto sentire una storia che mi ha cambiato il cuore’. Questa signora sapeva cosa era il dolore di un migrante, perché aveva il sangue armeno e sapeva pure la sofferenza del suo popolo. Quando noi facciamo una cosa del genere, all’inizio ci rifiutiamo perché ci dà un po’ di scomodità, ‘ma, eh … puzza …’. Ma alla fine, la storia ci profuma l’anima e ci fa cambiare. Pensate a questa storia e pensiamo che cosa possiamo fare per i rifugiati”.
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Con l’apertura agli altri le società riacquistano pace
Vestire chi è nudo significa infatti “restituire dignità a chi l’ha perduta: certamente dare dei vestiti a chi ne è privo, ma anche pensare alle donne vittime della tratta, gettate per le strade e agli “altri, troppi modi di usare il corpo umano come merce, persino dei minori”, dice Francesco. Le forme di nudità sono molte: “non avere una casa, un lavoro, un salario giusto” o essere discriminati per razza e religione. Il cristiano deve agire, senza essere preoccupato solo dei suoi interessi:
“È proprio nella misura in cui ci apriamo agli altri che la vita diventa feconda, le società riacquistano la pace e le persone recuperano la loro piena dignità. E non dimenticatevi di quella signora, non dimenticate quel migrante che puzzava e non dimenticate l’autista al quale il migrante aveva cambiato l’anima. Grazie”.