«La porta è sempre aperta, accogliamo tutti con un sorriso…». Sawsan Awwad, una giovane donna giordana, sorride anche a noi mentre varchiamo la soglia del «Risorante della Misericordia» ad Amman. Nella sede in cui era un tempo ospitata una casa editrice della Caritas, dal dicembre scorso è attivo un piccolo ristorante. I locali sono puliti, vi si trova dell’ottimo cibo e funziona a self-service. Ma chiunque entra non paga un dinaro per mangiare. «Vengono qui poveri, o lavoratori che svolgono le mansioni più umili in città – spiega Sawsan a Vatican Insider – ma molti pasti li distribuiamo noi, portandoli con macchine e furgoni a chi ha bisogno e non avrebbe modo di raggiungerci».
Sawsan Awwad (foto di Andrea Tornielli)
Nel ristorante, insieme agli ospiti di ogni giorno, questo sabato 22 ottobre 2016 c’è una piccola delegazione del Movimento Cristiano Lavoratori, guidata dal presidente Carlo Costalli. L’MCL sostiene vari progetti in Giordania, per realizzare opere educative e assistenziali. Nella delegazione è presente anche il direttore dell’Ufficio Cei per i problemi sociali e il lavoro, don Fabiano Longoni. La Conferenza episcopale italiana sostiene vari progetti di aiuto ai profughi.
Il «ristorante della misericordia» (foto di Tornielli)
«Qui al Ristorante della Misericordia – spiega il Patriarca emerito di Gerusalemme dei latini Fouad Twal – come in tante altre opere di aiuto per i poveri e i bisognosi, le persone che vengono accolte e assistite sono per il 98 per cento di fede musulmana». In Europa siamo abituati a parlare di «emergenza» immigrazione. Ma che cosa dovrebbe dire la Giordania che ha accolto un milione e trecentomila siriani in fuga dalla guerra, secondo i dati del governo di Amman e delle Nazioni Unite? Di questi 630 mila sono registrati come profughi. Il 20 per cento vive nei campi profughi, tutti gli altri sono sparsi nel Paese. A Mafraq, città al Nord della Giordania, ci sono attualmente 80 mila cittadini giordani e 110 mila rifugiati siriani. «Il settanta per cento degli aiuti che riceviamo – spiega ancora Twal – li destiniamo ai progetti per i rifugiati. Il rimanente 30 per cento lo impieghiamo per sostenere i poveri della Giordania».
Caritas Giordania nel 2015 ha aiutato 205.456 persone – tra rifugiati siriani, iracheni e persone povere del Paese – con un impegno di 15 milioni di dollari. Tra i micro-progetti, in questo caso indirizzato particolarmente ai rifugiati provenienti dall’Iraq, c’è un centro per la realizzazione di piccoli e grandi mosaici. I rifugiati imparano l’arte del mosaico e realizzano oggetti che poi possono essere venduti. Come locali dei loro laboratori vengono usati dei container che la Caritas ha in un primo momento destinato alla loro accoglienza, prima di riuscire a sistemarli in abitazioni meno precarie. La bottega del mosaico si trova a Madaba, città biblica che dista 35 chilometri da Amman. Qui si trova uno dei più celebri mosaici bizantini del Medio Oriente, realizzato nel 560 e venuto alla luce alla fine dell’Ottocento durante gli scavi per la realizzazione di una chiesa greco-ortodossa. Raffigura una mappa di Terrasanta, con l’itinerario per raggiungere Gerusalemme attraverso oltre centocinquanta località. Il mosaico presenta 157 didascalie in greco, che segnano i principali siti biblici della regione. Originariamente formato da circa due milioni di tessere, ne è rimasto intatto un terzo.