Il cardinale Müller fa una sintesi e trova angolazioni tutt'altro che distanti. Dalla povertà alla mondanità, sino alle "infezioni" da estirpare nella Chiesa
Cos’hanno in comune Joseph Ratzinger e Jorge Bergoglio nell’interpretare i rispettivi pontificati? Sono vicini o lontani nel pensare il ministero pettino?
il cardinale Gerhard Ludwig Müller (strettissimo collaboratore di Ratzinger) ha provato ad indagare la presenza o meno di un denominatore comune all’interno del suo volume “Benedetto & Francesco – Successori di Pietro al servizio della Chiesa” (edizione Ares).
E cosa ha scoperto? Che Benedetto XVI e Francesco sono tutt’altro che distanti. Certo, hanno angolazioni dottrinali diverse, ma anche dei punti che collimano e animano i rispettivi pontificati.
IL MINISTERO SECONDO RATZINGER
Ratzinger analizza il ministero petrino alla luce del rapporto tra fede e ragione.
Il Papa e i vescovi si differenziano da Pietro e dagli altri apostoli: essi non sono in prima persona destinatari della Rivelazione. Similmente, non sono mossi da ispirazione come invece avviene per gli autori dei testi sacri. Sono testimoni della Parola di Dio trasmessa dalle Scritture e dalla Tradizione. Tuttavia, nel trasmettere fedelmente i contenuti della fede nell’esercizio del loro magistero, essi godono del sostegno dello Spirito Santo.
IL COMPITO DELLA TEOLOGIA
Alla scienza teologica spetta il compito di mediare fra la conoscenza di Dio che avviene nella fede, e la conoscenza del mondo che avviene per mezzo della ragione naturale che è oggetto delle scienze umane e naturali, per fare sì che nella percezione dei fedeli le verità della fede e la conoscenza del mondo materiale non contrastino fra loro, ma si fondino in una sintesi sempre nuova.
FEDE E RAGIONE
La fede e la ragione non si limitano a vicenda, né tantomeno si escludono, ma servono entrambe al completamento dell’uomo in Dio e nella sua Parola, che ha assunto la nostra natura umana, e nel suo Spirito, che ci rivela l’essenza profonda e la vita di Dio: Dio è amore, come insegna la grande enciclica Deus caritas est.
INCARNARSI NEL FIGLIO DEL DIO VIVENTE
La chiarezza del rapporto tra fede e ragione consente a Benedetto XVI la lettura dell’identità «fra il Gesù della storia e il Verbo incarnato della fede». La cristologia di Papa Benedetto, tuttavia, non è soltanto dottrinale, bensì contemplativa, come si evince dai suoi tre volumi su Gesù di Nazaret. In questa commovente trilogia si coglie un Papa che fonda la sua vita ascetica e la sua missione apostolica sulla risposta di Pietro, a nome di tutti gli apostoli, alla domanda di Gesù nella regione di Cesarea di Filippo: «Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente». È questa la testimonianza che la Chiesa offre al mondo, ed è questo il fondamento anche del primato dei successori di Pietro.
IL MINISTERO SECONDO BERGOGLIO
La concezione del ministero pettino di Papa Francesco vuole «una Chiesa povera e per i poveri», ed esclama: «Non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario!».
«L’opzione per i poveri – dice – è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica». E ribadisce: «L’opzione preferenziale per i poveri deve tradursi principalmente in un’attenzione religiosa privilegiata e prioritaria» (EG 200).
LA POVERTA’ AUTENTICA
La povertà nel suo senso più autentico non è altro che una metafora della nostra contingenza. Come creature, noi ci presentiamo di fronte a Dio a mani vuote. Ma queste mani vuote, insieme al nostro spirito aperto, ci sono state date da Dio ed è a Dio che noi le tendiamo. Non umiliati e offesi per la nostra dipendenza dal Padre, ma con gioia e gratitudine riceviamo da Lui il pane di cui abbiamo quotidianamente bisogno.