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“Ecco come la scuola può orientare l’istruzione verso una crescita più equilibrata”

Vatican Insider - pubblicato il 25/10/16

«In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: “Maestro, dì a mio fratello che divida con me l’eredità”. Ma egli rispose: “O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”. E disse loro: “Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede” (Lc 12, 13-15)».  

Gesù non viene a imporre la giustizia ma la fa nascere da dentro ai cuori. E’ molto interessante osservare che lui afferma di non essere, sotto certi aspetti “materiali”, né giudice né mediatore. La vera giustizia è la fede e l’amore che gradualmente matura nei cuori, non più grossolane, variamente schematiche, spartizioni, mediazioni, materiali. Pure quelle nella vita terrena devono trovare il loro spazio, ma sono sempre in divenire, si possono fare sempre più profonde, piene di sfumature. Potrebbe risultare un’ingiustizia considerarle perfettamente giuste. Pure qui vediamo dunque che Gesù opera una distinzione tra il cammino interiore e tante questioni anche, in vario modo, esteriori. 

Possiamo dunque osservare che pure nel brano letto Gesù in qualche modo afferma, per esempio, che la più profonda democrazia può svilupparsi solo dalla maturazione, dall’aiuto alla libera maturazione, personale, comunitaria ed intercomunitaria, di ogni uomo. Talora anche nella Chiesa si può riscontrare un’attenzione razionalistica verso i poveri. Con forme, per esempio, variamente tecniche di maggiore giustizia, anche sociale, che possono pure risultare per certi aspetti valide. Ma che non vanno a toccare i punti dell’aiuto alla maturazione di ciascuna persona nella propria identità e nello scambio tra di esse, religioni, filosofie, nella ricerca in generale delle vie dell’umano. Si resta inconsapevolmente succubi di una visione, di una formazione, di una costruzione sociale, razionalistica, che tra l’altro può lasciar apparire come ineluttabili tante situazioni. 

Anche, per esempio, la scuola cattolica, che può comunque già così com’è fornire un profondo aiuto a tanti giovani, può talora presentare dei limiti, talora dovuti alla situazione generale. Un possibile limite è il razionalismo, il puntare su una variamente astratta intelligenza invece che sull’aiuto ad una serena maturazione spirituale e umana nella fede. Certo non è facile, se già i testi scolastici anche di matrice cattolica sono talora ancora in vario modo impregnati di razionalismo, di spiritualismo. Orientamenti che aiutando meno, anche potendo variamente distorcere la serena, equilibrata, personalissima, maturazione della coscienza spirituale e umana possono indirizzare nella concreta vita quotidiana verso un vario pragmatismo. Su questa scia osserviamo che nella scuola cattolica può accadere che ci si vanti di accogliere tutti, persone di ogni religione, filosofia. E nella situazione attuale spesso può essere cosa buona, specie se, per come possibile nell’attuale strutturazione educativa, si rispetti l’identità di ciascuno e si stimoli il suo sviluppo e lo scambio. Ma qui sta un punto fondamentale. Una profonda formazione dei giovani dovrebbe aiutare ciascuno a maturare gradualmente, serenamente, a tutto campo, nella propria libera scelta, libero anche di poter cambiare identità religiosa, filosofica, e pure in un dialogo, uno scambio, anche vissuto, con le varie altre identità. Cosa può fare in proposito la scuola cattolica nell’attuale situazione di un falsamente neutrale, svuotante, distorcente, insegnamento razionalistico? Come può aiutare l’orientarsi della istruzione in generale verso una più profonda ed equilibrata crescita? Speriamo che nel sinodo sui giovani si trattino le problematiche profonde, si sentano anche voci nuove, potendo fornire un qualche rinnovato stimolo ad un più profondo e vivo fermento di rinnovamento. Dunque qui può sorgere una domanda forse decisiva: come mai non si toccano i temi profondi di un rinnovamento della formazione scolastica? Inconsapevolezza, buonismo superficiale, difesa di interessi e/o privilegi in altri campi, questioni di poteri, o meno, di controllo? Non è bene si dia voce con attenzione a chi ha da dire qualcosa di nuovo, anche se si tratta di cose da valutare più approfonditamente o non subito realizzabili? Importante anche cercare di superare tutti i possibili criteri fasulli di chiamata o non chiamata al sinodo e in qualsiasi altro tipo di situazione. E anche di approfondire sia tali criteri sia il vario contesto di fondo.  

Un sinodo sui giovani mi pare possa toccare il nucleo della spiritualità-cultura e di qui gettare luci, magari in qualche caso da approfondire in altre sedi, su un rinnovamento complessivo, e pieno di possibili spunti intrecciati da ogni dove, della vita, della cultura, delle persone, della Chiesa, della società. Inoltre potrebbe rivelarsi preferibile cercare intese concrete, tendenzialmente operative, che cerchino di evitare o superare possibili inceppamenti razionalistici. Ci si potrebbe orientare verso una scuola nella quale si insegna, si cresce, a tutto campo, maturando nella propria fede o filosofia e nello scambio vissuto con gli altri, anche di altre fedi e filosofie. Dunque scuole cattoliche e scuole di ogni altra religione e filosofia, con congrui periodi di insegnamento, di vita, tutti in comune. Più precisi riferimenti spirituali-culturali circa i fondamenti di ogni fede, per esempio di quella cattolica, potrebbero svilupparsi lungo il cammino. Il vissuto stesso, personale, comunitario, intercomunitario, anche in un nuovo orientamento scolastico, può infatti forse aiutare la maturazione di nuove spiritualità-culture talora meglio di un pur importante dialogo di sole parole quando questo rischia di bloccarsi nei possibili inceppamenti, nelle sordità del razionalismo, dello spiritualismo, del legalismo. E anche di qualsiasi altra visuale senza la corrispondente azione della grazia. Pur, a mio parere, osservando che la via, per grazia, del cuore nella luce può tendenzialmente risultare aperta ad una graduale, continua, maturazione, anche nel dialogo, nello scambio vissuto. Mentre per esempio razionalismo, spiritualismo, legalismo, possono rischiare di rinchiudere in varia misura la persona nei propri ragionamenti a tavolino il primo, il secondo nella propria vita spirituale variamente meno interessata agli aspetti più integralmente umani dell’esistenza, il terzo in una legge variamente meno animata da un cuore in continua maturazione, in continuo approfondimento, rinnovamento. 

La provvidenza, poi, per l’appunto, non è solo un dono del cielo. Essa si può più facilmente esplicare nell’apertura tendenziale, per grazia, della persona tutta intera allo Spirito. Per esempio non è possibile essere sempre più maturi fuori dell’amore di Dio. Finché rimaniamo chiusi nel nostro bozzolo, perché una più profonda grazia non è ancora venuta o non l’abbiamo accolta, possiamo portare con noi ferite, paure, storture, complicazioni, che certo non aiutano la costruzione della nostra vita. Fragilità, dipendenze affettive, possono per esempio orientare una ragazza a restare legata anni e anni al “fidanzato” chiaramente sbagliato, che le distrugge la vita o la confina in un limbo senza senso. L’immaturità rende più difficile comprendere quali limiti dell’altro possono essere accettati e quali sono invece gli aspetti di una certa solidità umana che, almeno ordinariamente, non possono mancare se si vuole cercare di costruire un rapporto duraturo. In un graduale cammino di apertura allo Spirito la persona può superare quella chiusura difensiva, quella fragilità che sconfina nella fiacca o nell’agitazione, tante cose che possono variamente ostacolare le relazioni, specie quando l’emotività è fortemente coinvolta come nel caso dell’approccio con un possibile partner. È vero che, anche grazie a Dio, il dono di una “fidanzata”, di un’amicizia, può arrivare anche in mezzo agli ostacoli che possiamo in vario modo frapporre . Ma anche la coltivazione poi di questo rapporto può essere ostacolata o aiutata dalla nostra maturazione spirituale e umana o meno. 

Dio dunque può affacciarsi più esplicitamente nella vita di una persona al momento opportuno. Il momento, per esempio, in cui la persona vede che da troppo tempo ha perso il bandolo della matassa della propria vita e non riesce più a trovarlo da sola. La stessa cosa può avvenire nella vita della Chiesa e del mondo. Osserviamo che nel plurisecolare crescente marasma di tante problematiche concrete, personali, comunitarie, culturali, spirituali, sociali, può sembrare, almeno da un certo qual frangente in poi in particolare, di vedere sempre, sotto certi aspetti, più nitido un certo filo d’oro della presenza di Dio nella storia e forse di Dio attraverso in particolare Maria*. Maria sembra indicarci sempre più chiaramente come aiuto, come riferimento, il suo cuore immacolato che con semplicità accoglie la luce che viene a illuminarlo. È l’inizio di una nuova creazione nella quale Dio viene in Cristo a redimere sempre più pienamente l’umanità dell’uomo, non solo dunque una sua anima disincarnata (spiritualismo), non solo una sua astratta, inesistente, ragione (razionalismo), ma la sua coscienza spirituale e psicofisica, il suo cuore. Come? Proprio orientando, nella grazia, gradualmente tutta l’umanità dell’uomo (redenzione), non solo la sua anima, non solo un’astratta ragione, ad appoggiarsi a Cristo, anche, nelle cose essenziali, quello dei vangeli, come Dio e come uomo. Il Cristo dei vangeli, nel cui cuore lo Spirito scende gradualmente, con la delicatezza di una colomba (cfr Gv 1, 29-34), fino alla pienezza nel suo ritorno nel seno del Padre. E nel vivere, per grazia, questo orientamento, facendo sperimentare (assunzione) gradualmente sempre più la piena, spirituale e umana, guarigione. La persona umana integrale che gradualmente, a misura, per grazia, nella comprensione, nella misericordia senza limiti, di Dio, si apre sempre più serenamente, fiduciosamente, alla morte e risurrezione in Cristo, Dio e uomo. Possiamo dunque dire che si sta forse sviluppando sempre più un’epoca nella quale tutta l’umanità dell’uomo, non solo la sua anima, non solo una sua astratta, inesistente, ragione, può venire sempre più gradualmente, serenamente, a misura, risanata trovando risposte nuove.  

Il tendenziale sciogliersi di ogni nodo nel cuore, non spiritualistico, non razionalistico, ma divino e umano, di Cristo. Come annunciato da Maria (“Il mio cuore immacolato trionferà”) e sulla sua scia da tanti santi. Come per esempio Massimiliano Maria Kolbe, che ha parlato di un’era dell’Immacolata (si potrebbe forse oggi aggiungere, nel dono di grazia di questo altro dogma mariano poi proclamato dell’Assunta). Non sembra tale il senso anche di questo sempre più profondo manifestarsi della misericordia divina? Un Dio che con Maria, in Cristo, in mezzo alla confusione di mille problematiche, di mille voci, ci prende, al tempo opportuno, per mano e ci conduce, se cerchiamo di accoglierlo, con l’aiuto, ciascuno a suo modo, verso una sempre più profonda, spirituale e umana, personale, comunitaria, intercomunitaria, rinascita. In un sempre più profondo orizzonte di comprensione, di misericordia, senza limiti. Infatti solo nella libertà a pieni polmoni di una misericordia senza limiti e condizioni, solo nella comprensione del nostro personalissimo, graduale, ben al di là degli schemi, cammino verso di lui, solo in questo amore autentico, non moralista, non schematico, di Dio, tutta la nostra umanità, anche la nostra psicologia, può sempre più profondamente, serenamente, rinascere. Non dunque un’anima disincarnata, non una ragione astratta, ma la nostra umanità, la nostra coscienza spirituale e psicofisica, insomma il nostro cuore, che gradualmente rinasce nella luce serena, a misura, piena di misericordia, come una colomba, dello Spirito. Possiamo dunque forse in qualche maniera intravedere nella storia non solo un possibile senso profondo, il condurci di Dio verso lo scioglimento dei nodi e anche sempre più chiaramente verso le chiavi spirituali e umane di ciò. Ma in questo possiamo intravedere anche il modo dell’agire di Dio, misericordioso, paziente, rispettoso, a misura di ciascuno, nella grazia, esperienziale. 

Osservo così che il Giubileo della Misericordia sembra portarci dritto al centenario (13 maggio 2017) della prima apparizione di Maria ai tre pastorelli a Fatima, data entro cui Benedetto XVI ha chiesto proprio alla Madonna, a Fatima, nel maggio 2010, di affrettare la vittoria del suo cuore immacolato. E già è in programma un sinodo sui giovani nel 2018. Ma certo, forse in un cammino si possono intravedere alcune possibili tendenze il che non basta per sapere cosa si verificherà concretamente nella storia. Tra l’altro con i mille pericoli che incombono. E che una eventuale mancata più profonda maturazione dell’umanità può non aiutare a scongiurare. 

«In verità, il Signore non fa cosa alcuna senza aver rivelato il suo consiglio ai suoi servitori, i profeti» (Am 3, 7). Certo questo non vuol dire che tutti i possibili profeti sanno tutto. Più facilmente significa che Dio continua ad aprire gradualmente orizzonti rinnovati con l’aiuto, in mille modi, con tante sfumature, di ogni persona e forse, per certi versi, di alcune persone in particolare, come sembra attestare la storia stessa della salvezza nelle Scritture. Se siamo in un tempo di passaggio, non può essere sotto certi aspetti particolarmente il caso di cercare, di ascoltare, i possibili profeti? Più volte le scritture parlano a tal proposito di tanta possibile disattenzione nelle guide (cfr Gv 3, 1-22). Eventualmente, magari inconsapevoli, troppi calcoli, troppa prudenza, troppa distrazione, troppa superbia, potrebbero non aiutare in questa direzione. Non sono a loro volta profetiche. Domando, per esempio, se già sulle apparizioni mariane riconosciute si è dappertutto meditato, vigilato, operato, con ogni attenzione e disponibilità.  

«Gli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto» (Lc 1, 17). «Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera» (Gv 21, 24). «Quell’uomo mi disse: “Figlio dell’uomo: osserva e ascolta attentamente e fa’ attenzione a quanto io sto per mostrarti, perché tu sei stato condotto qui perché io te lo mostri e tu manifesti alla casa d’Israele quello che avrai visto» (Ez 40, 4). «Mi condusse allora verso la porta che guarda a oriente ed ecco che la gloria del Dio d’Israele giungeva dalla via orientale e il suo rumore era come il rumore delle grandi acque e la terra risplendeva della sua gloria» (Ez 43, 1-2). «Tu, figlio dell’uomo, descrivi questo tempio alla casa d’Israele, perché arrossiscano delle loro iniquità; ne misurino la pianta e, se si vergogneranno di quanto hanno fatto, manifesta loro la forma di questo tempio, la sua disposizione, le sue uscite, i suoi ingressi, tutti i suoi aspetti, tutti i suoi regolamenti, tutte le sue forme e tutte le sue leggi: mettili per iscritto davanti ai loro occhi, perché osservino tutte queste norme e tutti questi regolamenti e li mettano in pratica. Questa è la legge del tempio: alla sommità del monte, tutto il territorio che lo circonda è santissimo; ecco, questa è la legge del tempio» (Ez 43, 10-12).  

Gesù perdona tutto, dà la vita, sua madre, ogni bene, per aiutarci, con discrezione, a trovare la vita. Chiaro che la sempre più piena guarigione passa per una graduale, delicata, liberazione del cuore da ogni cosa che non è secondo il cuore divino e umano di Cristo. Come, tra l’altro, lo spiritualismo, il razionalismo, il legalismo. Nella sua sconfinata misericordia Dio può dunque, per esempio, inviare suoi servi ad indicare in maniera sotto certi aspetti anche dettagliata e persino per iscritto chiavi nuove, decisive, per un più profondo ritorno personale, comunitario, a Cristo (nelle cose essenziali anche quello dei vangeli), come Dio e come uomo. Anche se comunque il dialogo, la condivisione, dal vivo restano sempre fondamentali. 

Nell’intervento precedente ho rilevato una possibile dinamica del pastore in varia misura delle regole meccaniche. Per esempio tale guida si può molto agitare nei periodi di maturazione nella Chiesa, poi la situazione rinnovata si stabilizza e alcuni tra i nuovi pastori invece di coglierne sempre più, per grazia, il senso profondo la possono vivere, come un nuovo insieme di regole in vario modo meccaniche. Esplicitata questa possibile dinamica nell’uomo delle regole talora l’unica possibilità che gli resta per imporre la sua regola del momento è quella di appellarsi alla Parola. Non per nulla, cercando di farla apparire nel senso voluto: una regola meccanica. Può risultare interessante rilevare che persino il demonio tenta questo giochetto con Gesù che alle sue tentazioni aveva risposto sempre con la Parola nel cuore. Infatti satana lo tenta allora proprio su una Parola: “Sta scritto”. Ma qui Gesù che appunto aveva in precedenza sempre risposto proprio “Sta scritto” risponde: “È stato detto”. La Parola va interpretata nella comunità credente (cfr Lc 4, 1-13).  

Quanto per esempio alla comunione da dare o meno ho più volte rilevato, ponendo una domanda alla Chiesa, che Gesù dà la comunione ai discepoli di Emmaus quando i loro occhi, dice il testo, sono ancora chiusi (cfr Lc 24, 30-31). Nei vangeli continuamente i farisei discutono su ciò che è lecito o meno mentre Gesù vive e parla, con amore, di amore (cfr Mc 3, 1-6). Ma la regola meccanica, senza cuore, può nascondere motivazioni che con l’amore appunto hanno meno a che fare. 

Si può dunque forse osservare che stiamo entrando in un’epoca nella quale si possono più profondamente riscoprire i riferimenti circa Dio e circa l’uomo che con grande sorpresa, spiazzato, scoprì Giovanni Battista. Il quale invece attendeva un Messia con la forza risolutore di tante problematiche. Giovanni scopre lo Spirito che scende con delicatezza, come una colomba, e naturalmente rimane nel cuore docile, umile, come un agnello di Gesù. Non dunque uno Spirito senza umanità, moralista, schematico. Non un uomo senza carne, non un’astratta ragione. Ma invece la coscienza spirituale e psicofisica, il cuore. Una nuova epoca dunque perché si concentrano in Cristo i riferimenti fondamentali, Dio e l’uomo. Potendo così sempre più vivere e vedere ogni cosa in modo sempre rinnovato. 

Siamo dunque, tra l’altro, in un’epoca nella quale gradualmente possono sempre più, tendenzialmente, venire formati nuovi padri spirituali. Persone che superano la scissione tra una guida spirituale che in varia misura pensa solo, in modo più o meno astratto, all’anima della persona e uno psicologo che conosce alcune risposte solo tecniche a certi problemi psicologici, per il resto in varia misura accettando l’eventuale moralismo religioso trasmessogli o per reazione in varia misura rifiutando la spiritualità. Sia guida che psicologo potendo poi fare riferimento, tra l’altro, in varia misura, ad un’astratta ragione. I nuovi formatori, i nuovi padri (e madri) spirituali, possono invece più profondamente aiutare la maturazione, la consapevolezza, della coscienza spirituale e psicofisica, del cuore, della persona, nella luce che scende come una colomba. Una più semplice e profonda, vissuta, tendenzialmente ben centrata, via di rinascita spirituale e umana. La persona tutta intera, la sua coscienza spirituale e umana, il cuore, non un’anima disincarnata, non un’astratta ragione, che viene accolta con discrezione, con amore e con discrezione accompagnata nella sua personalissima, ben al di là degli schemi, maturazione spirituale e umana, personale, comunitaria, etc.. Le persone possono, Dio volendo, più facilmente rinascere anche lì dove lo spiritualismo, il razionalismo, di qualche guida spirituale, di qualche psicologo (anche cristiano), non hanno potuto. 

Ma, come si può intuire, questa strada può profondamente rinnovare, vivificare, l’esistenza, il cammino, di ogni persona, il suo contributo. Pensiamo soltanto ai genitori. Si può trattare sempre più di un rinnovamento generale, dove nodi si sciolgono, strade si aprono, come cerco di mostrare in questi interventi. Se dunque si ritiene che il tema giovani sia stato scelto in quanto innocuo rispetto ad altri si potrebbe forse cadere in un inganno. I possibili sviluppi sono molti e anche le posizioni potrebbero risultare variegate. D’altro canto ritenere che la Chiesa sia viva e in pace perché monoliticamente in accordo può risultare magari un retaggio di possibili, in qualche misura, epoche si spera sotto questo aspetto sempre più lontane. Potrebbe comunque, come si può forse intuire anche da questo intervento, quello dei giovani rivelarsi un tema in varia misura particolarmente capace di andare a toccare con una certa immediatezza tematiche frontali. Tematiche che se affrontate in modo, in fondamentale accordo, tendenzialmente operativo possono poi forse lasciare abbastanza pacificamente libero spazio ad una vissuta pluralità di tendenze, di approfondimenti, anche culturali. Aprendo comunque, si può sperare, almeno germinali orizzonti rinnovati persino nei fondamenti spirituali-culturali. Come affermavo sopra, potenziali profondi, anche decisivi, stimoli innovativi potrebbero emergere persino in assenza di più incisive proiezioni operative. E dunque un punto fondamentale, una sempre più profonda grazia, è ascoltare, lasciar esprimere, il più possibile ogni orientamento, senza certi eventuali criteri burocratici, prudenziali, formali, che possono costituire profondi limiti, impedimenti, ad una più viva maturazione della Chiesa. 

Richiamandomi un attimo ai miei ultimi interventi su Vatican Insider rilevo che, in diocesi eventualmente più a misura d’uomo, le scuole più orientate alla maturazione dei giovani nella propria fede e nello scambio potrebbero, in profonda reciprocità di effetti con le diocesi stesse, stimolare la viva partecipazione dei ragazzi. Altro esempio su questa medesima scia, nello stesso ecumenismo, diocesi più a misura d’uomo potrebbero forse avvicinare teologia e vita, scambio, vissuti, meglio amalgamando ed equilibrando tale rapporto. 

*Caterina Laboure’, nata il 2 maggio 1806 a Fain-les-Moutiers in Francia, da contadini benestanti, a 8 anni, essendo morta la madre, dovette assumersi il governo della casa perché la sorella maggiore si era fatta suora. Da giovane rifiutò varie proposte di matrimonio, decisa ad abbracciare la vita religiosa nonostante l’opposizione del padre, che la mandò a Parigi presso il fratello che gestiva una trattoria, poi da una cognata a Châtillon-sur-Seine.  

Trasferitasi in un ospizio diretto dalle Figlie della Carità (fondate da san Vincenzo de’ Paoli), dopo alcuni mesi ottenne via libera dal padre e il 21 aprile 1830 entrò nel seminario di Rue du Bac, a Parigi. Durante il noviziato ebbe frequenti visioni del Signore e della Vergine. La notte del 18 luglio di quello stesso anno un bambino la destò dal sonno e la invitò a scendere nella cappella, dove la Madonna le preannunciò una “missione” per la quale avrebbe avuto molto da soffrire. Il 27 novembre, apparendole con un globo sotto i piedi mentre dalle sue dita partivano dei raggi in tutte le direzioni, le mostrò il disegno di una medaglia, invitandola a promuoverne la diffusione tra i fedeli che, portandola al collo, avrebbero ricevuto grandi grazie, e le dettò le parole da incidervi: «O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi». (Sul retro della medaglia, secondo l’indicazione della Madonna, in alto una croce sormonta la M di Maria, in basso due cuori, l’uno incoronato di spine, l’altro trapassato da una spada. Ndr). 

(…) Nel 1832 ottenne dall’arcivescovo, in seguito a certe predizioni di lei che si erano verificate, che si coniasse la medaglia, definita poi dal popolo “miracolosa” per i prodigi che operava. Finito il noviziato, nel 1835, Caterina fu mandata nell’ospizio di Enghien, dove per 46 anni (…) si occupò di anziani poveri.  

(…) Si spense il 31 dicembre 1876. Beatificata da Pio XI nel 1933, fu canonizzata da Pio XII il 27 luglio 1947 (Angelo Montonati, Famiglia Cristiana, 30/12/2014). 

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