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Il ritorno di Mel Gibson con Hacksaw Ridge

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David Ives - pubblicato il 21/10/16
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La religione del personaggio principale del film viene messa in mostra spesso, ma sempre al servizio di una storia che possa attrarre ogni tipo di pubblicoC’è più carneficina umana nei primi cinque minuti di Hacksaw Ridge che in quasi ogni altro film che vedrete quest’anno. La sequenza d’apertura del film è una sanguinaria danza di proiettili e fiamme, tutto in slow motion per far sì che la videocamera non si perda neanche un singolo schizzo di sangue o un brandello di carne carbonizzata. Eh sì, signore e signori: si può benissimo dire che Mel Gibson non si sia affatto rammollito nei 10 anni di pausa dalla sedia da regista. Quando ho assistito alla proiezione speciale, erano presenti centinaia di evangelici che gli hanno riservato una standing ovation; se non bastasse questo come indizio, sappiate che ci sono tantissimi altri cristiani che saranno contenti che Mel Gibson sia rimasto lo stesso.

Hacksaw Ridge racconta la storia vera di Desmond Doss, il primo obiettore di coscienza nella storia degli USA ad essere insignito della Medal of Honor, la più alta onorificenza militare statunitense. A causa di alcuni traumi infantili e dei suoi forti valori religiosi (è appartenente alla Chiesa cristiana avventista del settimo giorno), Doss si rifiuta categoricamente di portare qualsiasi tipo di arma da fuoco, e ancor di più di uccidere un essere umano. Eppure, quando i giapponesi attaccarono Pearl Harbor, il patriottismo del giovane e il suo senso del dovere lo spingono ad arruolarsi nell’esercito e a servire il suo paese da soccorritore militare.

Svolge il suo compito con particolare dedizione, soprattutto durante la battaglia di Okinawa. Alla sua unità viene assegnato l’incarico di conquistare una scarpata alta 120 metri, la Hacksaw Ridge. Il fuoco pesante delle forze giapponesi fa ritirare il 1mo Battaglione, che ripiega sotto una scogliera; Doss resta indietro e trasporta 75 soldati feriti fino all’orlo del precipizio, facendoli scendere con una fune verso la salvezza. Il tutto mentre i giapponesi danno loro la caccia. Portato a termine questo compito, torna subito alla sua unità per partecipare un secondo assalto. Già soltanto questo basterebbe a rendere il film degno di essere visto. E infatti il documentario del 2004 The Conscientious Objector, vincitore di diversi premi, è stato un grande successo. Ma Hacksaw Ridge spera di intrattenere ed informare allo stesso tempo; e, proprio come il suo protagonista, non ha difficoltà a riuscire nella propria impresa.

Dopo la violenta scena d’apertura ad Okinawa, il film compie un viaggio nel tempo fino a Lynchburg, in Virginia, dove vediamo Desmond in varie fasi della sua vita. Ci sono alcune scene di lui e suo fratello che giocano o che affrontano il padre – un veterano della Prima guerra mondiale che soffre di disturbi da stress post-traumatico – che compie abusi emotivi su di loro. Poi incontriamo il Doss adolescente in un appuntamento con la ragazza dei suoi sogni, a cui rivela subito la sua intenzione di sposarla. A dir la verità la prima parte del film presenta la tipica situazione pre-bellica dei film di guerra. Non è noiosa, ma non entusiasma neanche.

È quando Desmond prende la sua decisione di arruolarsi – apparentemente contraddittoria – che il film mostra davvero il suo valore. La guerra è combattuta su un terreno incerto, e i superiori di Desmond sanno di non avere né tempo né risorse da sprecare su un soldato che non vorrebbe combattere. E quando le loro accese discussioni non portano da nessuna parte, fanno ricorso a mezzi ancora più duri nella speranza di convincere Desmond ad imbracciare un fucile oppure a congedarsi.

In quella situazione il film potrebbe facilmente scadere nel ritrarre i persecutori di Desmond come i soliti antagonisti mono-dimensionali, ma – ed è un bene – non lo fa. In realtà molti dei detrattori di Desmond sono loro stessi dei cristiani che fanno loro la posizione – perfettamente valida e approvata dalla Chiesa – secondo cui “a volte diventa necessario l’uso della forza per perseguire la giustizia”. Lo stesso Doss non mette mai in discussione questo principio. Per tutto il film la lotta di Desmond viene rappresentata come uno sforzo per mantenere le proprie convinzioni personali, e mai come una condanna di coloro che decidono di prendere le armi per la legittima difesa della propria nazione.

Hacksaw Ridge non dimentica mai di intrattenere, e fa bene. Pur non allontanandosi mai dallo stile di Mel Gibson (la scena iniziale è soltanto un’anteprima del climax della battaglia), il film è altrettanto in grado di strappare delle risate. In questo senso, Hacksaw Ridge dovrebbe fungere da modello per chiunque voglia realizzare dei film incentrati sulla fede. La religione del personaggio principale del film viene messa in mostra spesso, ma sempre al servizio di una storia che possa attrarre ogni tipo di pubblico, che sia religioso o meno. Sì, ci sono tantissime ragioni per cui i cristiani dovrebbero essere dalla parte di Desmond e difendere le sue libertà religiose, ma Gibson e il suo team fanno in modo che anche tutti gli altri possano apprezzarlo. Bentornato, Mel. Ci sei mancato. E ci è mancato anche il sangue e tutto il resto.

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]